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20/07/2017

Per un approccio a “Sulle orme di Marx” di G. Carchedi

La recente pubblicazione del lavoro di Guglielmo Carchedi “Sulle orme di Marx. Lavoro mentale e classe operaia”, da parte delle Rete dei Comunisti e Noi restiamo, è una scelta politica-editoriale che non passa inosservata.

Quello di Carchedi è un lavoro che, in piena continuità con la sua elaborazione, potremmo definire di “frontiera”, il cui ancoraggio al metodo analitico marxiano, alla dialettica, si impone prepotentemente nella ricerca di categorie analitiche idonee a comprendere il modello di accumulazione nella attuale fase di sviluppo. Non dovrebbe essere necessario ma, a scanso di equivoci, non si tratta di un lavoro di filosofica teoretica, una speculazione intellettualistica sulla conoscenza, bensì di una ponderata e articolata, pur nella sua forma sintetica dell’opuscolo, indagine sulla funzione della conoscenza nel processo di produzione del valore e del ruolo svolto dall’appropriazione capitalistica del sapere, conoscenza-informazione, nel punto più alto del generale processo di produzione nell’attuale modello di accumulazione, la cosiddetta economia digitale.

Naturalmente è sottinteso il riferimento ad un intero periodo storico di trasformazioni economiche e sociali su scala planetaria la cui ricostruzione esula dagli intendimenti del testo e a cui alludiamo solo per favorirne l’approccio, riferendoci in particolare a due aspetti fondamentali dell’attuale fase di accumulazione che hanno strutturalmente modificato la composizione del sistema capitalistico occidentale: la finanziarizzazione e la delocalizzazione produttiva, espressioni della reazione del capitale alla costante crisi di profittabilità prodotte dall’aumento della composizione organica del capitale. Entrambi i fenomeni pongono in primo piano la configurazione sovranazionale dell’intero processo di valorizzazione: la catene del valore di un singolo capitale può dipanarsi anche attraverso continenti diversi, mentre la speculazione finanziaria opera senza soluzione di continuità sui mercati finanziari mondiali. Ancora di più, la centralizzazione dei processi decisionali a fronte di processi produttivi e finanziari dimensionati globalmente è decisiva nella dinamica di capitali e merci e lo sviluppo delle tecnologie telematiche si pone come forza produttiva sistemica.

L’informatizzazione dei processi di gestione, controllo e decisione della produzione è tuttavia solo il riverbero dell’affermazione dell’economia digitale come settore produttivo nevralgico. I colossi informatici legati ad internet impongono la mercificazione della conoscenza e sono di gran lunga le aziende con i fatturati e i profitti maggiori in cui più evidente è l’intreccio tra processo produttivo e speculazione finanziaria, con una pervasività sociale senza pari, e con un riduzione al minimo dei tempi di produzione/elaborazione e consumo.

Aspetti propri all’attuale modello di accumulazione che nel settore dell’economia digitale trovano compiuta espressione, che per la velocità del processo di produzione circolazione e consumo, all’apparenza si offrono come un flusso indistinto di cui appare difficile riscontrare i caratteri di classe del modo di produzione capitalistico, dove e come si producono valore e plusvalore, almeno finché non si mette a fuoco l’elemento centrale: la conoscenza come dato materiale del processo di produzione. E’ questa la chiave interpretativa che Carchedi ci propone forzando anche l’orizzonte interpretativo del marxismo classico.

Punto di partenza è la mancanza di una teoria della produzione della conoscenza in ambito marxista e questo è certamente un limite, poiché se i modelli di accumulazione capitalistica si qualificano per una sempre maggiore estorsione di plusvalore e nell’accorpamento progressivo nei mezzi di produzione delle prerogative della forza-lavoro, aumento della composizione organica, l’esproprio comprende anche conoscenze prima subordinate al capitale nel processo produttivo e poi progressivamente “assorbite” nei mezzi di produzione.

Le varie fasi dell’accumulazione si qualificano tanto per la quantità produttiva che per la qualità delle conoscenze messe a valore. Allora la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale nel processo di produzione, che è un processo di produzione materiale, è vuota o addirittura fuorviante da un punto di vista conoscitivo, poiché in esso si ricomprendono parimenti entrambe le componenti a cui concorrono attraverso trasformazioni materiali, oggettive e mentali.

L’illustrazione dei processi di trasformazione oggettiva e mentale, in cui la forza-lavoro estrinseca la sua capacità di trasformazione tanto sui mezzi di trasformazione oggettiva, tanto sulla conoscenza soggettiva e oggettiva, devono necessariamente essere assimilati dalla lettura del testo, in cui il rigore dell’analisi approda alla definizione della conoscenza come aspetto materiale, sia pure intangibile. E qui si opera la rottura, epistemologica diremmo, con il marxismo classico in cui la conoscenza sebbene sia determinata dalla realtà non è essa stessa materiale: la conoscenza è una riflessione della materia nella nostra mente...

Il punto è l’identificazione tout-court della conoscenza come aspetto materiale, non la conoscenza che diventa forza materiale di trasformazione, ma la conoscenza come componente inestricabile e materiale del processo di produzione, quale condicio sine qua non per l’analisi della produzione della conoscenza come produzione di valore e plusvalore.

La distanza dalla tesi di Lenin della conoscenza come riflesso è evidente, aggiungiamo solo che la tesi in questione non matura come speculazione filosofica ma come strumentazione teorica nella battaglia interna alla socialdemocrazia per l’affermazione della concezione materialistica, a partire proprio dall’oggettività del reale, contro la corrente definita dell’empiriocriticismo; probabilmente in altri testi leniniani si sostanzia una più completa esposizione del metodo dialettico.

Dunque, il processo lavorativo è la combinazione delle due trasformazioni oggettive e mentali; nel processo lavorativo oggettivo le trasformazioni mentali sono determinate dalle trasformazioni oggettive e definiscono il prodotto oggettivo, nel processo lavorativo mentale le trasformazioni oggettive sono al contrario determinate dalle trasformazioni mentali e definiscono la conoscenza nuova, che opera da input in un nuovo processo di trasformazione con un diverso output di conoscenza come risultato...

Naturalmente la comprensione piena dei passaggi analitici del ciclo è rimandata alla lettura del testo che, aldilà dell’encomiabile lavoro di sintesi, si presenta concettualmente denso, con tempi di “metabolizzazione” non brevi. Ciò che appare comunque chiaro, “disvelata” la natura sociale e di classe della conoscenza è la sua mercificazione all’interno del processo di accumulazione capitalistico, è l’ampliamento del campo di indagine dell’analisi materialistica e di classe ad aspetti dell’attuale fase del capitalismo al cui livello di sviluppo delle forze produttive la funzione della conoscenza appare strategica , ed è proprio in questa direzione che si sviluppa l’elaborazione di Carchedi fornendo una serie di indirizzi: dalla lotta per la conoscenza nel capitalismo, alla produzione di valore in internet, alla distinzione tra lavoro produttivo e improduttivo.

Insomma, la lotta di classe, lo scontro tra la “razionalità” dello sfruttamento mirata all’estorsione di plusvalore e la lotta per l’uguaglianza e la solidarietà, trova una sua articolazione, resa matura dalla sua accresciuta funzione, sul terreno della conoscenza; di cui provando ad individuarne il “perimetro” di appartenenza inseriamo non solo le aziende dell’economia digitale in cui la merce conoscenza è il punto di partenza e di arrivo dell’intero processo di valorizzazione, ma anche le aziende con merci ad elevato contenuto di conoscenza, gli istituti di ricerca, insomma tutta quella parte di attività che si sono sviluppate e mantenute al centro dei poli imperialistici. Nel settore della conoscenza convivono lavoratori di fascia alta, la nuova aristocrazia operaia, con retribuzioni elevate e forme di autodisciplina fondate sulla interiorizzazione dei principi e delle finalità aziendali con fasce di lavoratori dequalificati precarizzati e flessibilizzati ad alto tasso di sfruttamento e sottoposti a pressante controllo aziendale.

La parte del lavoro in cui il nocciolo teorico si innerva nella dimensione sociale è quella in cui maggiormente si chiarisce l’importanza della teoria della conoscenza, l’applicazione del metodo d’indagine materialistico consente l’individuazione di categorie quali, ad esempio, il lavoro mentale, distinto dagli agenti mentali e le rispettive funzioni nel processo di valorizzazione nonché nella definizione di lavoro produttivo ed improduttivo. Al riguardo particolarmente acuta ci sembra la critica alla tesi che estende la creazione di plusvalore oltre il lavoro salariato all’intero universo degli agenti mentali (gli utenti), con l’effetto, tra gli altri, di inibire qualsiasi comprensione dei ruoli e delle funzioni sociali diluendo il tutto nel magma della “moltitudine”.

Così come la relazione tra l’intellettuale organico, i rappresentanti conosciuti del capitale, e i lavoratori mentali, intelletto collettivo, sulla base delle conoscenze create all’interno del processo lavorativo, come luogo di un potenziale conflitto, possono essere utilizzate da questi ultimi per resistere al potere del capitale. Non proseguiamo nell’elencazione degli stimoli alla riflessione proposti nel testo, ci limitiamo a sottolineare la fecondità teorica dell’analisi di Carchedi e con essa la ineguagliabile potenza investigativa del metodo d’analisi marxista, a cui i “cognitari” farebbero bene a dare una ripassata.

Certo il lavoro di Carchedi offre sollecitazioni importanti ma pone anche riflessioni, ad esempio, il settore della conoscenza e certamente il settore strategico nell’attuale fase di accumulazione di capitale, ma essa, a differenza di altri periodi storici e di altre produzioni strategiche, non è in grado di rimettere in moto il sistema dell’accumulazione aprendo un varco alla crisi di sovrapproduzione di capitali; anzi, la fortissima finanziarizzazione delle aziende comprese nel settore della conoscenza, e l’incentivo costante da esso fornito all’aumento della composizione organica del capitale, sembrano svolgere una funzione di accelerazione della crisi.

Siamo convinti che intorno a questo testo, per le sue molteplici implicazioni, sia utile avviare un confronto, rimettere mano all’indagine teorica per costruire una base della trasformazione sociale all’altezza delle contraddizioni del modo di produzione nell’epoca delle scontro tra poli imperialistici, e che seguendo “ le orme di Marx” la “ vecchia talpa” ha ancora tanto da scavare.

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