L’uscita di Flavio Cattaneo è solo l’ultima delle conseguenze della guerra che si sta combattendo su molti fronti attorno a TIM: non solo tecnologica e commerciale ma soprattutto politica e finanziaria.
Sul fronte tecnologico e commerciale, la creatura renziana di Enel Open Fiber, per cablare in ultrabroadband le zone definite “a fallimento di mercato”, rischia di tradursi in un fallimento reale. Aggiudicandosi anche il secondo bando pubblico per la costruzione della rete in fibra ottica dal quale però TIM si è ritirata, decidendo di cablare per conto proprio senza incentivi, rischia di vanificare un finanziamento europeo di oltre tre miliardi che potrebbero diventare inutilizzabili, poiché configurerebbe di fatto un aiuto di stato (un’infrazione prevista dalle leggi europee sulla concorrenza). La situazione di OPEN FIBER diverrebbe estremamente precaria, piena com’è di debiti dopo l’acquisto della società Metroweb per oltre 700 milioni, prezzo gonfiato dopo il rifiuto di TIM di acquisirla.
Sul fronte politico, lo scontro tra Cattaneo e il ministro Calenda è all’arma bianca. É evidente che il netto rifiuto di TIM di partecipare ai bandi INFRATEL e di avviare un piano di cablatura concorrente ha provocato la reazione del Governo che ha scatenato su TIM l’AGCOM e, più di recente, la Guardia di Finanza. Ma il fronte travalica i confini nazionali e si allarga all’Europa. Mentre da anni TIM si è ritirata dallo scenario Europeo, Open Fiber ha nominato nella sede di Bruxelles un manager di punta come Luigi Gambardella, noto esperto lobbista. L’attività di lobby infatti nel settore delle Telecomunicazioni sarà fondamentale nei prossimi mesi per assicurare una più stringente regolamentazione che favorirà un modello di business in cui società come Open Fiber costruiscono e gestiscono le nuove reti in fibra senza competere nel mercato dei clienti finali con altri operatori.
La guerra prosegue sul piano finanziario, in primo luogo nella pesante guerra legale di Vivendi con Mediaset per la mancata acquisizione di Premium, inasprita dagli avvisi dell’Agcom che ha ingiunto al gruppo francese di scegliere tra la maggioranza in Tim o scalare Mediaset entro il 19 aprile del 2018 per risolvere la posizione dominante nel mercato delle Tlc e dei media.
In questo complesso scenario, occorre sempre tenere a mente che il Capitale ha un unico obiettivo, il profitto ma al suo interno soffre aspre guerre tra gruppi finanziari cui seguono tregue e periodi di normalizzazione.
Gli scenari che possono aprirsi ora sono molteplici e tutti possibili. Certamente l’allontanamento di Cattaneo è la prima mossa di Vivendi per dimostrare volontà di distensione verso il Governo italiano.
Quello che è certo è che il capitalismo di rapina non si fermerà qui. Dal trasferimento di ricchezza dei lavoratori, spremuti da anni in nome del contenimento del costo del lavoro, ai manager, oggetto di premi e buonuscite milionarie, intanto si procede con la decisione scandalosa di fare cassa con i nostri sacrifici per spostare, direttamente nelle tasche dell’ormai ex A.D, una indecente buonuscita milionaria: ma davvero il Governo non può impedire tale scempio nel solo nome del libero mercato?
Ai lavoratori dubbiosi sull’efficacia di una opposizione a tutto questo diciamo che occorre:
- rifiutare tutti gli accordi in perdita proposti dall’azienda, che sono solo diminuzione di diritti e “piatti di lenticchie” che non avremo mai: noi non li aiuteremo a stingere ancora più forte il cappio intorno al nostro collo;
- ripartire con la lotta senza tregua;
- rilanciare la nostra proposta di piattaforma per rivendicare e riprenderci tutto il maltolto.
La lotta è la nostra unica speranza per difendere il nostro posto di lavoro e un giusto salario!
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