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23/07/2017

Macron crolla nei sondaggi e punta a prendersi la Libia

Sarà il logorio della vita postmoderna, sarà che dietro gli slogan c’è un programma politica che la maggioranza odia, sarà che ogni spettacolo di plastica non regge la distanza, ma Emanuel Macron è già a picco negli indici di gradimento dei francesi.

I media italiani non se ne sono accorti, indaffarati a descriverci come e quanto stiano crollando quelli di Trump. Ma sta di fatto che il giovane campione dell’Unione Europea e della grande finanza, il quasi monarca “sollevato al trono” per impedire che l’avanzata dei populismi facesse emergere “un capo autoritario” – ci sarà qualche opinionista che proverà a spiegarvi la differenza, e in positivo, vedrete... – ha perso già il 10% di gradimento in appena un mese.

Il sondaggio è stato realizzato dall’istituto Ifop per conto del Journal du Dimanche. A maggio, quando è stato eletto, il consenso nei suoi confronti era arrivato al 62% (pur avendo ottenuto appena il 24% nel primo turno); e il mese successivo era addirittura salito al 64%.

I paragoni con i predecessori, per quel che contano, sono impietosi. Nicolas Sarkozy aveva resistito un anno a quel livello (65-66%). Lo stesso tristissimo Francois Hollande, nei primi due mesi, aveva perso soltanto il 4%. Meno addirittura di De Gaulle (-5% in tre mesi) e di Mitterand (-7% nello stesso periodo). Solo a Chirac era riuscito di perdere il 20% in tre mesi, ma poi aveva risalito la china.

Saranno i sondaggi negativi, o più probabilmente l’esigenza del capitale transalpino di arraffare qualche asset importante fin qui controllato da altri, Macron ha aperto una stagione di politica estera ultra-nazionalista a scapito... dell’Italia, fondamentalmente.

Ha infatti convocato a Parigi, per martedì 25, i due principali protagonisti pubblici della crisi libica, Al Serraj (riconosciuto dalla Nato e dalla Ue) e il generale Khalifa Haftar, ex gheddafiano padrone della Cirenaica, riconosciuto da Egitto e Russia.

Già la convocazione è completamente fuori dalla strategia europea unitaria. Ma lo è soprattutto l’obiettivo, ambiziosissimo, di creare un esercito libico unitario, in grado di soffocare le residue milizie jihadiste e riportare sotto controllo quelle tribali.

Ma è evidente anche agli scemi che la vera partita libica è il controllo dell’output di petrolio e gas, che prima della guerra a Gheddafi erano fondamentalmente un “affare italiano”, con l’Eni partner privilegiato rispetto la Tamoil.

In realtà dunque Macron ha ripreso l’impostazione di Sarkozy e punta a completarne l’opera (al conservatore era riuscito soltanto l’abbattimento di Gheddafi, precipitando il paese in una guerra di tutti contro tutti; era prevedibile, se invece della “società civile” capitalista hai a che fare con la struttura delle tribù...), in barba a ogni strategia e interesse “europeo”.

Se l’obiettivo è lampante, il suo raggiungimento è fortemente a rischio. La parte di Libia formalmente sotto il controllo di Serraj è in realtà un caos dove ogni milizia controlla ciò che vuole, fin dove può, e “riconosce” l’autorità di quel tipo tenuto a lungo sulle navi militari della Nato (perché aveva paura di sbarcare a Tripoli) soltanto per non rischiare un bombardamento occidentale. Il già difficile “riavvicinamento” tra Serraj e Haftar potrebbe dunque far esplodere questo precario equilibrio, riaprendo la partita per il predominio nella Tripolitania, in primo luogo ad opera delle tribù che controllano Misurata.

Hatfar, dal canto suo, sta certamente meglio – ha il controllo pressoché pieno delle sue truppe – ma non ha finito di incontrare forti resistenze militari nel sud della Libia, oltre che a Derna e Bengasi.

Macron si potrebbe dunque presto “spiaggiare” nelle sabbie libiche, dove tutte le alleanze sono aleatorie, fungibili, rovesciabili, temporanee. A quel punto si ritroverebbe – su questo fronte – senza troppe coperture europee. Da parte tedesca, perché questa azione sconfessa “la linea” scelta dalla Merkel; da parte italiana, perché rischia di lasciare il governo di Roma senza più una goccia di petrolio e con tanti più barconi in viaggio verso la Sicilia.

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