Mentre in Italia continua lo shopping di brand nazionali da parte di investitori esteri,
in tutta l’Unione europea i governi stanno diventando sempre più ostili
agli scenari di acquisizione di imprese ritenute strategiche da parte
di gruppi esteri. Caso esemplare è quello dell’ “europeista” Macron con Fincantieri.
E anche in Germania il governo della Merkel, indicato dalla stampa
globalista come ultimo campione del liberoscambismo, ma sempre attento
ad anteporre l’interesse nazionale agli interessi del resto d’Europa, ha
alzato le barriere contro le acquisizioni da parte di paesi non-UE: lo
riporta questo articolo di CNBC.
Nel mezzo della crisi del sistema liberale, i paesi più forti mettono
da parte la retorica liberista e fanno ricorso esplicito al
protezionismo e alla difesa dell’interesse nazionale,
termine misconosciuto dalla nostra classe dirigente, che – sempre più
sottomessa – ne fa scempio. Come dimostrano le non-scelte degli ultimi
anni e la recente crisi degli immigrati.
di Gemma Acton, 13 luglio 2017
La Germania ha reagito alla frenesia di acquisizioni estere dello
scorso anno alzando l’asticella sugli standard per gli acquirenti
stranieri che cercano di accaparrarsi imprese tedesche ad alta
tecnologia.
Una nuova direttiva adottata mercoledì amplia il mandato di una legge
esistente che consente attualmente al governo di bloccare un acquirente
non appartenente all’Unione europea (UE) nell’acquisizione di oltre il
25 per cento di una società tedesca, se si ritiene che tale mossa possa
mettere a rischio l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale.
I ministri dispongono ora di maggiori poteri di indagine sugli
accordi che riguardano imprese considerate fornitrici di “infrastrutture
critiche”, in particolare quelle che producono software per servizi
pubblici, sistemi di pagamento, di trasporto o sanitari.
Il rafforzamento della regolamentazione giunge subito dopo una serie
di acquisizioni nel 2016 da parte di imprese cinesi, che cercano di
incrementare le loro capacità tecnologiche comprando imprese straniere
con competenze avanzate in questo settore.
Secondo i dati di mergermarket, lo scorso anno gli
acquirenti cinesi hanno speso complessivamente 9,1 miliardi di euro
(10,4 miliardi di dollari) in 35 acquisizioni di imprese tedesche.
Dato il crescente protezionismo economico all’interno dell’Europa, in
combinazione con i controlli sui capitali e le restrizioni imposte
negli ultimi mesi dalle autorità nazionali ai
potenziali acquirenti cinesi di imprese straniere, le acquisizioni
che coinvolgono questi paesi hanno già rallentato, giungendo alla cifra
molto più contenuta di 2,4 miliardi di euro nel primo semestre di
quest’anno.
Eppure, nonostante il quadro sempre più difficile, l’appetito cinese
per gli obiettivi europei e specialmente tedeschi rimane elevato,
secondo Yi Sun, leader dei servizi alle imprese cinesi per la Germania,
la Svizzera e l’Austria presso la società di servizi professionali, EY.
“La regolamentazione più stringente sulle acquisizioni da parte
di investitori stranieri in Germania comporterà innanzitutto una pausa
[nelle acquisizioni, ndt] perché gli investitori non europei dovranno
rispettare l’attuazione delle nuove regole. La preparazione degli
accordi dovrà essere più meticolosa in futuro, ma gli investitori cinesi
sono diventati più professionali negli ultimi anni”, ha detto il signor Sun a CNBC via email giovedì.
“A lungo termine, gli accordi commerciali tra la Cina e la
Germania rimarranno elevati, tenendo presente che la Cina è già il
principale partner commerciale dell’Unione europea, una realtà che non
può essere ignorata”, ha aggiunto.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad altri tentativi coordinati di
proteggere le imprese europee dalle acquisizioni straniere, con due
esempi salienti: lo smantellamento della fusione tra la Borsa di Londra e
la Deutsche Boerse e l’azzeramento del tentativo di
acquisto da parte di PGG, un produttore di vernice degli Stati Uniti,
del più piccolo rivale olandese Akzo Nobel, operazioni avvenute
entrambe dopo un intenso dibattito politico.
Secondo Jonathan Klonowski, redattore della ricerca EMEA presso il
mergermarket, non si tratta esclusivamente di una tendenza del governo
tedesco, perché sono molti i leader europei che hanno recentemente
chiesto una maggiore protezione per le imprese nazionali in una vasta
gamma di settori,
“Andando avanti, se questo nazionalismo economico dovesse
crescere, probabilmente vedremo le imprese svolgere ulteriori attività
durante la fase della due diligence e potremmo vedere i
negoziatori diventare più selettivi sui loro obiettivi futuri”, ha dichiarato Klonowski a CNBC via email giovedì.
“Abbiamo già visto una caduta delle acquisizioni cinesi in
Europa, ed è probabile che nei prossimi mesi si andrà nella direzione
di un’ulteriore riduzione”, è la sua previsione.
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