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25/07/2017

Libia - Lotta neocoloniale tra Francia e Italia

di Francesca La Bella

Il presidente francese Emmanuel Macron ha invitato Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar a sedersi nuovamente allo stesso tavolo dopo il vertice di Abu Dhabi dello scorso maggio. Si incontreranno a Parigi oggi, 25 luglio. Un atto, quello del Presidente francese, che potrebbe avere risvolti sia sull’evoluzione della situazione libica sia nei rapporti interni all’Unione Europea.

Dal punto di vista locale la capacità della Francia di mantenere legami con entrambe le fazioni e il supporto all’iniziativa da parte di Egitto ed Emirati Arabi Uniti potrebbero consentire a Macron di essere percepito con un mediatore legittimo anche se più incline alle istanze della fazione orientale. Questo non deve, però, stupire in quanto parte di un processo che investe la maggior parte delle potenze mondiali.

Dopo le vittorie sul terreno del Libyan National Army (Lna) e l’endorsement di Cina e Russia a favore della Cirenaica, la mancata presa di distanze della presidenza statunitense dall’iniziativa francese sembra conformare un quadro in cui la mediazione viene considerata possibile solo laddove risulti accettabile per Haftar e per la Cirenaica. Con il mancato invito della delegazione italiana ai colloqui e data la contingenza temporale dell’incontro, che si svolgerà il giorno successivo al meeting di Tunisi tra i ministri degli interni europei e i loro omologhi africani per la discussione della questione immigrazione in relazione alla situazione libica, la Francia sembra, dunque, voler assumere un ruolo da protagonista nel contesto libico.

L’Italia, da questo punto di vista, sembra essere il paese che potrebbe risultare più danneggiato dal rinnovato protagonismo francese. In questi anni il governo italiano ha cercato di riallacciare i rapporti politici ed economici con la Libia incrinati dalla guerra civile nel paese. La scelta di supportare in maniera incondizionata il governo di accordo nazionale di Al Sarraj per garantire il legame preferenziale tra Tripolitania e Italia e tutelare gli investimenti del capitale italiano nell’area potrebbe, però, dimostrarsi un boomerang.

Il forum sulla cooperazione economica italo-libica svoltosi ad Agrigento ad inizio giugno che ha portato alla firma di nuovi accordi tra il deputato del Consiglio Presidenziale Ahmed Maiteq e il ministro degli Esteri Angelino Alfano aveva esattamente lo scopo di riaffermare la prelazione italiana sulla futura ricostruzione libica e sull’economia del paese una volta finita la guerra.

Allo stesso modo, il viaggio del ministro degli Interni Marco Minniti ambiva a risolvere la problematica dell’immigrazione sancendo nuovi accordi con la controparte libica. Un piano di interventi di capacity building inteso a rafforzare il controllo territoriale del Governo libico e diretto a delegare al paese nordafricano la tutela dei confini europei, bloccando i migranti prima che attraversino il Mediterraneo.

L’attivismo italiano non sembra, però, trovare favore nelle controparti libiche. Il governo della Cirenaica e il generale Haftar hanno mantenuto una certa distanza dalle posizioni italiane condannando più volte l’operato di Roma, considerato irrispettoso quando non di interferenza nelle questioni interne.

Ad oggi si assiste, però, anche ad un raffreddamento dei rapporti con Tripoli. Nonostante incontri e promesse di accordo, alla vigilia dell’incontro di Tunisi, l’Italia potrebbe essere esautorata dal ruolo per cui essa stessa si era proposta. Tra gli interventi previsti nel piano di Minniti per la risoluzione della questione migrazione spicca la creazione e l’assistenza nella gestione di un area di ricerca e salvataggio (Search and rescue-Sar).

Come riporta il Sole 24 Ore, però, sabato scorso a sorpresa il governo libico, in una lettera ufficiale all’Imo (International Maritime Organization), agenzia specializzata dell’Onu per la cooperazione marittima e la sicurezza della navigazione, avrebbe dichiarato di aver definito la propria Sar, delegando la sicurezza della stessa al governo di Malta.

Gli incontri di questa settimana potrebbero definire quale forza europea vincerà la battaglia di influenza nel contesto libico e con essa la possibilità di guadagnare dalla futura ricostruzione. Una ricostruzione che, per essere compatibile con le necessità dell’Europa, dovrò garantire profitti crescenti ed “effetti indesiderati” sempre minori. Quale impatto queste politiche avranno per la popolazione libica o per i migranti transitanti per la Libia non sarà, però, argomento di discussione né a Parigi né a Roma.

AGGIORNAMENTO ore 15:20   Sarraj e Haftar: intesa per un cessate il fuoco. Pronti a lavorare per compiere le elezioni nel Paese

Il premier libico Fayez al-Serraj e il comandante Khalifa Haftar hanno raggiunto oggi un’intesa per un cessate il fuoco nel Paese dicendosi pronti a lavorare per svolgere le elezioni in Libia sotto la supervisione dell’Onu. A rivelarlo è un documento rilasciato dall’ufficio del presidente francese Emmanuel Macron.
In una dichiarazione che l’Eliseo ha successivamente bollato come prematura, Al-Serraj e Haftar, inoltre, hanno promesso di usare la forza soltanto per operazioni di contro-terrorismo.

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