25/07/2017
“I media internazionali sono parte attiva del colpo di stato in Venezuela”
Intervista al sociologo argentino Marco Terrugi, realizzata da Telesur
(trascrizione e traduzione di Marinella Correggia)
Questo articolo compare contemporaneamente su Contropiano e L’Antidiplomatico.
Sullo stesso tema segnaliamo l’approfondimento del nostro giornale a questo link: http://contropiano.org/news/internazionale-news/2017/07/08/cosa-sta-accadendo-venezuela-approfondimento-093757
D. Come giornalista, che titolo daresti rispetto a questo cosiddetto governo di transizione?
R. La destra sta andando avanti con la sua scalata golpista. Il plebiscito svoltosi la scorsa domenica era un modo per legittimare quello che si sta verificando, quello che stanno dicendo e che succederà venerdì con la cosiddetta designazione di nuovi magistrati al Tribunale supremo di giustizia... una necessità per legittimare queste azioni, per dire al mondo che in Venezuela milioni di persone hanno votato contro la Costituente, contro il governo e a favore di quello che sta nascendo. Sappiamo che i loro voti non sono quelli che hanno detto, che hanno mentito, che non ci sono prove di quei risultati, ma non importa, né a loro importa la legalità.
D. Dunque, è intenzionale che i grandi media internazionali non abbiano detto assolutamente nulla dei milioni di persone che hanno votato nella prova della Costituente?
R. Sì, i media internazionali non sono solo complici, sono parte attiva di quello che sta accadendo in Venezuela, di questa escalation fino al tentativo di colpo di Stato. Quindi devono ignorare quello che accade davvero in Venezuela e presentare una situazione che non è reale. Ci sono quattro elementi centrali per capire come si sta procedendo oggi. Primo: l’annuncio del governo parallelo. Secondo: un aumento ulteriore della violenza, lo vedremo nei prossimi giorni. Il terzo punto ha a che vedere con il fronte internazionale. Il quarto elemento sono i media e l’architettura della comunicazione che legittima tutto questo. Quattro zampe che avanzano simultaneamente. Tuttavia, occorre far emergere una cosa molto importante: si sono proposti di far fuori il governo con la forza ma il rapporto di forza non è sufficiente a farlo, oggi, in Venezuela. Oggi la destra venezuelana non ha l’appoggio delle forze armate né della guardia popolare (forse nazionale, ndt) e nelle strade non è più di tre mesi fa: la loro quantità non è aumentata.
D. E possiamo anche pensare che siano diminuiti, in quantità. Ad esempio anche oggi c’è stato uno di questi trancazos, nella zona più a Est di Caracas, Altamira, Chacao per identificare l’area, e a ogni crocevia non c’erano più di tre o quattro persone...
R. Esattamente. E a questa assenza delle masse, vogliono supplire con una grande violenza. Le persone bruciate vive anche negli ultimi giorni dalla destra... non è un caso, è una forma pianificata, un metodo; quando diminuisce la loro forza aumentano la violenza per avere un grande impatto. Ma è vero, nelle strade sono piccoli gruppi, non masse.
D. E perché non ci sono le masse? Perché meno persone?
R. Per varie ragioni. Prima di tutto, fuori dal paese la destra può aver legittimato la propria violenza, ma nel paese no. Intanto la società venezuelana si rende conto che è di fronte a una destra che sta intensificando le azioni violente. In secondo luogo, gli strati popolari non aderiscono all’appello politico di questa destra, perché è una destra, classista, e che non ha un progetto per il paese. In terzo luogo, hanno un evidente logoramento, sono sostenuti dalla classe medio-alta e non riescono ad allargarsi. Lo abbiamo visto molto bene domenica scorsa, nel saggio dell’Assemblea Costituente: molta molta gente nei quartieri popolari.
D. Sei stato in zone popolari non solo di Caracas ma di altre parti del paese. E’ stata per te una sorpresa vedere così tante persone, fino all’1 di notte, in coda?
R. Non so se sia una sorpresa. Credo che a volte, di fronte alla necessità di rispondere in modo intelligente a un nemico che avanza con tanta violenza, ci siamo un po’ sottostimati. Domenica il chavismo ha fatto un esercizio di democrazia, di coscienza storica, e del fatto che vede e sottolinea che il conflitto si deve risolvere per via democratica, insisto: essa dipende dal fronte internazionale. In Venezuela non ha affatto forza sufficiente oggi, non ha appoggi. Se si vuole estromettere un governo con la forza, in un paese come il Venezuela, ha bisogno delle forze armate, e del popolo. Non c’è nessuno di questi due elementi. Ecco perché è necessario Trump, il Senato, le minacce, le sanzioni che verranno, la destra ha bisogno di queste pressioni da fuori.
D. E le sanzioni economiche, che creano preoccupazione, fino a dove arriveranno? Gli Stati Uniti hanno bisogno del petrolio venezuelano, non c’è bisogno di essere un economista petrolifero per saperlo.
R. Sì, il petrolio e la grande quantità di altre ricchezze presenti in Venezuela. Il fronte economico è importante non solo per recuperare il controllo ma anche per il piano di scontentare la popolazione venezuelana. Insomma, se non sono capaci di convincere la popolazione sul piano politico, allora hanno bisogno che finiscano il cibo, le medicine, i prodotti d’igiene, che i prezzi aumentino, tagliare gli approvvigionamenti, le importazioni, incidere sul piano finanziario, isolare il Venezuela anche diplomaticamente. Che il popolo venezuelano paghi e soffra ogni giorno. Ecco il piano degli Usa, come in passato hanno fatto in altri paesi, Cuba, Cile...
D. Viene subito in mente Cuba. Dovremmo pensare che quella è la strada che tentano. Ma per esempio stanotte il presidente del Nicaragua ha detto: “A che cosa sono serviti agli Usa questi piani? Cuba è lì, in piedi, libera, sovrana”. Dunque che cosa vogliono fare con queste sanzioni?
R. Vogliono anche punire il Venezuela; una specie di rivincita, non c’è solo l’intenzione di recuperare il controllo economico sulle risorse e il potere politico ma anche castigare un popolo che in questi anni di rivoluzione ha dato prova di dignità, coscienza, empowerment, di partecipazione democratica, di tornare a chiedere che cos’è la politica, quale ruolo dobbiamo avere come latinoamericani, quale integrazione continentale, ci sono molte cose che agli Usa danno fastidio. Hanno bisogno che questo popolo senta il peso di una punizione.
D. In tutto questo dobbiamo guardare a qualcosa che non so se sia positiva, ma almeno prima non era tanto evidente quel che volevano gli Usa e ora lo è...
R. Sì. C’è un modo di interpretare quel che è successo con Trump. Il modo di procedere della destra, verso il colpo di Stato, e una guerra di quarta generazione... sempre gli Usa hanno negato la loro partecipazione ai fatti e la responsabilità. Che adesso Trump esca ad annunciare al mondo che va contro il Venezuela, vuol dire che le cose non stanno andando come pensavano. Che cosa è successo? E’ che domenica, contro tutti i pronostici, la gente è andata a votare nelle prove di voto per la Costituente. Insomma: tre anni di guerra economica, di tentativi di colpo di Stato, di violenze nelle strade, roghi di persone e attacchi a infrastrutture pubbliche, scuole, ospedali, e la gente esce di casa e va a votare.
D. E anche se i media mainstream non lo dicono, questa realtà non si può nascondere... E comunque, in questa congiuntura, tutto ha a che vedere con l’appello per l’Assemblea Costituente. Prima c’era la scarcerazione di Leopoldo Lopez. E’ stato scarcerato, ma all’opposizione non è bastato per avanzare verso una prospettiva di pace; adesso tutto è centrato sulla richiesta di revocare il processo costituente. Perché se la prendono con la Costituente adesso?
R. Credo che sia perché stanno perdendo il controllo dello scenario. Hanno un piano, sconfiggere il governo, e l’Assemblea nazionale Costituente per loro è una perdita del poco potere di controllo che hanno, attraverso l’Assemblea nazionale e la Fiscal general della Repubblica. Per loro il problema è se il 30 luglio si prevede una partecipazione grande, come annunciato domenica. Quindi vogliono in tutti i modi evitare l’Assemblea Costituente, che sarebbe uno spazio partecipativo nel quale molti ripongono grandi aspettative, c’è un grande dibattito...
D. ...anche fra settori dell’opposizione; non quelli della MUD (Mesa de unidad democratica), i referenti visibili di questa cosiddetta opposizione, ma altri...
R. Sì. C’è una parte dell’opposizione che non è golpista, che non è violenta, non è golpista, ma non si è pronunciata apertamente. La strategia dell’opposizione per ora è portata avanti dai golpisti violenti; è importante che si pronuncino i settori democratici, che chiedono una soluzione pacifica, attraverso elezioni...
D. Ma questa opposizione ha la sua quota di responsabilità, perché non ha condannato il livello altissimo di violenza...
R. E’ vero. Comunque... c’è un grande dibattito per esempio sul cronogramma elettorale. In Venezuela c’è un cronogramma elettorale. Ci saranno le elezioni il 30 luglio, con l’elezione della Costituente. Ci saranno le elezioni dei governatori alla fine dell’anno e poi le elezioni presidenziali. Insomma ci chiediamo: cosa vuole adesso la destra? Se danno i domiciliari a Lopez, avanzano un’altra richiesta: se si rinunciasse alla Costituente, chiederebbero un’altra cosa ancora. Il loro piano è far cadere il governo con la forza, subordinare l’economia e il potere politico, e prendersi una rivincita sul chavismo. Ecco il loro piano. Qual è il negoziato possibile?
D. Non possiamo rispondere a questa domanda... Rispetto allo scenario di transizione. Se guardiamo allo scenario, vogliono uno scenario libico, ma là cosa è successo? Una nazione distrutta completamente, con tre presunti governi, uno riconosciuto dall’Onu, l’altro dagli Usa... una nazione che è un disastro, che ora colpisce l’Europa per tutto il tema dei rifugiati e dei migranti. Non è una questione solo di partiti, per toccare il tema sella Libia, là vediamo una distruzione assoluta. Là ce l’hanno fatta, come mai qui no?
R. La destra annuncia cose che poi non può ottenere. Il potere si esercita, non te lo puoi auto-attribuire. Non puoi dire: ora c’è un nuovo tribunale supremo di giustizia, un nuovo governo. La domanda è: e come possono imporlo? Certo se hanno relazioni internazionali, e se gli Stati Uniti giocano con molta forza per imporre...
D. Ma cosa vuol dire? Che ci sarà un’invasione? Perché in quale altro modo potrebbero esercitare questo potere?
R. Per questo diciamo che dipende dal fronte internazionale. Oggi in Venezuela con i loro rapporti di forza interni non possono far sì che il loro governo abbia una vita reale. Nominano un nuovo tribunale supremo di giustizia; e poi? Che farà? Chi lo riconoscerà? Come lo imporranno? Annunciano, ma non possono esercitare nazionalmente questo potere. Per questo vediamo Trump, l’Unione Europea, e questa escalation internazionale... per creare le condizioni... C’è da vedere come evolverà lo scenario internazionale. In questi anni gli Usa hanno compiuto azioni di forza contro altri paesi. Lo faranno? Non lo faranno? E in che modo lo faranno? Ora gli Stati uniti giocano in Venezuela, nell’economia, nel finanziamento dei settori paramilitari, della violenza, c’è un intervento silenzioso degli Usa. Qual è lo scalino seguente? E’ la nostra grande domanda. Attraverso quali strumenti? Ci sono gli addestramenti previsti in Colombia, nel sud dell’Amazzonia... si aprono vari fronti... credo che stiano esplorando quale legittimità hanno per poter applicare una sanzione non solo economica ma anche miliare.
D. E’ un’altra domanda alla quale non possiamo rispondere... Quale sarà il tuo prossimo articolo?
R. Mi interessa molto il protagonismo delle persone, sui loro territori come sul dibattito circa la Costituente. Oggi occorre mettere in moto tutti gli strumenti della democrazia partecipativa, questo popolo è eroico, storico, ha già mostrato una capacità di resistenza e coscienza storica, di essere presente nei momenti chiave, nel modo giusto come domenica scorsa. Dobbiamo essere attenti a questo, vedere che succede, come resistere, e che cosa la gente chiede e come sta pensando di risolvere i grandi problemi del Venezuela.
D. Sì, domenica scorsa è stato davvero impressionante. Grazie...
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