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16/07/2017

L’antifascismo non si può delegare alle leggi del Pd

Come antifascisti vogliamo dirlo con molta chiarezza: non siamo interessati a leggi che puniscano un saluto romano o la vendita di paccottiglia nostalgica, come quella proposta dal sionista piddino Fiano.

Non sono certo questi i piani su cui agiscono oggi i fascisti, ma quelli che vengono loro spianati dalla politica razzista del PD nei confronti dei migranti, dalle campagne antidegrado dei sindaci piddini, Nardella in testa, o da provvedimenti come il decreto Minniti-Orlando.

Non ne possiamo più di sentir parlare di costituzione basata su valori antifascisti come se questa fosse una naturale conseguenza di un comune sentire sulla tragedia del fascismo: l’antifascismo è stata una imposizione da parte degli antifascisti in armi mentre nel dopoguerra a molti, troppi fu consentito di cambiare solo l’abito rimanendo profondamente legati a quel mondo.

E non si tratta certo di una storia finita! Il PD di Minniti approva leggi proprio sul terreno della sicurezza dello stato, delle città, sull’”eversione” o presunta tale, sulla base di un pensiero giuridico proprio del codice Rocco, sviluppando e adattando alle esigenze di oggi un impianto repressivo che ha trovato nell’esperienza del fascismo un nodo storico fondamentale a beneficio dello stato borghese. Un modello talmente attuale nella sua utilità che gli stessi soggetti che parlano di mettere al bando organizzazioni o propaganda su web in queste settimane poi accolgono i fascisti ucraini in Italia e li foraggiano di soldi, armi e supporto politico a giro per l’Europa.

Per tutti questi motivi non possiamo che considerare leggi di questo tipo come puramente propagandistiche e frutto di un immaginario falso che continua a pulire la coscienza di un’Italia che fascista era e fascista è rimasta.

La realtà è che nella discussione sulla proposta Fiano si pongono come difensori dei valori antifascisti gente come Renzi che, lo sappiamo bene, con l’Antifascismo non c’entra proprio un bel niente, che vuol dare una visione dell’Antifascismo tutta interna alla “dialettica democratica” ovvero all’interno degli equilibri interni allo stato borghese. L’Antifascismo diventa così una questione di bottega, un “titolo” buono per tutte le stagioni, da sparare sulle colonne dei giornali amici come Repubblica sulla base dei meschini calcoli della dirigenza PD che, mentre decide di giocare sul terreno “legge ed ordine”, cerca disperatamente di mettere il bastone tra le ruote a una destra che ha tutte le carte in regola per passare all’incasso in termini di consenso proprio a causa delle sue scelte.

Per quanto ci riguarda non accetteremo che l’Antifascismo sia spogliato del suo profondo significato di classe, né che il fascismo stesso sia svuotato di tutta la sua complessità e pericolosità, ridotto alla macchietta di un gestore di stabilimento balneare a Chioggia. Per noi i fascisti continuano a non avere diritto di parola e agibilità politica. Ma non per questo accetteremo, come non abbiamo mai accettato, che l’Antifascismo passi attraverso la legge, la magistratura, le sentenze per noi o contro di noi. Non delegheremo mai allo stato quello che è e resta soltanto nostro.

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