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24/07/2017

Aiuto! Ci siamo persi il potere...


La rassegna stampa è uno dei momenti più interessanti, per chi fa informazione. Analizzare il taglio che i diversi quotidiani danno alle notizie, mettere a confronto le linee editoriali, provare a portare un contributo di analisi e di approfondimento... Diciamo che è uno dei momenti in cui si rischia maggiormente di dare alla pratica informativa quell’accezione di “servizio pubblico” che ormai è praticamente assente, tra strumentalizzazioni (e pressapochismo) mainstream e rischio-fake news per quel che riguarda il web.

Sabato mattina, nel corso della rassegna stampa su Radio Città Aperta, è emerso uno spunto interessante mettendo a confronto due articoli tratti da due giornali molto distanti tra loro e riferiti a contenuti molto diversi. Il metterli in rapporto ha però prodotto un ragionamento assolutamente plausibile, che ha a che fare con questioni delicate ed attuali: a) l’“esecutivizzazione” della politica a scapito del concetto di rappresentanza, b) il distacco sempre più clamoroso della stessa politica dalle richieste e dagli obiettivi utili alla popolazione, c) il fatto che spesso vengono inseguiti risultati diversi da quelli che emergono dalle istanze pubbliche, in alcuni casi anche a scapito del rispetto della legge.

Partiamo dal primo articolo: Corriere della Sera, edizione di sabato 22 luglio, prima pagina (poi prosegue a pagina 26). “La politica senza potere”, la firma è quella di Ernesto Galli della Loggia.

Il famoso editorialista parte da una domanda abbastanza semplice: “Perché da anni in Italia ogni tentativo di cambiare in meglio ha quasi sempre vita troppo breve o finisce in nulla?... La risposta è innanzi tutto una: perché in Italia non esiste più il Potere”. Galli Della Loggia elenca a questo punto una serie di motivazioni, giungendo poi “al cuore della nostra storia recente: perché ormai la legittimazione del potere politico italiano non deriva dalle elezioni, dalle maggioranze parlamentari, o da altre analoghe istanze e procedure… l’autentica legittimazione del potere politico italiano si fonda su altro: sull’impegno a non considerare essenziale, e quindi a non esigere, il rispetto della legge. E’ precisamente sulla base di un simile impegno che la parte organizzata e strutturata della società italiana — quella che in assenza dei partiti ha finito per essere la sola influente e dotata di capacità d’interdizione — rilascia la propria delega fiduciaria a chi governa. Sulla base cioè della promessa di essere lasciata in pace a fare ciò che più le aggrada; che il comando politico con il suo strumento per eccellenza, la legge, si arresterà sulla sua soglia. Che il Paese sia lasciato in sostanza in una vasta condizione di a-legalità: come per l’appunto è oggi”.

Il passaggio che interessa è quello relativo alla legittimazione del potere: non più attraverso le elezioni e quindi la delega di rappresentanza da parte della popolazione, ma sul creare condizioni di “far west” legislativo che consenta – in poche parole – a chi ti vota di fare più o meno ciò che vuole per arricchirsi. Siamo molto oltre, insomma, allo “stato piccolo” a cui aspira il liberismo più sfrenato: siamo quasi ad una definizione di “stato-connivente”. E questo senza neppure evocare il tema del peso dell’Unione Europea nel determinare le scelte strategiche di questo Stato...

Passiamo al secondo articolo. Il Manifesto, sempre sabato 22 luglio, pagina sette, taglio basso: “Il governo complice di una strage senza fine”. Si tratta dell’intervista al parroco di Augusta che da anni lotta contro l’inquinamento nel “triangolo della morte”, l’area che ospita il petrolchimico tra Augusta, Priolo Gargallo e Melilli, nei pressi di Siracusa. Anni e anni di lotte, denunce, segnalazioni per l’alto numero di morti per tumore, ritenuto da molti statisticamente inspiegabile, fino ad arrivare al sequestro di due impianti disposto dal gip di Siracusa. Don Palmiro Prisutto, questo il nome del coraggioso parroco, risponde ad una serie di domande. Ad un certo punto, dice: “Chi inquina, e da queste parti è così, dovrebbe violare la legge, ma finora non ha mai pagato nessuno. A chi dovrebbe importare? Lo Stato ha interessi enormi, incassa qualcosa come 18 miliardi di euro all’anno dalle accise e dalle imposte di fabbricazione. L’interesse dello Stato è quello di prendere i soldi e basta...”.

Sembra, da un certo punto di vista, la realizzazione della teoria esposta da Galli della Loggia: superare il concetto di legalità per garantire la possibilità di fare profitto, anzi in questo caso arricchendo anche le casse dello Stato (almeno secondo don Prisutto).

Isoliamo gli elementi evidenziati: potere politico non derivante da elezioni e quindi annullamento o quasi del principio di rappresentanza popolare, spinta verso una deregolamentazione sempre più capillare, interesse della “politica” a garantire questa deregolamentazione in cambio di credito a livello anche elettorale. Fino ad arrivare a situazioni estreme ma assolutamente reali, come quella denunciata nell’articolo del Manifesto.

Non possiamo non pensare a tutto quello che è stato fatto, negli anni, per spingere la situazione a questo punto: tutti i processi di deregolamentazione, di semplificazione, le normative emergenziali, i commissari straordinari, i tentativi di neutralizzare la Costituzione, lo smantellamento di presìdi di legalità e diritti (vedi l’art. 18) in nome della “velocizzazione”, dello “snellimento”, della “sburocratizzazione”... Come non pensare alla precarizzazione del mercato del lavoro, alla destrutturazione dei servizi pubblici, alla messa a profitto dei beni comuni. Come non pensare al recente smantellamento della Guardia Forestale, le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

Rendere la politica sempre più scissa dal concetto di rappresentanza popolare vuol dire renderla dipendente da un altro tipo di legittimazione, che è quello delle lobby, nel senso peggiore che questo concetto può rappresentare: piccoli gruppi di potere che indirizzano le scelte pubbliche a vantaggio di pochissimi, in cambio dell’attribuzione del potere amministrativo. In un paese in cui va a votare sempre meno gente, sempre meno informata, è un meccanismo facile da attuare e che sta funzionando – decisamente e purtroppo – molto bene.

Fonte

Forse un po' superficialmente mi viene da commentare con un "the American way"...

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