Pronta risposta dem al “putinismo” del governo giallo-verde che “tifa Mosca, capitale del sovranismo mondiale”: l’arresto di alcuni fascisti, indicati quali reclutatori di mercenari per le milizie del Donbass, sembra dunque “confermare” quanto in casa socialdemocristiana si va da tempo “affermando” e cioè che dalla parte della gente del Donbass ci stanno i “fascio-razzisti amici di Mosca”.
Al contrario, i veri democratici stanno al fianco della “libera” ed europeista Ucraina golpista, come dimostrano i Pittella e i Cazzulani direttamente da Kiev, le Boldrini che – al culmine della loro carriera istituzionale – hanno ricevuto a Roma gli speaker nazisti, o il magnanimo benestare (ma non sembra che oltreoceano abbiano bisogno di sollecitarlo) di Roma a che droni USA partano da Sigonella per sorvolare il Donbass per poi, molto verosimilmente, indicare alle forze ucraine gli obiettivi “sensibili”.
I comandi delle milizie della Repubblica popolare di Donetsk, commentando il fatto che, secondo quanto scritto da Repubblica, i carabinieri di Genova hanno arrestato sei persone coinvolte nel reclutamento di mercenari per il conflitto in Donbass dalla parte della DNR, hanno dichiarato che nelle file delle milizie non ci sono mercenari, ma combattono solo volontari, provenienti da paesi sia europei, che della CSI, la Comunità degli Stati Indipendenti, “erede” dell’URSS.
“Nelle file delle milizie popolari della DNR ci sono effettivamente volontari provenienti da altri paesi, anche europei. Si tratta in tutto di non più di un centinaio di persone, compresi coloro che provengono da paesi della CSI. Mercenari qui non ce ne sono; ci sono volontari, che vengono qui seguendo il richiamo del cuore, con il desiderio di aiutare il popolo del Donbass a proteggere la propria terra, la propria storia, a difendere la verità. Perciò, non è chiaro di quale reclutamento si parli”. Questa la dichiarazione delle milizie della DNR.
La questione della presenza di combattenti, anche italiani, nel Donbass, sia a fianco delle milizie popolari di DNR e LNR, sia nei ranghi dei battaglioni neonazisti, è “un poco” più complessa di quanto si tenti di farla apparire per puri interessi euro-atlantici, che vengono contrapposti a una presunta avversione dell’attuale governo italiano a “l’ordine multilaterale che si era andato ricostruendo dopo l’Ottantanove”. Da questo punto di vista, non risulta che l’esecutivo di Roma abbia messo in discussione, o abbia la benché minima intenzione di farlo, l’appartenenza dell’Italia a quel blocco di guerra rappresentato dall’Alleanza atlantica.
Se in casa dem e tra i loro megafoni stampati vogliono parlare di mercenari, che vadano a cercarli tra neofascisti e neonazisti di mezza Europa, “manager” e “italianissimi patrioti” di Casa Pound compresi, schierati con i loro camerati di “Ajdar”, “Azov”, “Pravyj Sektor”, “Donbass” o “Dnepr”, beniamini “romantici” di certa stampa liberal; che vadano a cercarli, i mercenari, tra quei 2.000-2.500 “istruttori” di paesi NATO (soprattutto Polonia, Lituania e Lettonia) che insegnano ai neonazisti ucraini le tecniche di cecchinaggio; oppure tra quelle centinaia di “consiglieri” (principalmente da USA, Canada o Germania; ma chi assicura che anche l’Italia, già in prima linea nel battaglione NATO in Lettonia, non faccia la sua parte anche in Ucraina?) che istruiscono l’esercito “regolare” di Kiev ai combattimenti di strada, dando per scontata una massiccia occupazione terroristica delle città e dei villaggi del Donbass.
Nessuno nega che qualche elemento dichiaratamente fascista combatta in prima linea (o, al sicuro nelle retrovie) anche dalla parte delle milizie. Spetta alle milizie stesse decidere chi accogliere o meno nei propri reparti. Fondamentale è sapere da che parte stiano i comunisti e gli antifascisti, anche quelli italiani. Importante è sapere per cosa combattano le milizie e per cosa l’intero popolo del Donbass (non i “separatisti filorussi” di RAI e Repubblica: secondo il censimento ucraino del 2001, il 74,9% della popolazione della regione di Donetsk e il 68,8% di quella di Lugansk sono di lingua russa; l’Istituto internazionale di sociologia di Kiev accertò nel 2004 che il 93% della popolazione nella prima regione e l’89% nella seconda usa il russo quale lingua quotidiana) resista da oltre quattro anni al terrorismo bellico di quel regime neonazista tanto caro ai liberalfascisti di casa nostra.
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