di Chiara Cruciati – il Manifesto
All’appello di Moqtada al-Sadr hanno risposto a decine di migliaia: una marcia contro la presenza delle truppe statunitensi in Iraq, presenza che il prossimo marzo “festeggerà” 17 anni.
Il leader religioso sciita, parte del governo – tuttora dimissionario –
di Abdul Mahdi, prova a fare quanto non gli è riuscito con la
mobilitazione popolare iniziata il primo ottobre scorso contro
settarismo e corruzione: ergersi a pilastro della protesta così da
uscirne indenne.
L’occasione stavolta gliel’hanno data gli Stati Uniti, ancora in Iraq
nonostante la richiesta del parlamento di Baghdad di ritirarsi a
seguito dell’omicidio extragiudiziale del generale iraniano Soleimani lo
scorso 3 gennaio, colpito da droni proprio all’uscita dell’aeroporto
della capitale irachena.
I 5.200 soldati Usa sono ancora lì, il governo iracheno non ha dato seguito alla mozione parlamentare.
E al-Sadr (che durante l’occupazione Usa ha guidato la resistenza
armata dell’Esercito del Mahdi) ha fatto appello ai suoi sostenitori. In
piazza a est di Baghdad sono scese decine di migliaia di persone al
grido di «Via l’occupante» ma anche «Morte all’America», mentre
al-Sadr dall’Iran (a cui si è riavvicinato dopo anni di gelo e viaggi
nel Golfo sunnita) elencava le sue rivendicazioni: fine della
cooperazione alla sicurezza tra Iraq e Usa e chiusura dello spazio aereo
ai velivoli statunitensi. O, scrive, «vi considereremo paese ostile
all’Iraq».
Alla marcia sadrista non hanno preso parte i manifestanti di piazza Tahrir,
centinaia di migliaia di persone che da mesi si battono per un paese
equo, laico e indipendente. Nessuna mescolanza sia perché l’obiettivo di
Tahrir e del sud in mobilitazione permanente è la fine di ogni
ingerenza esterna, quella Usa come quella iraniana, sia perché si
sospetta che una parte degli uccisi di questi mesi siano caduti per mano
di sadristi.
Quattro giorni fa altri dieci manifestanti sono stati uccisi dalla polizia tra Baghdad, Bassora e Karbala. Una repressione che giovedì è stata quantificata da Amnesty, ben più alta di quanto immaginato: oltre 600 morti in quattro mesi.
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