di nique la police
Cominciamo dalle elezioni calabresi: alla fine un partito in declino
irreversibile come Forza Italia ha piazzato un presidente di regione e
può accreditare la sconfitta in Emilia ai due partiti alleati e alle
loro strategie. Il voto emiliano invece emette verdetti piuttosto chiari:
si tratta di una vittoria delle sardine, intese come main sponsor del
centrosinistra, e della prima vera sconfitta della Lega di Salvini.
Basta ripercorrere la situazione di inizio autunno per rendersene conto:
Salvini aveva radunato per le regionali una coalizione che partiva,
dati delle europee alla mano, con almeno cinque punti di vantaggio sul
centrosinistra e che si stava attrezzando per una campagna elettorale
aggressiva sui social e sul campo. Con l’esplosione del movimento delle sardine – in piazza, sui social e sui media alleati – l’elettorato di centrosinistra si è prima compattato al proprio interno e poi ha recuperato punti, consenso, posizioni.
È evidente che questo movimentismo a fianco del centrosinistra –
basato su una strategia di comunicazione adeguata, banale quanto
semplice, low cost e diretta – era quello che mancava agli antagonisti di
Salvini fino ad oggi politicamente ingessati e incomprensibili dal
punto di vista comunicativo.
Naturalmente il centrosinistra, con questa iniezione di consenso cambierà poco:
rimarrà sui territori un nesso politico liberista, legato a
esternalizzazioni, revisioni al ribasso della spesa pubblica,
centralizzato nelle scelte reali e condizionato, quando non legato,
dalle scelte di grandi sponsor privati. E anche vero che, per il
centrosinistra, si apre giocoforza una stagione di ricambio
generazionale non solo nelle persone ma anche nel peso della
comunicazione dal basso nell’organizzazione politica: la sfida, a
occhio, è quella di allargare il consenso senza rivedere i limiti che il
liberismo ha dato alla politica dagli anni ’90.
Per Salvini si tratta della prima vera sconfitta politica.
Vedremo, e questo pare il punto più importante, quanto il dispositivo
di propaganda di Salvini – il vero patrimonio politico del “capitano” –
saprà adeguarsi a questa sconfitta. Un punto è certo: Salvini si nutre
del disagio diffuso del paese, disagio che in Emilia è ampio e riguarda
gli aggregati urbani sotto i sessanta-ottantamila abitanti ma non è
sufficiente per vincere. Anzi, ad un certo punto Salvini ha
rappresentato la ragione, e lo farà in altre occasioni elettorali, che
tiene davvero insieme, per reazione, un movimento come le sardine.
Certo, l’Italia non è solo l’Emilia per cui di sacche di disagio per
aspirare consenso Salvini ne troverà abbastanza e di nuove. Anche qui,
vedremo, intanto la marcia trionfale di uno dei peggiori partiti
dell’Italia repubblicana si è fermata... persino a Bibbiano dove il
centrosinistra ha preso il 60 per cento.
Visto che il governo Conte, con il suo minimalismo politico, ha passato anche questa prova due parole sul Movimento 5 stelle: nessuno del gruppo dirigente attuale è in grado di invertire la tendenza
alla dissoluzione che si sta manifestando. Trasformare un cartello
elettorale fatto di rappresentanza elettorale ai movimenti (dalla Tav al
Tap) e alle correnti d’opinione (da quella più forcaiole a quelle più
libertarie) in partito politico compatibile con le prescrizioni della
governance europea era una impresa desiderabile una volta occupati i
ministeri ma anche impossibile. Il futuro è, se il 5 stelle non implode,
quello di un partito d'opinione, sotto il dieci per centro, satellite
del centrosinistra rinnovato.
Quanto ai movimenti più radicali è evidente che solo una
profonda, per certi versi drammatica, innovazione nel merito e nel
metodo del fare politica può dare loro un ruolo. Altrimenti,
una società in crisi permanente ma complessa come la nostra concede il
solo spazio del lamento testimoniale senza reali vie d’uscita.
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