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29/01/2020

Un’altra scossa di repressione

Circa un anno fa ci siamo occupati della questione della repressione e dell’uso del taser da parte delle forze dell’ordine e di guardie giurate ingaggiate da grandi e piccoli gruppi industriali. Nel frattempo, il Governo è cambiato, da gialloverde(nero) a giallorosa, ‘l’odio’ non è più a Palazzo Chigi, ma la repressione permane. Come vedremo, essa ha un solo obiettivo, comune a tutti gli esecutivi che si sono alternati negli ultimi decenni: salvaguardare gli interessi del capitale.

Ricordiamo velocemente che cos’è il taser. Si tratta di un’arma, nota anche come “storditore elettrico” e “dissuasore elettrico” che, per l’appunto, somministra scosse elettriche. I soggetti colpiti si trovano immobilizzati a causa della contrazione dei muscoli dovuta alle scosse. Seppur generalmente definita come “non letale”, l’arma ha causato, secondo Amnesty International, oltre 500 morti negli Stati Uniti tra il 2001 e il 2012. Nel 2018, la stessa organizzazione ha aggiornato il conteggio, parlando di circa 1000 morti tra Stati Uniti e Canada (sempre a partire dal 2001). Si trattava di soggetti, nel 90 percento dei casi, disarmati. Il taser può, quindi, condurre alla morte. Ciò accade soprattutto quando colpisce persone con problemi cardiaci, è vero, ma anche quando le persone che subiscono la scossa sono sotto l’effetto di alcol o droghe o soltanto provate da uno sforzo fisico particolarmente impegnativo, come una fuga disperata. Inoltre, l’arma è in grado di danneggiare in maniera irreversibile il cuore e il sistema respiratorio dei soggetti.

Proprio negli ultimi giorni il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’interno Lamorgese, ha approvato una modifica al DpR 359 del 1991, ovvero il regolamento sull’armamento e le munizioni in dotazione alle forze dell’ordine. Tale modifica regolamentare prevede l’introduzione del taser tra le armi delle forze dell’ordine, “dando quindi piena attuazione – scrive l’Osservatorio sulla repressione – alla misura voluta da Salvini quando era ministro degli interni”.

Sarebbe, però, ingiusto attribuire la diffusione del taser solo a quest’ultimo. Non bisogna essere ingenerosi con gli attuali avversari di Salvini, cioè PD e M5S. Non solo perché, come si è visto, l’ultimo ‘ok’ è figlio del Governo attualmente in carica, ma anche perché ci sono dei precedenti che portano firme ben precise. L’ultimo via libera, per fare un esempio, è arrivato dopo la sperimentazione dell’arma da parte delle forze dell’ordine in 12 città, prevista nel decreto-legge 119 del 2014, emanato dal Governo Renzi con la firma di Angelino Alfano, all’epoca inquilino del Viminale. In sostanza, esponenti dei recenti Governi di tutti gli schieramenti hanno adottato misure volte a estendere l’utilizzo di quest’arma.

Nei fatti, ci vorrà ancora un anno perché la misura funzioni a pieno regime (tempo necessario per l’addestramento del personale all’uso dell’arma e per organizzare l’acquisto della stessa). Dopo, sarà utilizzata abitualmente da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. Le novità, però, vanno ad aggiungersi alla sperimentazione dell’uso del taser da parte della Polizia Municipale, grazie al decreto sicurezza (decreto-legge 113/2018) fortemente voluto da Matteo Salvini quando era Ministro dell’Interno, approvato dal Governo Conte-I e confermato in Parlamento dai gialloverdi nel dicembre 2018. Assistiamo, dunque, all’emanazione di una serie di atti normativi che mostrano come, al di là delle discussioni di facciata, le principali forze politiche condividano una tendenza alla repressione delle classi subalterne.

Un ulteriore segno di questa preoccupante comunanza di visioni si è avuta molto di recente. A Prato, proprio in questi giorni, è stata caricata dalle forze dell’ordine una manifestazione organizzata dal sindacato ‘SI Cobas’ per protestare contro le multe comminate ad alcuni lavoratori e studenti accusati di aver effettuato un “blocco stradale” durante una manifestazione svoltasi il 16 ottobre 2019, reato reintrodotto dai decreti sicurezza di Salvini. Queste multe sembrano essere le prime sanzioni derivanti dalla reintroduzione del reato di blocco stradale.

Per riassumere, la destra ha scritto e approvato leggi che aumentano la repressione, mentre è sotto il Governo del sedicente ‘centro-sinistra’ insieme ai 5 Stelle che queste leggi trovano applicazione. La repressione, lo ribadiamo, è bipartisan, mette d’accordo tutti. E il motivo è semplice: la destra e i partiti dell’attuale Governo hanno molto in comune e gli interessi che difendono sono quelli del capitale. Mentre la prima esibisce un finto anti-europeismo, i secondi cercano di far presa sull’elettorato di riferimento con vaghi e strumentali richiami ai sacrosanti diritti civili. Il contrasto tra i due gruppi esiste, ma è un contrasto interno al capitale, per la gestione ordinata dell’austerità e della lotta contro le rivendicazioni dei lavoratori. Ecco spiegato perché i decreti sicurezza, che tanto sono stati criticati dall’opposizione al Governo Conte-I, non vengono abrogati quando le stesse forze politiche entrano nel Governo Conte-bis, ma sono anzi implementati con misure attuative.

Il problema non si limita, tuttavia, alla contingenza, ma si inserisce in un consolidato meccanismo attraverso il quale la repressione viene impartita ai lavoratori, attraverso emergenze e stati di eccezione. Si creano emergenze ad hoc, come, ovviamente, la cosiddetta “invasione” di immigrati dipinti, da Salvini e dai suoi sodali, come corpi estranei parassitari, pronti a trasformare le nostre città in veri e propri inferni di criminalità. Si dice che l’attuale sistema giuridico non è preparato ad affrontarla, perché i giudici sono buonisti, ottimisti e di sinistra. Poi se ne parla, se ne parla, se ne parla, fino a quando diventa il problema principale del Paese (invece dei salari bassi, dei tagli alla scuola pubblica, del pareggio di bilancio, dei problemi della sanità). A quel punto qualcuno si fa carico del problema, si propone la legge speciale, questa viene approvata e poi resta nel sistema giuridico. E produce effetti non solo sugli immigrati, ma anche sui lavoratori indigeni. La legge speciale diventa normale e accettata da tutti. E la repressione aumenta.

Certo, l’Italia non è il paese di Bengodi. Soprattutto nelle periferie delle grandi città, il problema sicurezza, declinato nelle azioni della macro e della microcriminalità, è particolarmente sentito e si aggiunge alla carenza di servizi, alla povertà e all’emarginazione sociale. Ma è legittimo dubitare che il taser possa costituire un deterrente per mafiosi, rapinatori e stupratori. Quella dell’emergenza sicurezza sembra, molto più realisticamente, l’ennesima scusa per giustificare l’estensione delle modalità attraverso le quali si esercita la repressione di elementi ‘scomodi’.

Quella del nemico alle porte è una narrazione tossica, volta allo scopo di creare una continua tensione nel Paese che porti la gente a votare per la repressione e ad accettare sempre più controlli e sempre maggiori restrizioni alla libertà personale, mentre il mercato è sempre più libero e senza barriere, libero anche di far bastonare i lavoratori e far dare loro ‘salutari’ scosse elettriche.

Se si fosse preoccupati per la sicurezza, ci si dovrebbe domandare quanto si possa essere sicuri in un sistema così repressivo e quanto si sia controllati ogni giorno. Ci si dovrebbe chiedere dov’è la sicurezza se strade e ponti crollano, se la sanità pubblica è sotto attacco e colpita da tagli da decenni, se si continuano a contare i morti sul lavoro (quasi mille vittime nel 2019 e i dati disponibili si fermano a novembre).

È giusto che i cittadini si preoccupino per la sicurezza, ma non guardando con paura l’immigrato, il povero o il manifestante, bensì guardando con rabbia i politici e i padroni, chiedendo la sicurezza di poter vivere dignitosamente e liberamente. Una società senza povertà ed emarginazione è una società, oltre che più giusta, anche più sicura.

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