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19/01/2020

La marcia di Bologna, un segnale per il prossimo futuro

Qualche pensiero a freddo dopo una giornata gelida e inaspettatamente calorosa.

Ieri, a Bologna, alla marcia per l’uguaglianza sociale, scadenza di Potere al Popolo per la campagna elettorale delle regionali, ci si aspettava una partecipazione discreta ma non eccezionale. Tra le 300 e 500 persone, diciamo.

Già alla mattina i compagni che l’avevano organizzata sacramentavano contro il tempo: la prima giornata di pioggia dopo un mese e mezzo sole, senza interruzioni. E poi il freddo che si sommava all’umidità. “In un giorno così i bolognesi restano a casa”, al massimo escono per la spesa.

Quando per via Indipendenza, contando uno per uno chi camminava sotto la pioggerellina infame, si è arrivati a superare i mille, qualche sorriso è venuto fuori.

Stiamo parlando di piccoli numeri, non c’è nulla di trionfalistico da buttar giù. Ma è un primo segno che qualcosa si può fare.

Il secondo, importantissimo, è stata l’accoglienza della città. Mentre il corteo si muoveva a centro strada, curiosando sotto i portici tra la massa di cittadini usciti per lo shopping del sabato pomeriggio, ragazze e ragazzi si muovevano al ritmo della musica quando gli altoparlanti lanciavano hit da sound system. E i più anziani sgranavano gli occhi sorridenti quando si alternavano canzoni partigiane e della tradizione comunista.

Le persone prendevano i volantini, li leggevano, li mettevano in tasca o nella borsa. Nessun rifiuto di sapere. Curiosità per questa folla di giovani, in forte prevalenza, che indifferenti alla pioggia e alle sirene del “voto utile”, spingevano in avanti una ragazza altrettanto giovane come Marta Collot, “candidata presidente alla Regione Emilia Romagna”.

Fuori e contro questo sistema, come si leggeva nello striscione d’apertura. Non al fianco del governo di merda che c’è per la paura di uno ancora peggiore che potrebbe venire e che verrà sicuramente, se si continua a fare politiche di merda contro la popolazione.

Senza trionfalismi ridicoli, si può avvertire che il malessere sociale – anche nella “grassa” Bologna e nella certo benestante ex “regione rossa” – non ha ancora trovato un porto sicuro. Ossia qualcosa che risponda davvero a domande e bisogni. E allora una proposta “eccentrica” rispetto al bipolarismo obbligato – “o stai con Bonaccini/Zingaretti o con Salvini” – ha la possibilità di essere notata e registrata. Non raccoglierà ora, immediatamente, risultati clamorosi, ma c’è.

Una sorta di “ah, ci siete anche voi? Buono a sapersi, se questi altri non cambieranno davvero le cose”. Un brivido, un’irrequietezza, un’incrinatura sulla lastra di ghiaccio che sembra aver bloccato le energie migliori di un Paese avviato al declino e al saccheggio.

Senza trionfalismi, perché qui siamo nella patria del “voto utile”, del “votate Pd anche se fa schifo per fermare l’avanzata delle destre”, addirittura delle proposte oscene per un “voto disgiunto”, come se le alchimie sull’uso della scheda elettorale potessero davvero cambiare una deriva politica e sociale con 40 anni di storia alle spalle.

Per collocare con qualche precisione la portata di questo voto e la necessità della presenza autonoma di Potere al Popolo bisogna guardare sia indietro sia avanti o, come si diceva una volta, “da dove veniamo e dove andiamo”.

Veniano da almeno un trentennio di bipolarismo obbligato, favorito dalla scomparsa delle alternative di sistema (in seguito alla caduta del Muro e del “socialismo reale”) e istituzionalizzato in leggi elettorali “maggioritarie”. Che paradossalmente dovevano servire a “garantire la governabilità”, a “sapere la sera del voto chi governa” e che invece si sono rivelate insufficienti a contenere il trasformismo politico (le centinaia di “cambi di casacca”). Perché una crisi di sistema sociale e politico non la contieni con questi sistemi...

All’”unità delle forze democratiche contro l’avanzata delle destre” – dal primo Berlusconi in poi – quella che si diceva “sinistra radicale” ha sacrificato se stessa fino all’attuale scomparsa. E più diventa elettoralmente irrilevante più si si sente (e viene) ricattata perché continui a offrire il suo pur magrissimo sostegno di voti a un sistema marcio che fa avanzare, con la sua sola esistenza, “le destre”.

Ma siamo anche alla fine di quell’era. La bocciatura del quesito referendario leghista per imporre un “maggioritario totale e truffaldino” sta costringendo a disegnare una legge elettorale proporzionale. Con uno sbarramento infame e antidemocratico (5%, nel migliore dei casi), ma proporzionale. Uno schema in cui si può e si deve scegliere i rappresentanti politici dei propri interessi (sociali, culturali, ecc.) e non essere più obbligati a votare “anche una sedia vuota” pur di non far vincere il brubrù di turno (che poi ogni tanto vince e non cambia quasi niente).

Si va insomma verso un ridisegno della mentalità politica di massa per cui il “voto utile” viene svuotato di necessità. E dunque di senso. Non subito, ma nel giro di qualche tempo, questa “libertà” relativa di selezionare una rappresentanza politica più reale si farà strada nella testa della popolazione. E ci sarà un maggiore spazio, anche elettorale, per ipotesi radicalmente alternative.

Per riempirlo servirà lavoro, serietà, intervento e radicamento territoriale, visione generale di dove sta andando l’Occidente e non solo questo disgraziato paese. Servirà organizzazione e senso della militanza. Unità di intenti e concretezza nelle discussioni tra noi. Meno chiacchiere e distintivi, più iniziative di lotta.

Lo spazio politico e sociale c’è ed è fin troppo grande per le nostre piccole forze. Lo spazio elettorale è invece al momento ridottissimo, perché l’uscita dall’incubo del “pensiero bipolare” richiede tempo di maturazione. In tal senso va segnalata nella stessa giornata anche la riuscitissima assemblea regionale di Potere al Popolo in Campania che ha deciso di stare in campo come soggetto politico indipendente nelle elezioni regionali in Campania. Costruire una forza politica e sociale in grado di navigare in questa transizione da una condizione a un’altra è la vera sfida che abbiamo davanti.

L’”ansia di eleggere” (un deputato o un consigliere comunale) ha bruciato già tanti, costringendoli ad alleanze così innaturali e strumentali da essere respingenti per la nostra stessa gente. Non è il caso di aggiungersi alla lista...

P.s. Alla marcia di ieri si sono presentati diversi giornalisti. Di media importanti (la Rai, per dirne solo uno) e di testate online. Ma non è uscito nemmeno un servizio che desse conto di questa “presenza anomala”. Significa che direttori e capiredattori hanno sul proprio tavolo un memorandum preciso: non ci deve essere nessuna alternativa tra le due destre (Pd e Lega). Neanche in piena campagna elettorale, alla faccia ogni presunta “par condicio”...


Questa censura assoluta sembra una prova di forza, ma è un segno di estrema debolezza. Quel brivido, quell’increspatura che abbiamo avvertito per le strade di Bologna, nelle stanze del potere viene avvertito forse con ancora maggiore precisione. E con preoccupazione.

P.s. 2 Con un po’ di fatica, qualcosina comincia comunque a venir fuori...

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