Nel corso di un reportage di Al Jazeera sull’uso della tortura da parte di Israele contro i detenuti palestinesi, Qadura Faris, capo della Palestinian Prisoner Society, ha dichiarato: “La sicurezza israeliana vuole lasciare un segno sulla psiche di coloro che detiene: la resistenza ha un prezzo ed è pesante.”
I metodi di tortura usati da Israele includono posizioni di stress, percosse che provocano gravi ferite, privazione del sonno, ricatti emotivi, minacce di tortura contro i familiari dei detenuti e il trasferimento dei detenuti in prigioni segrete. In un caso riportato dall’Arabic for conscience Prisoner Support and Human Rights Association (Addameer): “Il duro pestaggio è stato commesso con l’intenzione di uccidere il detenuto”.
Israele consente l’uso della tortura nei cosiddetti “casi eccezionali” ed esonera i funzionari coinvolti nella tortura dalla responsabilità penale. Questa ambiguità ha contribuito a un uso dilagante della tortura contro i detenuti palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Reclami alle autorità non hanno prodotto alcun risultato. La tattica israeliana di privare dei legali i detenuti torturati durante gli interrogatori ostacola anche il riconoscimento immediato e la consapevolezza delle violazioni dei diritti umani che si verificano.
Un ultimo aggiornamento di Addameer sulla tortura nelle carceri israeliane, dall’agosto 2019, mostra come Israele manipoli il suo cosiddetto ”stato di eccezione” al fine di eludere il divieto assoluto di tortura previsto dal diritto internazionale. La narrativa sulla “sicurezza di Israele” – una merce che è diventata parte della retorica tradizionale e adottata a livello globale – fornisce la scappatoia legale all’interno della legislazione israeliana per consentire la tortura sistematica dei detenuti palestinesi.
Dato che i palestinesi, senza eccezione, sono tutti considerati una presunta minaccia per Israele, non esistono parametri che escludano i detenuti dalla tortura. Al contrario, piuttosto che proteggere i loro diritti, i palestinesi nelle carceri israeliane rischiano ulteriori violazioni, mentre gli autori di tale violenze sono immuni dall’azione penale, attraverso la stessa narrativa sulla sicurezza che consente la tortura dei palestinesi.
Secondo il comitato pubblico contro la tortura in Israele (PCATI) “ […] dal 2001, sono state presentate circa 1.200 denunce di tortura durante gli interrogatori israeliani. Tutti i casi sono stati chiusi senza una singola accusa”. Addameer osserva inoltre che la tortura è classificata come un crimine di guerra – un punto pertinente, in quanto Israele deve affrontare una possibile indagine presso il Tribunale penale internazionale (ICC).
È interessante notare che Addameer cita una dichiarazione di Nils Melzer, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, che traccia in termini di occupazione e tortura i confronti tra la presenza americana a Guantanamo e la trincea coloniale israeliana in Palestina. Sia Israele che gli Stati Uniti, afferma, stanno dando l’esempio dell’impunità quando si tratta della tortura dei detenuti.
Dal 1967, 73 prigionieri palestinesi sono stati uccisi in seguito a torture nelle carceri israeliane. I sopravvissuti alla tortura non possono ricorrere alla giustizia, poiché è Israele a decidere se aprire un’indagine.
Nel frattempo, la comunità internazionale continua a ignorare tali flagranti violazioni dei diritti umani ed i crimini di guerra di Israele. In effetti, se la comunità internazionale prestasse meno importanza alla narrativa sulla sicurezza di Israele e si preoccupasse principalmente delle violazioni giustificate dal suo presunto diritto di difendersi, ci sarebbe più coesione riguardo all’importanza legale di ritenere Israele responsabile della sua repressione del popolo palestinese.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento