di Manlio Dinucci – da il manifesto 28 gennaio 2020
La lancetta
dell’«Orologio dell’apocalisse» – il segnatempo simbolico che sul
Bollettino degli Scienziati atomici statunitensi indica a quanti minuti
siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare – è stata spostata in
avanti a 100 secondi a mezzanotte.
È il livello più alto di
allarme da quando l’«Orologio» fu creato nel 1947 (come termine di
paragone, il massimo livello durante la guerra fredda fu di 2 minuti a
mezzanotte).
La notizia è però passata in Italia
quasi inosservata o segnalata come una sorta di curiosità, quasi fosse
un videogioco. Si ignora il fatto che l’allarme è stato lanciato da un
comitato scientifico di cui fanno parte 13 Premi Nobel.
Essi
avvertono: «Siamo di fronte a una vera e propria emergenza, uno stato
della situazione mondiale assolutamente inaccettabile che non permette
alcun margine di errore né ulteriore ritardo».
La crisi
mondiale, aggravata dal cambiamento climatico, rende «realmente
possibile una guerra nucleare, iniziata in base a un piano oppure per
errore o semplice fraintendimento, che metterebbe fine alla civiltà».
La
possibilità di guerra nucleare – sottolineano – è stata accresciuta dal
fatto che, l’anno scorso, sono stati cancellati o minati diversi
importanti trattati e negoziati, creando un ambiente favorevole a una
rinnovata corsa agli armamenti nucleari, alla loro proliferazione e
all’abbassamento della soglia nucleare.
La situazione –
aggiungono gli scienziati – è aggravata dalla «cyber-disinformazione»,
ossia dalla continua alterazione della sfera dell’informazione, da cui
dipendono la democrazia e il processo decisionale, condotta attraverso
campagne di disinformazione per seminare sfiducia tra le nazioni e
minare gli sforzi interni e internazionali per favorire la pace e
proteggere il pianeta.
Che cosa fa la politica italiana in tale situazione estremamente critica? La risposta è semplice: tace.
Domina
il silenzio imposto dal vasto arco politico bipartisan responsabile del
fatto che l’Italia, paese non-nucleare, ospiti e sia preparata a usare
armi nucleari, violando il Trattato di non-proliferazione che ha
ratificato.
Responsabilità resa ancora più grave dal fatto che
l’Italia si rifiuta di aderire al Trattato sulla proibizione delle armi
nucleari votato a grande maggioranza dall’Assemblea delle Nazioni
Unite.
All’Articolo 4 il Trattato stabilisce: «Ciascuno Stato
parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o
controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di
tali armi». Per aderire al Trattato Onu, l’Italia dovrebbe quindi
richiedere agli Stati Uniti di rimuovere dal suo territorio le bombe
nucleari B-61 (che già violano il Trattato di non-proliferazione) e di
non installarvi le nuove B61-12 né altre armi nucleari.
Inoltre,
poiché l’Italia fa parte dei paesi che (come dichiara la stessa Nato)
«forniscono all’Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe
nucleari, su cui gli Stati Uniti mantengono l’assoluto controllo, e
personale addestrato a tale scopo», per aderire al Trattato Onu l’Italia
dovrebbe chiedere di essere esentata da tale funzione.
Lo stesso
avviene con il Trattato sulle forze nucleari intermedie affossato da
Washington. Sia in sede Nato, Ue e Onu, l’Italia si è accodata alla
decisione statunitense, dando in sostanza luce verde alla installazione
di nuovi missili nucleari Usa sul proprio territorio.
Ciò
conferma che l’Italia non ha – per responsabilità del vasto arco
politico bipartisan – una politica estera sovrana, rispondente ai
principi della propria Costituzione e ai reali interessi nazionali. Al
timone che determina gli orientamenti fondamentali della nostra politica
estera c’è la mano di Washington, o direttamente o tramite la Nato.
L’Italia,
che nella propria Costituzione ripudia la guerra, fa così parte
dell’ingranaggio che ci ha portato a 100 secondi dalla mezzanotte della
guerra nucleare.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento