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23/01/2020

Iraq - Alta tensione, paese a rischio golpe

In Iraq continua la situazione di forte destabilizzazione. Dopo l’esplosione di tre razzi ieri nella zona verde, proseguono le manifestazioni antigovernative, che hanno fatto registrare varie vittime. Intervista con Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies.

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Ci sono morti e feriti nelle manifestazioni che sono tornate a infiammare Baghdad e altre città irachene. Da ottobre, la regione centro-meridionale del Paese del Golfo è teatro di crescenti massicce proteste popolari anti-governative. La popolazione, che scende nelle strade, chiede la fine della corruzione e maggiori servizi sociali. Una situazione in cui, secondo gli osservatori, aumentano i rischi di un colpo di Stato. In tre mesi, sono state uccise circa 500 persone e oltre 20 mila sono rimaste ferite. Gli scontri più gravi oggi a Kerbala. Almeno due persone sono state uccise stamani dalle forze di sicurezza irachene che hanno aperto il fuoco contro i manifestanti. Vanno ad aggiungersi ai sei morti di ieri. Secondo fonti locali, gravi scontri stamani anche nella capitale, dove vi sarebbero sei feriti. Le tensioni interne si accavallano con gli attacchi di ieri. Il lancio di razzi aveva probabilmente come obiettivo la sede diplomatica americana, dove a lungo sono risuonate le sirene d’allarme.

In Iraq una protesta antisistema

Sono varie le fasce sociali irachene sul piede di guerra in questa stagione di dimostrazioni antigovernative. Tra esse da annoverare diversi settori dell’esercito, in cui il malcontento cresce di giorno in giorno. Proprio questo aspetto potrebbe far pensare ad un possibile golpe. Secondo Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, la protesta in corso in Iraq continua ad avere origine nella base della società che chiede una politica capace di fornire opportunità e tutele sociali per tutti i cittadini. Un Iraq così debole dal punto di vista istituzionale, continua Pedde, subisce poi l’influenza delle altre crisi che infiammano il Medio Oriente, come la Siria, il confronto tra Stati Uniti e Iran; aspetti che non possono far altro che destabilizzare un Paese alle prese con quasi trenta anni di conflitti e il proliferare del terrorismo fondamentalista.

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