È stata una brutta giornata lunedì mattina in via della Borghesiana quando polizia e ufficiale giudiziario si sono presentati a casa di Marina ed hanno eseguito lo sfratto. Marina è una madre di quattro figli, di cui un bambino autistico.
A febbraio scorso e poi a giugno, Marina ed altre donne si erano incatenate in Campidoglio, sostenute dagli attivisti dell’Asia-Usb. Con quella protesta intendevano denunciare l’insostenibile situazione di chi si trova senza una casa a causa di sfratti e sgomberi o sotto la minaccia di finire in mezzo ad una strada e senza alcuna alternativa, come è accaduto per l’ennesima volta lunedì.
Non solo. Nel maggio scorso, in una trasmissione televisiva, Marina con grande semplicità asfaltò letteralmente un fascista di Casa Pound sulla gazzarra che avevano scatenato contro un famiglia rom a cui era stata assegnata una casa popolare a Casalbruciato. “Quella era una madre, come me che ho quattro figli, e una madre fa di tutto per assicurare un tetto ai propri figli”. E il fascista dovette ammutolire.
La storia di Marina certifica però la politica fallimentare del buono casa e delle politiche abitative dell’amministrazione comunale. Ma evidenzia anche l’accanimento di alcuni dirigenti comunali che invece di trovare soluzioni all’emergenza casa trovano cavilli per ostacolare soluzioni.
Ricordiamo brevemente la vicenda. Marina, dopo essere stata sfrattata da una casa privata per morosità incolpevole, attiva nel 2016 il primo buono casa con il Comune.
A giugno 2018 viene sfrattata dalla banca, che era la vera proprietaria dell’immobile sul quale il comune aveva attivato il buono casa. Marina, si rimette alla ricerca di un nuovo alloggio, invia il nuovo contratto al dipartimento comunale che aveva avallato tutta l’operazione, ma poi tutto si blocca.
Da luglio 2018 ad oggi, il Comune non ha pagato l’affitto e il proprietario ha avviato la procedura nuovamente di sfratto. Si conclude così con lo sfratto di oggi, una assurda vicenda che fa emergere le vere responsabilità dell’amministrazione comunale che si rivela più attenta nel condurre una guerra alle famiglie più deboli anziché trovare soluzioni.
Gli attivisti dell’Asia Usb hanno per il momento messo al riparo Marina e i suoi quattro figli, ma le responsabilità istituzionali in vicende come queste cominciano ad essere pesanti come macigni e non più accettabili, da nessun punto di vista.
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