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31/01/2020

Mahle: scatta la cassa integrazione, rinviati i licenziamenti. Le crisi aziendali richiedono risposte

Ci sarà per ora la cassa integrazione ma non ci saranno licenziamenti alla Mahle. Lo prevede l’accordo raggiunto al tavolo presso il ministero per lo Sviluppo Economico.

La multinazionale tedesca che produce componentistica per il settore automotive – in particolare per i motori diesel – nel novembre scorso ha annunciato la chiusura dei due stabilimenti piemontesi e il licenziamento di 452 lavoratori: 209 dello stabilimento di Saluzzo e 243 di quello di La Loggia (Torino).

La Mahle ha motivato la decisione di chiudere gli stabilimenti italiani facendo leva sulla difficile situazione del mercato globale, che si traduce in un calo degli ordini a livello europeo, che ha riguardato soprattutto la produzione di motori diesel.

La multinazionale ha un fatturato di 14 miliardi di euro, 79mila dipendenti e decine di stabilimenti in giro per l’Europa ed aveva fatto sapere che i prodotti prima fabbricati in Italia, definiti “non strategici,” sarebbero destinati ad uno stabilimento in Polonia, un nuovo caso di delocalizzazione produttiva che penalizza l’occupazione nel nostro paese.

L’azienda ha preso l’impegno di ritirare la procedura di licenziamento entro il 7 febbraio, chiedendo un anno di cassa integrazione e avviando il processo di reindustrializzazione sotto la supervisione del ministero.

La Regione metterà a disposizione varie misure per la formazione e la ricollocazione dei lavoratori. Allo studio un accordo con i sindacati e la Mahle per favorire e incentivare l’allontanamento volontario dall’azienda.

Si rimette così in moto il meccanismo perverso che vede le istituzioni accompagnare le chiusure di fabbriche, subire le delocalizzazioni e accettare le crisi aziendali. Anche alla luce della vicenda Whirlpool, diventa sempre più urgente mettere in campo una proposta generale di gestione delle aziende in crisi che salvaguardi occupazione, salari e produzioni e la ritirata dello Stato da questa urgenza appare sempre più inaccettabile.

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