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28/01/2020

Giannuli - Prime riflessioni sul voto alle regionali

Vista la quantità di opinioni, soprattutto nella "sinistra radicale", che il voto emiliano sta producendo (anche se penso sia una sottovalutazione non fare almeno due ragionamenti anche su quello calabrese), val la pena leggere anche l'opinione di un fiformista di ferro ma sempre ben informato come Giannuli.

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Dati ancora incompleti ma sufficienti per ragionarci su. Cominciamo dalle evidenze:

- la “spallata” non c’è stata, il governo resta in piedi e non si voterà in primavera per le politiche;

- Salvini incassa la sua prima sconfitta elettorale dal 2018 e vede incrinata la sua ledership carismatica;

- M5s e Forza Italia praticamente non esistono più;

- il blocco di centro destra esce sconfitto, ma non battuto definitivamente perché vince in Calabria e prende quasi il 45% dei voti nella regione roccaforte della sinistra, per cui è ancora un competitore temibile;

- le “sardine” sono state importanti, anche se probabilmente Bonaccini avrebbe vinto egualmente senza di loro, ma con uno scarto molto inferiore a questo 8%;

- la sinistra radicale è ridotta al lumicino non solo perché le tre liste minori (Potere al Popolo, Pci di Rizzo ecc.) prendono risultati infinitesimali, ma anche perché la sinistra più istituzionale, che appoggiava Bonaccini con la sigla Emilia Romagna coraggiosa, non fa nemmeno il 4%.

E veniamo ai presumibili effetti sulle diverse forze politiche:

Movimento 5 stelle: è la fine che avevo previsto sin dall’autunno del 2018 e le dimissioni di Di Maio non solo non hanno spostato niente in positivo ma hanno aggiunto confusione al casino. Ora, per le prossime regionali (Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania, Puglia) la scelta è partecipare o meno? Se si presentano prendono una sfilza di risultati sotto il 5% ed anche il residuo elettorato inizia a pensare che non vale la pena di votarli neppure alle politiche, se non si presentano, comunque escono dal radar degli elettori e alle politiche prenderanno pochissimo. Di Maio tutti i danni che poteva fare li ha fatti ed ora non c’è salvezza.

Lega: ha ancora una solida base elettorale, ma la sconfitta avrà riflessi psicologici non irrilevanti, inoltre ha di fronte un turno di regionali non proprio agevole: ragionevolmente vincerà in Veneto e Liguria, ma perderà in Toscana ed ha buone probabilità di perdere in Campania se il Pd farà l’accordo con De Magistris ed in Puglia dove Emiliano parte avvantaggiato. Unica partita contendibile quella delle Marche. Se finisse 4 a 2 o anche 3 pari ma con la Lega che vince in una sola delle grandi regioni (Veneto) mentre la sinistra vince in ben tre regioni maggiori (Campania, Toscana e Puglia) non sarebbe affatto un bilancio positivo. Ora è probabile che la Lega cercherà di cambiare strada, rinunciando a puntare sullo scenario nazionale, scegliendo candidati più consistenti dell’inesistente Borgonzoni e parlando di temi legati al territorio. Ma è più facile a dirsi che a farsi: in primo luogo perché devi trovare candidati ad hoc e non pare che la Lega ne abbia in Toscana e soprattutto Campania e Puglia. Poi devi avere alle spalle una storia di iniziative sul terreno locale che la Lega non ha, salvo che in Veneto (che infatti è la regione dove più sicuramente vincerà). Il rischio è quello di non guadagnare voti nell’elettorato più moderato ed attento alle questioni regionali e di perderne fra quelli che vogliono la Lega di lotta sul terreno nazionale.

Ma, soprattutto, la Lega deve attrezzarsi ad una traversata nel deserto di almeno un altro anno, sino alla primavera del 2021 se non di due, sino alla primavera 2022 ed i sondaggi fanno presto a squagliarsi.

Pd: è andato innegabilmente bene in Emilia e se l’è cavicchiata in Calabria, ma questo potrebbe indurlo facilmente in errore, sentendosi il perno del nuovo campo riformista, sottovalutando la possibilità che gli elettori abbiano dato quel voto come parcheggio momentaneo in attesa di meglio.

Zingaretti promette un partito completamente nuovo, staremo a vedere ma non ci sembra una cosa molto credibile. Di fatto in Emilia il Pd ha giocato la carta dell’usato sicuro, del buon governo locale ecc. ma queste sono cose che servono poco in una competizione nazionale.

Sardine: hanno avuto un buon successo anche se non strepitoso, si confermano sangue fresco per la sinistra, però ora devono dirci cosa vogliono fare da grandi. Sin qui ci hanno detto montalianamente “cosa non siamo, cosa non vogliano”. Molto bene, Montale ci è sempre piaciuto, ma adesso diteci qualcosa di più, esclusa (almeno per ora) la scelta di presentarsi direttamente alle elezioni, le scelte sono queste:

- restare movimento più o meno sommariamente organizzato con l’unica proiezione della mobilitazione di piazza;
- diventare movimento organizzato e qualificato da una serie di battaglie tematiche con queste possibili sotto scelte: entrare nel Pd e diventarne la componente movimentista, restare fuori dal Pd ma fiancheggiarlo come le Trade Union con il Labour Party, restare fuori e dare genericamente appoggio a tutte le forze del centro sinistra o solo ad alcune di esse.

Di fatto la prima soluzione è quella più debole: antisalvinismo e piazza vanno bene per i due mesi di una campagna elettorale ma, come insegnano le esperienze dei girotondi, della Pantera, dell’Onda ecc., non reggono oltre una manciata di settimane.

Per cui aspettiamo di vedere che decideranno di fare a Scampia. Degli altri parleremo in una prossima occasione.

Chiedo scusa per la lunga assenza dal blog, ma in altri tempi ero in grado di scrivere un libro e contemporaneamente scrivere il blog, ma adesso con i problemi di vista, faccio una cosa o l’altra, ma a breve tornerò.

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