Nella giornata di ieri in Italia è stata superata la di quota 90mila vittime per Covid-19. Balza agli occhi come si tratti di una strage senza precedenti recenti per una singola malattia infettiva. Il Covid nel nostro paese aveva già fatto 35mila vittime nella prima ondata, ma dopo la “tregua estiva” ha ricominciato a uccidere superando dopo soli due mesi il drammatico dato di febbraio-maggio e provocando altri 55mila morti nella fase attuale. In venti giorni sono morte altre diecimila persone.
Non ci sono paragoni recenti. Ad esempio l’influenza, tante volte citata a sproposito nelle annate più nefaste aveva fatto registrare 6-7.000 vittime.
Sulla mortalità del Covid, in termini assoluti, in testa alla classifica dei decessi ci sono ancora gli USA con 446.885 vittime, seguiti da Brasile (226.309), Messico (159.533), India (154.596), Regno Unito (108.225) e appunto l’Italia con oltre 90mila decessi.
Ma se guardiamo il dato in base al tasso di letalità, ovvero quanti sono i deceduti rispetto ai contagiati, l’Italia con il suo 3,48% risulta esser la situazione tra le peggiori sia in Europa sia nel mondo.
La letalità del Covid nel nostro paese risulta più alta degli Usa (1,69%), ma anche del Regno Unito (2,80%). I dati diventano peggiori tra i paesi equivalenti all’Italia come popolazione, ovvero Messico (8,51%), Iran (4,06) e Perù (3,60%).
Secondo gli ultimi dati del sito Worldometer, nel rapporto tra morti per Covid e popolazione il peggiore è il Belgio (con 1,826 decessi per mille abitanti), seguito dalla Slovenia (1,722), dal Regno Unito (1,606), dalla Repubblica Ceca (1,569) e dall’Italia (1,487).
La domanda sul perché in Italia ci siano tanti morti per Covid rimane ancora senza risposte convincenti.
Durante la prima ondata della pandemia la spiegazione che veniva data si riferiva al fatto – in questo obiettivo – che il nostro Paese era stato travolto per primo dall’ondata pandemica. Le strutture sanitarie erano già al collasso prima della pandemia a causa dei pesantissimi tagli e privatizzazioni effettuati negli scorsi anni, gli ospedali e le Rsa erano stati infettati dal virus prima ancora che le autorità sanitarie se ne accorgessero.
Ma la stessa giustificazione non regge più di fronte alla seconda ondata della pandemia dove le strutture sanitarie erano allertate, lì dove possibile erano state potenziate e il nostro Paese è stato colpito dopo altri paesi.
Un’altra giustificazione che non regge è quella della “socialità” nei comportamenti personali. Ci hanno parlato del ruolo svolto dagli anziani anche come welfare supplementare (per esempio nel tenere i nipoti per la scarsità di asili nido), o dell’abitudine allo “stare insieme” più accentuato rispetto alla “freddezza” dei rapporti sociali nei paesi del Nord Europa. Ma questa spiegazione non regge perché negli altri paesi mediterranei con condizioni e abitudini simili come Spagna, Grecia ecc. la letalità è inferiore a quella dell’Italia ed anche di molto.
Poi ci hanno detto che l’Italia è il paese più anziano d’Europa. Ma anche paesi come Giappone e Germania hanno un altissimo tasso di anziani nella propria popolazione. Secondo i dati ufficiali un italiano alla nascita ha una aspettativa di vita superiore agli 80 anni, ma l’aspettativa in buona salute scende bruscamente a 58,5 anni. Si vive a lungo, ma una volta in pensione si vive male.
A questo dato, come abbiamo denunciato da tempo, è fin troppo evidente quanto abbiano contribuito l’innalzamento dell’età pensionabile e la riduzione degli standard sanitari pubblici. E non è affatto escluso che tali misure puntassero proprio a questo risultato. Un recente studio de Il Sole 24 Ore, rivela come già nel 2020 sono state pagate il 16% di pensioni in meno a causa dei decessi da Covid. Ci hanno accusato di allarmismo ma i dati parlano chiaro.
Dunque risposte convincenti sull’enorme tasso di letalità del Covid in Italia ancora non sono arrivate.
L’unica risposta che sì è fatta strada – denunciata da tempo dalla Fondazione Gimbe e poi addirittura da un dossier dei servizi di intelligence consegnato a Palazzo Chigi – è che ci sia stato e permane un problema di sottostima dei casi reali. A marzo arrivammo al record di decessi giornalieri, quasi mille, con 6.000 positivi e 20mila tamponi al giorno. Al picco di mortalità della seconda ondata, a novembre, siamo tornati a quasi mille morti giornalieri, ma con vette di 35mila-40mila casi quotidiani e 200mila tamponi. Indice evidente che nella prima ondata venivano “pescati” pochissimi casi rispetto a quelli reali: non a caso nella prima fase i decessi, che furono oltre 35mila, erano addirittura l’11% dei casi rilevati (che però realisticamente erano almeno dieci volte di più), mentre le 55mila vittime di questa seconda ondata sono meno del 2% del totale dei casi.
Sembrerebbe quindi una questione di denominatore sui calcoli tra contagiati e morti da Covid. Ma come risposta non può bastare. Inoltre la subalternità ai tempi e agli interessi delle multinazionali del Big Pharma sui vaccini, sta creando caos e ritardi inaccettabili sul programma delle vaccinazioni anti Covid.
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