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17/02/2021

Il ministro Cingolani: transizione ecologica e ambientalismo di facciata

Ministero della Transizione Ecologica. Questo è il nome del nuovo dicastero scaturito dalle consultazioni del nuovo Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il Movimento 5 Stelle. Come reso noto da Beppe Grillo che ha guidato la pattuglia pentastellata al colloquio con Draghi.

Per questa poltrona, forse la più misteriosa, Mario Draghi ha scelto il fisico Roberto Cingolani, nato a Milano 59 anni fa. Sarà lui il nuovo ministro della Transizione Ecologica.

Chi è Cingolani?

Dopo un inizio di carriera tra Germania, Giappone e Puglia, dove ha diretto il Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce, negli ultimi tempi Cingolani era responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo Spa. Ma il suo nome e il suo curriculum sono indissolubilmente legati all’Istituto Italiano di Tecnologie (IIT) di Genova. Dell’IIT, Cingolani è stato direttore scientifico dalla fondazione, voluta nel 2005 dall’allora ministra della Ricerca Scientifica Letizia Moratti e da quello dell’economia Giulio Tremonti, fino al 2019. Sotto la sua direzione, l’IIT ha sviluppato diverse linee di ricerca, anche di un certo rilievo, soprattutto nel campo delle nanotecnologie, delle neuroscienze e della robotica. Ma l’ente, e il suo direttore, sono stati spesso al centro di polemiche per la natura ibrida di ente statale a statuto privato. Con la legge che ne decretò la nascita, il governo assegnò all’IIT un finanziamento di 100 milioni di euro per dieci anni, e oggi ci lavorano circa 1500 ricercatori, distribuiti in varie sedi sul territorio italiano.

La gestione Cingolani è stata duramente criticata da altri esponenti della comunità scientifica italiana. Le accuse più dure sono arrivate dalla biologa molecolare e senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha accusato l’IIT di procedure di reclutamento poco trasparenti e di una gestione disinvolta dei fondi ricevuti. Secondo la senatrice, infatti, l’Istituto avrebbe accantonato in banca circa 400 milioni di euro, soldi pubblici destinati alla ricerca. Sempre secondo le accuse di Cattaneo, l’accesso ai finanziamenti pubblici alla ricerca dell’IIT targato Cingolani non avrebbe seguito le normali procedure a cui devono sottostare gli istituti di ricerca di tutto il mondo, che hanno l’obbligo di sottoporre i propri progetti di ricerca alla valutazione della comunità scientifica prima di ricevere i fondi.

Il nuovo ministro è un volto ‘nuovo’, non noto, ma non per questo distante dalla politica. Anzi, negli ultimi anni Cingolani ha frequentato più di una volta le stanze della politica. A volerlo al ministero è stata Italia Viva, con il cui fondatore Cingolani ha da tempo un ottimo rapporto: da premier, Matteo Renzi affidò all’IIT di Cingolani la progettazione del polo scientifico Human Technopole, sorto sull’area milanese dell’ex-Expo. Fu poi l’amministratore delegato Alessandro Profumo (nominato da Renzi) a condurlo alla Leonardo, che fornisce tecnologie militari aeree, navali e spaziali all’Arabia Saudita tanto cara a Renzi.

Il feeling tra Renzi e Cingolani, nel 2019, ha anche portato il fisico sul palco della kermesse della Leopolda. Curiosamente, anche il Movimento 5 Stelle rivendica la nomina di Cingolani parlando di «un profilo e un risultato che abbiamo fortemente voluto». Altri dal M5S assicurano che sarebbe stato Beppe Grillo in persona a indicarlo a Draghi. Prima di Draghi, però, anche il governo giallo-rosso aveva reclutato Cingolani nella task force guidata da Vittorio Colao e incaricata di scrivere un piano di rilancio dell’Italia post-pandemia. I due si ritroveranno fianco a fianco nel prossimo consiglio dei ministri, dove potranno forse ricostruire che fine abbia fatto quel piano.

Operazione di facciata?

Il super ministero mega galattico promesso agli iscritti del Movimento 5 Stelle in realtà non c’è, quella Cingolani appare più come un’operazione di facciata.

Lo ammette in un post anche Davide Casaleggio, intervenendo nella polemica che riguarda il quesito formulato per la votazione su Rousseau, che ha indotto quasi il 60% dei votanti a dire sì al governo Draghi.

Chi si occupa della questione ambientale non mostra soddisfazione per il nuovo ministero guidato da Cingolani.

I media, così come la politica, guardano alla transizione ecologica come i primitivi di Kubrick guardavano il monolite. Un feticcio strano, un vuoto da riempire di senso. Ma quel senso, in teste mai abituate a pensare davvero l’ecologia, sarà costruito nella cornice del paradigma dominante che abitano da tempo con gran piacere e comodità.

Nella transizione ecologica c’è conflitto, ribaltamento dello sguardo, conversione interiore e collettiva da sistemi gerarchici a meccanismi cooperativi. Nulla di tutto ciò troverà posto nella narrazione di questa fase e nelle politiche di recupero dalla pandemia. Per non parlare di quelle dirette a rispondere alla crisi ecologica.

Il ciclo di accumulazione proseguirà con nuove mete, ma con metodi tradizionalissimi. Sommersi e salvati continueranno a esistere, in una evoluzione (?) più che darwiniana, cioè non “naturale”, ma artificiale e progettata, sotto la bandiera della “transizione ecologica”. E tutto grazie alla trovata disperata di un giullare pronto ad affossare un passaggio storico promettente pur di restare alla corte del re.

Una menzione speciale va all’ambientalismo mainstream, che ha teso avidamente la mano verso i trenta denari invece di porsi fuori dal perimetro dell’ammucchiata tossica. È più che evidente come fra l’ambientalismo e l’ecologia ci sia un abisso incolmabile, frutto della settorializzazione estrema e del tragico assassinio del pensiero sistemico.

Diceva Chavez che se il clima fosse stato una banca lo avrebbero già salvato.

Salveranno la banca, facendo illudere che l’ambiente si possa salvare senza ribaltare il sistema.

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