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20/02/2021

Sorpresa! Solo un’impresa su dieci pensa di licenziare

Alla luce dei piagnistei di imprese e imprenditori ai quali assistiamo quasi quotidianamente, solo un’azienda italiana su dieci (12%) prevede di ridurre i dipendenti mentre solo il 5% pensa alla chiusura. Questi dati, piuttosto sorprendenti, emergono da un sondaggio condotto nell’ambito dall’Osservatorio Legacoop insieme all’Ipsos.

Tra le maggiori difficoltà indicate dalle imprese nell’affrontare le conseguenze economiche della pandemia ci sono quella di trovare nuovi clienti (22%), il peso dei vincoli normativi, l’aumento dei costi di produzione o del lavoro (entrambi al 14%) e il rispetto delle regole per la prevenzione del contagio da Covid 19 (13%).

Quanto alle prospettive per il futuro a breve termine, più della metà (53% ma con punte del 69% al Nord Est e al Centro Nord) pensa che la situazione della propria attività resterà negativa o peggiorerà.

Un terzo del campione (con una punta del 50% nelle imprese con più di 50 dipendenti) invece nutre aspettative di segno opposto, prevedendo una maggiore stabilità (anche se resta minoritaria la quota di chi ha fiducia in un possibile miglioramento, il 15%).

In termini occupazionali, se il 66% ritiene che manterrà invariato il numero dei dipendenti, solo la metà di quelle che prevede di ridurlo pensa invece che amplierà la sua squadra (6%).

Il sondaggio, infine, ha presentato un focus sullo smart working con una comparazione sul ricorso a questa tipologia di prestazione lavorativa nel 2020 rispetto al 2019 e le previsioni per il 2021 rispetto al 2020: “Nel 2020, il 38% dichiara di averlo aumentato rispetto al 2019 (il 67% nelle imprese con oltre 50 dipendenti), il 53% di averlo mantenuto invariato (il 58% per gli under 30) e il 9% di averlo diminuito. Riguardo alle previsioni per il 2021 rispetto al 2020, il 13% pensa di aumentare il ricorso allo smart working (18% nel Nord Ovest), il 73% di lasciarlo invariato (92% nel Nord Est) e il 14% di diminuirlo (il 22% nel Centro Sud)”.

È sempre vero che i sondaggi vanno presi con le pinze, ma il risultato di questo rilevamento tra le imprese italiane – condotti da addetti ai lavori tra addetti ai lavori, e non su generiche “opinioni” – appare decisamente in controtendenza rispetto alla narrativa dominante ed in particolare al quotidiano “chiagni e fotti” che imprese e imprenditori ci rifilano sia sui telegiornali che negli incontri pubblici.

Delle due l’una: o la minaccia del governo Draghi di spazzare via le cosiddette “imprese zombie” ne ha spaventata più di qualcuna, ragione per cui alle lagnanze hanno rapidamente sostituito dichiarazioni di sana e robusta costituzione; oppure si conferma come i problemi di tenuta più seri avvengano solo nel settore delle piccole imprese, mentre quelle dai 50 dipendenti in su, nonostante le difficoltà della pandemia, godono di una salute migliore di quella che vogliono farci credere.

Del resto anche i recenti dati sulla produzione e sulle esportazioni hanno rivelato come nonostante la pandemia, la situazione economica – dal lato delle imprese – sia molto meno drammatica di quanto immaginato o diffuso ad arte.

Opposta, invece, è la situazione dal lato dei lavoratori e delle loro famiglie, dove il crollo dei redditi, la disoccupazione, il crescente impoverimento sta infliggendo ferite sociali molto profonde.

In tale contesto chi, come Confindustria, vuole spazzare via misure come il reddito di cittadinanza e tornare a licenziare (magari solo nel settore manifatturiero), vanno stoppate con forza, e con ogni mezzo necessario.

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