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27/02/2021

I fuoriusciti del M5S dichiarano guerra a “Tina”. Ne derivano grandi responsabilità

Quaranta anni fa, Margaret Thatcher gelò il sangue nelle vene di intere generazioni, affermando che al mondo che andava conformandosi intorno ad un brutale neoliberismo, “There Is Not Alternative” (poi abbreviato in “Tina”), non ci sono alternative.

L’ipoteca minacciosa del Tina ha continuato a pesare sulle sorti delle società occidentali, dotandosi di una ideologia conseguente che ha frantumato le fragili difese immunitarie di una sinistra fin troppo disponibile ad abbracciare Tina senza fare troppe resistenze.

In Italia è stata una regressione a volte lenta e logorante, passata soprattutto attraverso i governi Prodi e le alleanze locali con i liberal del Pd nelle regioni e nei comuni. L’ineluttabilità di Tina è così diventata una permanente ritirata sul “meno peggio”, che in realtà è stato quasi sempre peggiore dei fantasmi che si volevano esorcizzare.

A questa capitolazione non si sono però sottratti i nuovi movimenti definiti “populisti”, nati sulla base di generici principi ordinatori, come “basso contro alto”, “popoli contro élite”, ecc.

Ultimo a capitolare, in ordine di tempo, è stato il M5S e lo ha fatto fragorosamente. In una recente intervista, il suo esponente principale e ministro da tre governi, Luigi Di Maio, ha affermato che il M5S è ormai un movimento moderato e liberale e che la fedeltà ad europeismo, euro e atlantismo non sono più in discussione. Un rovesciamento a 180 gradi rispetto alle premesse. Che evidentemente erano molto fragili...

A questa dichiarazione ha replicato il deputato Pino Cabras, uscito insieme ad altri dal M5S in opposizione al governo Draghi, il quale commentando l’intervista di Di Maio afferma che questa è ormai diventata una linea politica “imbevuta di un atlantismo docile, da vassalli addomesticati, pronti ai fantomatici ‘Stati Uniti d’Europa’, come l’ultraliberista Bonino o un qualsiasi PD. La chiama evoluzione. E liquida la posizione che pure lo ha portato lì come roba da ‘nostalgici dell’Italexit'”.

Secondo Cabras con quella intervista a La Repubblica, “Di Maio ha voluto dare il sigillo allo strappo già consumato in quattrocento giorni dal segnaposto Crimi, che ha preparato il terreno per l’assunzione del M5S nell’eterna palude del moderatismo. L’ennesimo partito fedele ai desideri del sistema di potere dominante, ai padroni del vapore e al vincolo esterno europeo in base alla versione italiota, che prevede subalternità. Non ci stancheremo di dirlo: l’Alternativa c’è!”.

Ribattendo a Di Maio, Cabras accenna non solo ad una visione radicalmente diversa, ma anche alla nascita di un gruppo parlamentare alla Camera e al Senato che si chiamerà appunto “L’Alternativa c’è”.

Ne fanno parte un pugno di deputati e senatori che ancora non possono conformarsi come gruppo parlamentare autonomo, a causa dei regolamenti delle due Camere, ma che a questo obiettivo stanno lavorando. Per ora sono una componente del Gruppo Misto.

Rispondendo alle domande di Agata Iacono su L’Antidiplomatico, alcuni dei senatori hanno cominciato a delineare la fisionomia del gruppo “L’Alternativa c’è”.

Il senatore Mattia Crucioli ha così riassunto i punti cardine programmatici del nuovo gruppo: “Un europeismo non fideistico e ben attento al reale interesse del popolo italiano. Lotta all’austerità, alle diseguaglianze e alle privatizzazioni, tutela dei beni pubblici”.

Ma a chi intende parlare e con chi vuole interloquire il nuovo gruppo “L’Alternativa c’è”? Secondo il senatore Fabrizio Ortis “A quella parte della società che pensa si possa interrompere il processo di trasformazione dei cittadini in consumatori, e a chiunque voglia portare al centro della scena politica quel nuovo umanesimo di cui parlava Conte prima di essere defenestrato da Palazzo Chigi”.

Ma Tina non è mai stata una prospettiva affascinante, soprattutto quando ha voluto dichiarare che con essa era “finita la storia”. Al contrario è la gabbia ideologica e politica da rompere.

La pandemia di Covid-19, e la crisi di civilizzazione nei paesi a capitalismo avanzato che l’ha preceduta, hanno rivelato tutte le vulnerabilità del sistema dominante e fatto riemergere con forza proprio la necessità di una alternativa. Ed è chiaro che gli antichi architravi dell’ideologia grillina non possono essere semplicemente “conservati” in opposizione diretta al padre fondatore.

La definizione che i parlamentari fuoriusciti dal M5S si sono dati – L’Alternativa c’è – appare pertanto estremamente impegnativa. Adesso hanno una grande responsabilità.

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