20/02/2021
Pandemia: il fallimento del modello Conte annuncia quello di Draghi
Come al solito ogni venerdì c’è la trattativa. Sì, perché di vera e proprio trattativa si tratta – e già questo fa un po’ senso – tra governo e regioni su come “colorare” le regioni. Nel frattempo tutti i dati scientifici, e soprattutto l’esperienza diretta dei medici, ci dicono che sta cominciando la terza ondata del Covid, quella delle “varianti”, che potrebbe essere fermata solo da una rapidissima vaccinazione di massa.
Cosa che però esiste solo negli annunci dei governanti italiani e delle autorità UE. Oppure con lockdown totali, come in Cina, Vietnam, Cuba, e se si ha paura di parlar bene dei comunisti, come in Nuova Zelanda.
In Italia il solo lockdown completo e vero è stato adottato a Codogno e dintorni, in Lombardia, e Vo’ Euganeo in Veneto, all’inizio della pandemia, nel 2020. E in questi due luoghi il virus era stato stroncato, a dimostrazione che l’esperienza umana millenaria dell’isolamento dei contagi vale ancora qualcosa, in questo mondo senza memoria, dove persino i NoVax divinizzano la tecnologia.
Allora ci fu il colpevole rifiuto di Conte e Fontana, su pressione di Confindustria, di chiudere ampie zone di Bergamo e Brescia, quando il dilagare del virus poteva ancora essere fermato. Infine, di fronte al velocissimo espandersi del contagio, con il sistema sanitario al collasso, fu proclamato il lockdown nazionale che tutti ancora ricordiamo.
Solo che il ricordo di un “blocco totale” è falso, perché mentre stavamo a casa e le tv ci facevano vedere gli elicotteri che inseguivano un corridore solitario sulla spiaggia, nella Lombardia, dove era concentrato il massimo del contagio, una parte rilevante di attività anche non essenziali continuava a produrre.
Per non chiudere davvero tutto dove era più forte il virus, si chiudeva parzialmente dappertutto. Così vedevamo i cervi passeggiare per i paesi deserti della montagna abruzzese, mentre i dati sul traffico a Milano dicevano che esso era ancora al 40% del normale.
Ciò nonostante, siccome l’isolamento è comunque efficace contro la pandemia, a maggio i contagi erano drasticamente calati. Allora si decise di riaprire tutto, nonostante gli esperti cinesi e i vituperati Crisanti e Galli ci dicessero che era troppo presto.
D’altra parte i luminari Zangrillo, Bassetti, Palù, dichiaravano il virus clinicamente morto. Così siamo ripartiti come se il Covid non ci fosse più, come diceva una signora ballando in spiaggia e per questo diventata famosa.
In realtà il Covid c’era ancora, lo dicevano i nuovi contagi, bassi ma persistenti, e i morti, nemmeno per un giorno scesi a zero.
Il 15 agosto 2020 la curva è ripartita verso l’alto e il governo si è trovato di fronte al chiaro segno che stava arrivando una nuova ondata. A quel punto Conte ha annunciato la scelta POLITICA di non fare più i lockdown e ha assunto ufficialmente il principio di “convivere” con il virus.
Qui naturalmente si è dovuto mistificare le parole e la realtà. Immaginate se Conte avesse usato lo stesso linguaggio iniziale del primo ministro britannico Johnson, che a marzo aveva chiesto al paese di abituarsi a perdere i propri cari.
Immaginate se Conte avesse detto ciò che scientificamente era prevedibile, cioè che convivere con il virus avrebbe comportato giungere almeno a centomila morti. Su di lui sarebbe piombata la giusta ondata di disgusto che accompagnò le frasi di Johnson.
Così Conte e tutta la classe dirigente, compresi i burocrati a capo del sistema sanitario, si sono ben guardati dal dire la verità su ciò che si preparava e hanno coniato un nuovo termine per definire la strategia anti Covid: “mitigazione”.
Mitigare non significa fermare, ma solo rendere meno pesanti gli effetti di un male. Così la conciliazione tra salute e mercato, rivendicata come principio (mostruoso) da tutta la classe dirigente, aveva la sua sanzione pseudoscientifica.
Per “mitigare” gli effetti del virus il ministro Speranza ed il Comitato Tecnico Scientifico hanno copiato il modello inventato dal governo di Macron in Francia, poi adottato da gran parte dei paesi UE. Cioè le famose colorazioni territoriali diverse.
Il fatto è che due sono gli errori di fondo di questo sistema. Il primo è che le “zone rosse” non sono tali; fermano scuole, cultura e sport, piccoli esercizi commerciali, e lasciano andare tutto il resto, che permette la più ampia circolazione del virus.
In secondo luogo la definizione del colore della zona avviene sempre quando i buoi sono scappati dalla stalla, cioè quando la zona gialla è servita da incubazione per una nuova esplosione della pandemia. MANCA QUALSIASI STRATEGIA DI PREVENZIONE.
Se a questo aggiungiamo poi il mercato che avviene tra governo e regioni sui colori, con i presidenti regionali che considerano un’offesa al territorio il cambio di colore in peggio, ci rendiamo conto che sono le scelte politiche ad aver deciso come sarebbe andata la pandemia nel nostro paese. E sono esse la causa del fallimento nel contenerla.
Si dirà che questa strategia della mitigazione ha permesso di ridurre i danni economici. Ma non è così; anzi oltre alla strage abbiamo oggi un logoramento profondo del tessuto economico e anche un logoramento psicologico di massa.
Perché non si è mai tentato di applicare il modello cinese di chiusure mirate, preventive e totali? Oggi in Cina si va al cinema e al bar, ma appena c’è un solo contagio si fermano milioni di persone. Perché ciò che è stato possibile per un paese immenso con quasi un miliardo e mezzo di abitanti, non si è nemmeno tentato in Italia e in Europa, usando tutta la nostra cultura e organizzazione?
La verità è che l’alternativa reale in campo non è mai stata quella tra lockdown e “liberi tutti”, come nel finto scontro tra governanti e ribelli alla “dittatura sanitaria”. La realtà delle scelte è quello tra lockdown tempestivi e veri, anche ridotti nel tempo, e le mezze chiusure attuate da gran parte dei governi europei, che durano all’infinito perché non risolvono niente.
La strategia di Conte, Speranza e di gran parte dei paesi dell’Unione Europea si è rivelata fallimentare; e paradossalmente proprio il voler mitigare la pandemia senza lockdown ha prodotto più danni economici di un lockdown vero.
Ora il nuovo governo eredita tutto il fallimento di quello precedente e se ne compiace, già preparandosi a fare le stesse cose. Alla fine sarà il virus a decidere e neppure Draghi, migliore espressione di un’Europa che ha sinora fatto acqua da tutte le parti, potrà evitare il duro impatto con la realtà.
Se saremo fortunati e ci sarà un rallentamento dei contagi, cosa attualmente non prevedibile, si potrà continuare con la matita di vari colori, e con una costante di morti a cui ci stiamo abituando.
Se invece ci sarà un nuovo collasso sanitario, che già si annuncia in alcuni territori e regioni, allora dovranno decidere il lockdown con il massimo di ritardo e nelle condizioni peggiori.
Parafrasando un giudizio storico, hanno rinunciato alla salute per salvare l’economia, e abbiamo perso sia la salute che l’economia.
Fonte
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento