Barbara Gallavotti è una brava biologa e divulgatrice scientifica, tanto da diventare autrice – fra gli altri – di SuperQuark, storica trasmissione televisiva inventata e diretta per anni da Piero Angela. Detto senza riserve, la parte migliore della televisione, un autentico “casco di ossigeno” in mezzo ai miasmi...
La sua competenza è al di sopra di ogni sospetto, e dunque la scivolata in cui è incorsa durante la puntata del 23 febbraio, in DiMartedì, non può essere imputata all’approssimazione. Come i nostri lettori sapranno, Gallavotti ha contestato a Marta Collot la definizione di “vaccino” per Soberana, in corso di sviluppo a Cuba, affermando che “era in fase 1” e dunque era solo “una speranza di vaccino”.
Potremmo rispondere che in Italia, invece, non “abbiamo neanche la speranza” di un vaccino, ma una risposta del genere può andar bene in un dibattito televisivo, non ragionando scientificamente.
Sui social, il giorno dopo, Barbara Gallavotti ha ammesso di essere incappata in una “svista”, perché Soberana ha completato anche la “fase 2” dell’iter di verifica clinica e sta iniziando la terza e definitiva. Ma che “comunque non cambia la sostanza, quello cubano è ancora una speranza di vaccino“, pur augurandosi – e ci mancherebbe – che “diventi una certezza“.
Per una persona con le sue conoscenze ciò significa che, a meno di sorprese imprevedibili (sempre possibili, nel procedere concreto dell’attività scientifica), “ci siamo quasi”. Qualcosa di molto più materiale di una “speranza”, insomma, anche se non ancora una “certezza” confermata dalla doverosa peer review.
Questo per dire che tra “speranza” e “certezza” la strada è lunga, ma nel valutare un progetto di ricerca si deve vedere se ci si trova più vicini ai “primi passi” oppure agli ultimi. E Soberana 02 è sicuramente più vicino alla meta.
Abbiamo già spiegato a nostro modo la “svista” di Gallavotti, addebitandola a “prudenza geostrategica”. Insomma, di Cuba e di altri paesi variamente socialisti non si deve parlar bene in nessun caso, sulle principali tv italiane. Lo sanno tutti i protagonisti abituali dei talk show, lo sanno meglio di tutti i conduttori, in contatto diretto con la proprietà (La7 fa parte del gruppo Cairo-Corriere della Sera). Da questo non si può derogare. Neanche uno scienziato di valore se lo può permettere.
E per fortuna che siamo un paese dove vige, in teoria, la “libertà di espressione”... Sul vaccino di Cuba, da parte nostra, pubblichiamo qui un articolo recentissimo apparso sul quotidiano argentino Pagina 12, che dà conto degli ultimi sviluppi.
La sua competenza è al di sopra di ogni sospetto, e dunque la scivolata in cui è incorsa durante la puntata del 23 febbraio, in DiMartedì, non può essere imputata all’approssimazione. Come i nostri lettori sapranno, Gallavotti ha contestato a Marta Collot la definizione di “vaccino” per Soberana, in corso di sviluppo a Cuba, affermando che “era in fase 1” e dunque era solo “una speranza di vaccino”.
Potremmo rispondere che in Italia, invece, non “abbiamo neanche la speranza” di un vaccino, ma una risposta del genere può andar bene in un dibattito televisivo, non ragionando scientificamente.
Sui social, il giorno dopo, Barbara Gallavotti ha ammesso di essere incappata in una “svista”, perché Soberana ha completato anche la “fase 2” dell’iter di verifica clinica e sta iniziando la terza e definitiva. Ma che “comunque non cambia la sostanza, quello cubano è ancora una speranza di vaccino“, pur augurandosi – e ci mancherebbe – che “diventi una certezza“.
Per una persona con le sue conoscenze ciò significa che, a meno di sorprese imprevedibili (sempre possibili, nel procedere concreto dell’attività scientifica), “ci siamo quasi”. Qualcosa di molto più materiale di una “speranza”, insomma, anche se non ancora una “certezza” confermata dalla doverosa peer review.
Questo per dire che tra “speranza” e “certezza” la strada è lunga, ma nel valutare un progetto di ricerca si deve vedere se ci si trova più vicini ai “primi passi” oppure agli ultimi. E Soberana 02 è sicuramente più vicino alla meta.
Abbiamo già spiegato a nostro modo la “svista” di Gallavotti, addebitandola a “prudenza geostrategica”. Insomma, di Cuba e di altri paesi variamente socialisti non si deve parlar bene in nessun caso, sulle principali tv italiane. Lo sanno tutti i protagonisti abituali dei talk show, lo sanno meglio di tutti i conduttori, in contatto diretto con la proprietà (La7 fa parte del gruppo Cairo-Corriere della Sera). Da questo non si può derogare. Neanche uno scienziato di valore se lo può permettere.
E per fortuna che siamo un paese dove vige, in teoria, la “libertà di espressione”... Sul vaccino di Cuba, da parte nostra, pubblichiamo qui un articolo recentissimo apparso sul quotidiano argentino Pagina 12, che dà conto degli ultimi sviluppi.
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A pochi giorni dall’inizio dell’ultima fase della sperimentazione clinica di Soberana 02, che ha tutte le carte in regola per essere il primo vaccino completamente sviluppato in America Latina, la comunità scientifica cubana ha confermato di aspettarsi una produzione di 100 milioni di dosi per quest’anno.
“Si tratta di condividere con il mondo quello che siamo, la risposta che Cuba può dare al problema della pandemia“, ha riflettuto Rolando Pérez Rodríguez, dottore in Scienze Biologiche e Direttore Scienza e Innovazione dell’azienda BioCubaFarma, in dialogo con Página 12.
“Saremo in grado di vaccinare l’intera popolazione entro la fine dell’anno ma avremo anche la capacità produttiva per offrirla ad altri paesi che lo richiedono“, ha detto lo specialista. Alla fine di marzo, un altro dei vaccini cubani, Abdala, sviluppato dal Center for Genetic Engineering and Biotechnology (CIGB), si unirà alla terza fase della sperimentazione clinica.
BioCubaFarma, fondata nel 2012, è una società statale che riunisce 32 aziende del settore biotecnologico e dell’industria farmaceutica cubana. Con 20mila lavoratori, esporta più di 300 prodotti in 50 paesi e ha al suo attivo circa 700 cartelle cliniche. Da quando il coronavirus ha iniziato a diffondersi in tutto il mondo, le sue risorse si sono concentrate sulla gestione della pandemia.
Da un lato, lo sviluppo di vaccini – quattro dei quali in fase avanzata – e dall’altro la produzione di farmaci per affrontare le infezioni e gli sforzi per aumentare la capacità diagnostica, che hanno portato al raggiungimento di una delle più basse mortalità nel mondo – con solo 300 morti in totale fino a questo lunedì – nonostante l’aumento dei contagi nelle ultime settimane, quando da 12mila casi, Cuba ne aveva più di 45mila.
Perché sviluppare il tuo vaccino?
Diversi motivi convergono. A Cuba, uno dei punti di forza dell’industria biotecnologica è proprio lo sviluppo dei vaccini. Inoltre, dal momento in cui si sono iniziati potenziali accordi nel resto del mondo, a prezzi altissimi, per acquistare vaccini che ancora non esistevano, ci siamo resi conto che non lo avremmo raggiunto.
Per noi il blocco economico degli Stati Uniti, soprattutto in questo ultimo periodo – durante il governo di Donald Trump – complica l’accesso a determinati prodotti e non sempre riusciamo a raggiungere il fornitore più adatto, questo si aggiunge al fatto che stiamo vivendo un carenza globale di alcune forniture, come le siringhe.
Nonostante questa difficoltà, abbiamo fatto progressi. L’idea del vaccino è quella di poter dimostrare che proprio come Cuba ha bisogno del resto del mondo, può anche contribuire molto.
Finora, tra le decine di indagini per sviluppare un antigene contro il coronavirus, sono in sviluppo quattro vaccini cubani. Due sono responsabili del Finlay Vaccine Institute (IFV), Sovereign 02, con 150mila dosi pronte per l’inizio della terza fase di sperimentazione clinica, e Sovereign 01, ancora nella prima fase di sperimentazione umana. Gli altri due sono responsabili del CIGB: il Mambisa, diverso per la sua caratteristica di spray nasale, e l’Abdala, che inizia l’ultima fase di prove su larga scala sugli esseri umani alla fine di marzo.
I quattro vaccini candidati utilizzano la proteina RBD come antigene, che lega il corpo virale con la cellula umana. Sia per Abdala che per Sovereign 02 gli specialisti prevedono l’applicazione di tre dosi, con un programma di immunizzazione di 0-28-56 giorni, anche se per il primo valutano ancora un programma più breve, di 0-14-28 giorni.
Come sta il Soberana 02?
La cosa più importante è che sia una piattaforma sicura. Finora non ha mostrato effetti negativi. È un vaccino a subunità coniugata, basato sulla proteina RBD, che è una subunità di dominio della proteina S, con il termine “spike” (Spike), in inglese. RBD, legandosi al recettore, consente al virus di entrare nella cellula umana. Il vaccino inibisce questo legame, generando anticorpi neutralizzanti. Abbiamo scelto questo tipo di vaccino basato su proteine ricombinanti perché abbiamo esperienza con la stessa tecnologia in ricerche precedenti, contro altri virus, e le capacità non solo di indagare, ma di portare la produzione su scala industriale.
Quando inizierà ad essere somministrato in modo massiccio?
Per prima cosa dobbiamo passare attraverso la fase 3, che, poiché c’è più incidenza del virus nel paese, sebbene questa sia una cattiva notizia per la società, facilita lo studio clinico. Per questa fase produciamo 150 mila dosi.
Parallelamente, aumenteremo le prove di efficacia con prove in aree che sappiamo avere una maggiore complessità epidemiologica a causa della densità di popolazione. E nel frattempo stiamo facendo progressi nella protezione, immunizzando migliaia di persone.
Per il mese di giugno ci saranno i risultati, per la registrazione e l’uso massiccio del vaccino, e dal secondo semestre potremo immunizzare l’intera popolazione, fornendo anche le dosi ai Paesi che lo richiedono. La capacità produttiva che abbiamo per questo tipo di vaccino è davvero grande, che utilizza solo un quinto di un anticorpo.
Per questa fase della sperimentazione clinica, l’IFV – sotto l’orbita di BioCubaFarma – ha firmato un accordo con l’Istituto Pasteur dell’Iran, per inviare un contingente di dose di Sovereign 02 come parte delle sperimentazioni sui vaccini. L’Iran è uno dei paesi del Medio Oriente più colpiti dal coronavirus. La campagna di vaccinazione con il vaccino russo Sputnik V è iniziata all’inizio di questo mese.
Il Soberana 02 arriverà in Argentina?
Non vedo perché no. È ancora prematuro parlare di distribuzione, perché occorre vedere come viene registrato il vaccino e quali paesi accettano l’autorizzazione dell’ente locale. Sono molte le parti interessate nella regione, ma non sono ancora stati raggiunti accordi particolari.
Cuba ha una lunga tradizione nel campo delle biotecnologie: è stato il primo paese a eradicare la poliomielite, ha sviluppato il primo vaccino contro la meningite alla fine degli anni ’80 ed è riuscita a produrre il proprio vaccino contro l’epatite B nel 1990. Cos’era? La chiave dello sviluppo del vaccino?
L’esperienza in altre indagini ci ha permesso di avanzare con una certa velocità, ma è stato anche il prodotto del coordinamento tra le aziende e il Polo Scientifico, lavoriamo sempre in modo integrato, in una filiera produttiva che valorizza e accelera i progetti.
Nel caso dei due vaccini all’orizzonte – Soberana 02 e Abdala – i responsabili della produzione su larga scala sono il Centro Nazionale per le Biopreparazioni (Biocen) e il Laboratorio Aica, ma sempre in coordinamento con le altre istituzioni che sono state parte dell’indagine.
Oltre ai quattro vaccini in fase avanzata, ce ne sono altri in corso?
Sì, siamo favorevoli a non interrompere le indagini. Esistono già nuovi ceppi del virus che potrebbero essere resistenti ai vaccini, se continuiamo a indagare, possiamo prevenire il problema. Ci sono altri sviluppi su cui continuiamo a lavorare a livello preclinico, vaccini che potrebbero essere ricombinati per combattere i ceppi più resistenti.
Stiamo anche iniziando la seconda fase delle sperimentazioni del Sovereign 02 nella popolazione pediatrica, che a Cuba è considerata dalla scuola materna ai 19 anni, ma ora dobbiamo concentrarci sulla cosa più urgente, che è quella di avanzare rapidamente con la produzione in per iniziare la vaccinazione massiccia.
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