Giovedi si è tenuta una riunione dei ministri della Difesa dell’Unione Europea in preparazione del vertice formale del 28 maggio. La riunione è approdata ad una decisione piuttosto anomala ma indicativa del nuovo clima atlantista che si respira. Infatti è stata decisa l’accettazione della richiesta degli Usa di aderire ad un progetto della Permanent Structured Cooperation (Pesco), una delle due principali iniziative della difesa europea.
La newsletter Affari Internazionali, ricorda che la Pesco è nata nel 2017 per favorire la cooperazione militare tra gli Stati membri dell’Unione, con importanti risvolti industriali e tecnologici, in una prospettiva di integrazione delle rispettive forze armate a sostegno della politica europea di sicurezza e difesa e delle missioni dell’Ue. Vi partecipano tutti gli Stati membri tranne Danimarca e Malta, e in due anni sono stati avviati 47 progetti di cooperazione militare a geometria variabile a seconda degli interessi dei paesi europei partecipanti.
La domanda che molti giustamente si pongono è: cosa c’entrano e cosa vogliono dunque gli Stati Uniti? Come noto, secondo la Francia la Pesco punta ad essere uno dei pilastri della autonomia strategica della Ue proprio rispetto agli Usa. Non solo. Essa deve spingere l’Unione Europea a maggiori ambizioni globali, fungere da motore per un maggiore impegno militare in Africa e al rafforzamento dell’industria della difesa europea.
Diversamente, e proprio per non lasciare alla Francia la leadership sul piano politico/militare, la Germania, l’Italia e i paesi dell’Europa dell’Est vedono nella Pesco solo un contributo agli stati membri per sviluppare migliori e maggiori capacità militari, che poi possono essere impiegate tanto in missioni Ue che nel quadro Nato, in quella che viene definita come logica win-win tra l’Unione Europea e la Nato.
È bene sapere che alcuni progetti della Pesco sono pienamente integrati in un’ottica di sinergia con la Nato, come l’iniziativa Twister per sviluppare sensori spaziali e intercettori endo-atmosferici europei da integrare nella difesa missilistica Nato. Altre iniziative sono funzionali sia alle forze armate europee sia alla Nato, ma sono anche in aperta competizione con l’industria della difesa statunitense. È il caso del drone Euromale sviluppato da Francia, Germania, Italia e Spagna e che dovrebbe fornire un’alternativa ai droni statunitensi.
Le posizioni delle varie amministrazioni statunitensi negli ultimi venti anni su questa ambizione all’autonomia strategica europea rispetto agli Usa, sono state oscillanti. Bush l’ha contrastata, Obama l’ha assecondata, Trump ha alternato sganassoni e disimpegno dall’Europa. La nuova amministrazione Biden invece sta tornando ai fasti della vecchia Alleanza Atlantica in funzione antirussa e anticinese dove immagina gli Stati Uniti ancora in posizione di primus inter pares.
Gli USA, come abbiamo già scritto su questo giornale, puntano soprattutto a rafforzare il progetto Pesco sulla mobilità militare in Europa, al fine di adeguare le infrastrutture europee (vedi il Tav) ed il quadro normativo per ottenere una più funzionale mobilità delle unità e degli equipaggiamenti militari nell’Unione Europea, soprattutto verso i confini con la Russia dove la Nato sta spostando sempre più la sua linea rossa.
Dunque gli Stati Uniti hanno chiesto formalmente di aderire come Stato terzo ad un’iniziativa militare dell’Ue. Secondo Affari Internazionali, con questa mossa gli Usa da un lato hanno legittimato la Pesco agli occhi dei Paesi europei più atlantisti e meno inclini all’autonomia strategica europea e al tempo stesso ne riducono il profilo di alternativa autonoma spinto dalla Francia.
In questa ridefinizione dei rapporti interni alla Nato e tra gli Usa e la Ue, prima ancora che le vittime delle possibili guerre ibride all’orizzonte, c’è già la popolazione della Val di Susa e il movimento No Tav. E adesso si spiegano molte cose.
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