La proroga dello stato di emergenza al 31 marzo 2022, a causa dell’innalzamento dei contagi da Sars-Cov 2, non ha visto nella manovra di bilancio lo stanziamento anche per il nuovo anno dei finanziamenti necessari alla copertura economica e previdenziale della cassa integrazione né degli altri strumenti adottati per fronteggiare la pandemia come il pagamento della quarantena o del reddito di emergenza.
La nuova variante Omicron e le scarse misure di prevenzione messe in atto durante le feste natalizie stanno facendo registrare un aumento preoccupante dei contagi, con migliaia di cittadini in quarantena obbligatoria, senza alcuna retribuzione per le giornate di sospensione dall’attività lavorativa.
Del resto, la prosecuzione della pandemia continua a mettere in difficoltà interi settori dell’economia del Paese, con pesanti ricadute sulle condizioni di lavoro, la sospensione o la riduzione di molte attività e il moltiplicarsi dei licenziamenti.
Anche lo scorso anno il governo decise di limitare al mese di giugno la copertura economica per la quarantena, sollevandosi dalle proprie responsabilità e scaricando sulla collettività i rischi e i costi della pandemia, salvo poi dover retrocedere dalle decisioni assunte, estendendo la copertura al 31 dicembre 2021.
Sulla cassa integrazione si è assistito al progressivo restringimento dell’area di interesse ed ora alla sua scomparsa come misura di contenimento degli effetti comunque disastrosi dell’emergenza sanitaria.
Con il ripristino, è bene ricordarlo, della totale libertà di licenziamento, avvenuta nei mesi scorsi grazie allo sblocco definitivo adottato dal governo con la complicità di Cgil, Cisl e Uil.
I media annunciano un prossimo incontro del Consiglio dei Ministri per decidere nuove misure urgenti in materia di emergenza sanitaria. Tra queste è evidente che debbano trovare posto proprio quelle misure economiche indispensabili ad evitare che le ricadute dell’emergenza sanitaria finiscano per pesare, come sempre, sui lavoratori e i settori più poveri del paese.
È questo che l’Unione Sindacale di Base ha scritto il 4 gennaio al governo.
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