Dopo avere destinato all’Ucraina armi per quasi 200 milioni di euro il governo Scholz fa sapere che i depositi della Bundeswehr sono praticamente vuoti.
«Devo essere onesta: ormai abbiamo raggiunto il limite degli stock delle nostre forze armate» ammette con malcelato imbarazzo la ministra della Difesa, Christine Lambrecht (Spd), obbligata a scegliere fra due opzioni apparentemente inconciliabili: mantenere la minima capacità operativa dell’esercito tedesco, come impone lo standard della Nato, oppure continuare a rifornire di materiale bellico le truppe di Kiev, come chiede con cadenza quotidiana il premier ucraino Volodymyr Zelensky.
Decisione assai complicata: attualmente la Bundeswehr non è neppure in grado di assicurare pienamente il compito istituzionale della difesa nazionale, mentre i 100 miliardi di euro destinati al maxi-riarmo sono ancora appesi alla modifica della Costituzione da parte del Bundestag, come ribadito venerdì scorso nell’ordine del giorno approvato dal Bundesrat.
Di fatto, l’unica soluzione per tenere insieme le due necessità, considerate entrambe imprescindibili a Berlino, è che il governo Scholz «esternalizzi» l’aiuto militare agli ucraini, come peraltro ipotizzato da Lambrecht.
«La difficoltà nelle dotazioni non significa che non possiamo fare di più per l’Ucraina. Ci stiamo coordinando con Kiev per capire quale materiale bellico può essere fornito direttamente dalle nostre industrie militari».
Vuol dire dare carta bianca al business dipinto di verde oliva dei leader nazionali del settore come Rheinmetall, Heckler&Koch, Diehl-Defense, Krauss-Maffei e Thissenkrupp, che verranno autorizzati a esportare armi dalla fabbrica senza più l’intermediazione delle forze armate.
Una svolta totale: finora tutto l’equipaggiamento militare girato all’Ucraina faceva parte della Bundeswehr oppure dei resti di magazzino della ex Ddr parzialmente già venduti a Estonia (obici), Repubblica Ceca e Svezia (blindati Bmp-1) ed era sottoposto al nulla-osta di Berlino per la cessione a Paesi terzi.
Una lista comunque mai resa pubblica, proprio come in Italia, ufficialmente per paura delle spie del Kgb e del Gru: «Abbiamo classificato l’informazione come segreta su esplicita richiesta dell’ambasciatore e dell’addetto militare ucraini. Se avessimo reso noti i dettagli delle consegne, sarebbero arrivati anche ai russi con pesanti conseguenze sotto il profilo militare» è la giustificazione della ministra Spd, singolarmente convinta che basti non dire affinché Mosca non sappia.
Ma Lambrecht, ben più che sulle operazioni belliche in Ucraina, resta concentrata sull’avanzamento dell’iter di acquisto dello scudo antimissile israeliano Arrow 3, del costo di oltre 2 miliardi di euro, che il suo ministero ha opzionato per proteggere la Germania dai razzi balistici russi.
Secondo indiscrezioni raccolte a Tel Aviv, sia Israele che gli Usa ieri avrebbero dato il via libera per vendere ai tedeschi l’«ombrello» in grado di intercettare i missili oltre l’atmosfera fino a 2.400 km di distanza.
Un’arma ipersonica gestita congiuntamente da israeliani e americani; quasi fantascienza per la Bundeswehr che oggi fatica a reperire il carburante per far volare i caccia della Luftwaffe, ha solo 100 tank operativi sul totale di 244, 222 blindati su 348, 12 elicotteri d’attacco su 27 e 9 elicotteri da trasporto su 48.
Cifre distantissime dagli attuali requisiti dello Stato maggiore tedesco basati su un terzo delle dotazioni operativo, un terzo in manutenzione e un terzo destinato all’addestramento.
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