Tra le dichiarazioni e i fatti c’è sempre in mezzo la realtà. Per la Germania infatti non sembra ancora arrivato il tempo di interrompere le forniture di gas dalla Russia. Sull’onda dei morti di Bucha, le dichiarazioni per accentuare le sanzioni devono fare i conti con situazioni concrete.
La Francia, che non ha di questi problemi, spinge per estenderle subito anche al gas e al petrolio russo, ma la Germania frena. “Dobbiamo alzare la pressione sul presidente russo Vladimir Putin e sulla Russia, ma al momento non è possibile tagliare le forniture di gas”, ha detto il ministro delle Finanze della Germania, Christian Lindner, a Bruxelles per la riunione dell’Eurogruppo.
Secondo Lindner per una manovra simile “serve un po’ di tempo”. La Germania dipende dal gas russo per il 40% dei consumi nazionali.
La dichiarazione di Lindner sembra contraddire quella della ministra della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, la quale in un’intervista alla tv pubblica Ard aveva invece sollecitato una risposta immediata dopo quanto avvenuto nella città ucraina di Bucha.
Il governo tedesco assumerà temporaneamente il controllo della filiale tedesca di Gazprom, ha annunciato il ministro dell’Economia, Robert Habeck, spiegando che l’autorità dell’energia tedesca gestirà la filiale dell’azienda russa.
Lo stesso Scholz martedì sarà a colloquio con il cancelliere britannico Johnson, capofila degli oltranzisti dell’escalation, ma con poco o nulla da perdere sul piano delle forniture energetiche.
Anche l’Austria si trova in una situazione simile, anzi peggiore. Ha una dipendenza ancora più elevata della Germania dal gas russo (l’80%), aggravata dal fatto che il paese non ha sbocchi sul mare. Il ministro austriaco per l’energia Gewessler, ha assicurato che cercherà di ridurre le quote in entrata da Mosca.
L’Italia sta invece incamminandosi su una strada piuttosto avventurista. “Siamo pronti per quanto si può essere pronti di fronte a una tragedia di questo tipo” – ha affermato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
“Sul fronte del gas, se dovessimo a breve sospendere le importazioni dalla Russia, i prossimi mesi non sarebbero critici perché abbiamo le riserve non grandissime, ma sufficienti ad affrontare i prossimi mesi anche con la buona stagione in arrivo. Dovremo essere molto bravi ad accelerare gli stoccaggi cioè la preparazione delle riserve per l’inverno 2022-2023”.
Il fronte europeo sulle sanzioni – ed anche il famigerato Gruppo di Visegrad – appare poi spaccato dall’Ungheria, dove il premier Orban ha di nuovo vinto le elezioni con un margine superiore a quelle precedenti.
Il governo Orban fino ad oggi si è rifiutato di adottare le sanzioni sulle forniture di gas russo. “Se sanzioniamo le importazioni di energia e fermiamo gli oleodotti – ha dichiarato Orban – chiuderà tutto il Paese e molte persone perderanno il lavoro”.
Ma il premier ungherese ultraconservatore è andato oltre dichiarando in campagna elettorale che “Questa non è la nostra guerra, dobbiamo starne fuori”, e nelle scorse settimane si è rifiutato di fare passare sul territorio magiaro gli armamenti della Nato destinate all’Ucraina.
A causa di questa posizione il presidente ucraino Zelenski aveva attaccato Orban durante il suo discorso al Consiglio Europeo. E Orban ha replicato dopo la vittoria elettorale affermando che questa è avvenuta anche “a dispetto dei nemici”, tra cui Zelenski.
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