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14/09/2022

Militari e dirigenti del sistema non vogliono limiti per le loro retribuzioni

È saltato, in alcuni casi espressamente previsti, il tetto finora fissato a 240mila alle retribuzioni dei dirigenti dello Stato. La deroga è stata infilata con un emendamento, firmato da Forza Italia, poi riformulato dal governo e approvato durante l’esame al Senato del Decreto Aiuti bis.

Il provvedimento è quello che ha stanziato 17 miliardi di aiuti a sostegno delle imprese e delle famiglie contro il caro bollette. Che cosa c’entri l’eliminazione del limite ai superstipendi dei dirigenti dello Stato è un mistero ma anche l’ennesima vergogna che conferma come “i ricchi” godano sempre di un trattamento e di corsie privilegiate e intoccabili, sia sul piano delle retribuzioni sia su quello pensionistico.

Si dice che la cosa sia stata accolta con “disappunto” da Palazzo Chigi. Viene fatto notare dalla Presidenza del Consiglio, che si tratta di un emendamento parlamentare inserito in un provvedimento Aiuti che “nulla ha a che vedere” con il tema del tetto. Fatto sta che quell’emendamento c’è ed è stato approvato con la fiducia votata da tutti i partiti ai quali, come spesso accade, sfuggono sempre i dettagli. I diretti interessati – e beneficiati – ci diranno magari che tutto è avvenuto “a loro insaputa”.

Andando a vedere emerge però che l’emendamento approvato prevede che al Capo della polizia, al Direttore generale della Pubblica Sicurezza, al Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, al Comandante generale della Guardia di Finanza, al Capo del Dap, così come agli altri Capi di Stato Maggiore, nonché ai Capi dipartimento della presidenza del Consiglio e al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, e ai Capi Dipartimento e ai Segretari generali dei ministeri, è consentito – in deroga al tetto di 240mila euro previsto per i manager pubblici (pari alla retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione) – un “trattamento economico accessorio per ciascuno, di importo determinato nel limite massimo delle disponibilità del fondo” deliberato con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro dell’Economia.

In pratica si tratta di tutte figure relative agli apparati coercitivi e militari, più i dirigenti degli apparati esecutivi. Sono quelli che riempiono le sale e le sedie in tutte le occasioni e le cerimonie ufficiali al Quirinale o in altre sedi istituzionali. In pratica è il “nucleo duro” dello Stato ad aver ritenuto che per esso non possono esserci limiti o tetti alle proprie retribuzioni. In tempi di guerra e di economia di guerra come questi si tratta dunque di assicurarsi la fedeltà degli apparati alle scelte della politica.

Curiosamente poche settimane fa anche i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali si sono visti aumentare considerevolmente le loro retribuzioni. Le voci di proteste sono state flebili, anzi flebilissime, nonostante l’emergenza sociale che si è abbattuta sul paese.

Una conferma in più che gli stolti che in questi anni hanno denunciato “la casta” hanno abbaiato alla luna, tagliando ad esempio il numero dei parlamentari invece di tenere d’occhio la “trama” tessuta tra gli apparati decisivi dello Stato e i prenditori privati. Quando poi la “casta vera” ha menato le sue zampate li vedi aggirarsi in preda allo smarrimento.

Per questo occorre una rottura e una alternativa di sistema, il resto è diventato ben presto fuffa.

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