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12/06/2023

È morto Berlusconi, il beneficiario della Seconda Repubblica

Silvio Berlusconi è morto questa mattina all’ospedale San Raffaele di Milano dove era stato ricoverato per l’ennesima volta.

Ci sarà tempo per analisi, commenti e ricostruzioni più approfondite su un personaggio politico che ha influenzato, caratterizzato e scardinato trenta anni di vita politica di questo paese.

Possiamo ben dire che Berlusconi è stato il beneficiario di quella Seconda Repubblica sorta, attraverso Tangentopoli e i vincoli del Trattato di Maastricht, sulle macerie della Prima Repubblica fondata sul sistema di potere multipartitico e l’assetto costituzionale.

Berlusconi ha acquisito potere nelle pieghe di quel capitalismo rampante e affaristico (e molto meneghino) che ben si conciliava con il progetto del partito socialista di Craxi. Lo ha fatto negli anni Ottanta attraverso le relazioni coltivate nella Loggia P2 e il conseguente boom delle televisioni commerciali e nazionalpopolari, un fattore che gli consentì di avere a disposizione un intero impero mediatico ed editoriale (Mediaset) che esondò nella “politica”, inaugurando il modello del partito-azienda (Forza Italia) e del dominio della narrazione consumistica, proprietaria, individualista, “prenditoriale” che lievitava nella pancia profonda del paese.

Il modello politico e sociale incarnato da Berlusconi negli anni Novanta si sintonizzò perfettamente con la voglia di rivalsa della destra e ne consentì uno sdoganamento che portò i neofascisti ad assaporare con voracità il gusto del governo e del potere. Una propensione che non hanno più abbandonato.

Ma Berlusconi era anche la rappresentazione di un capitalismo italiano un po’ straccione e un po’ ambizioso, fatto di “prenditori” più che di imprenditori, in eterna confusione tra l’ambizione ad essere “primo tra gli ultimi” o “ultimo tra i primi”.

Questa contraddizione ha portato spesso Berlusconi in collisione con l’altra frazione del capitalismo italiano: quello più integrato o proiettato sulla dimensione internazionale ed europea.

Nel momento in cui i processi di gerarchizzazione capitalista puntavano a darsi una dimensione europea sulla base dell’egemonia mercantilista ed ordoliberista tedesca, Berlusconi ha provato a stringere intorno a se tutti i pezzi del “capitalismo piccolo piccolo” che sopravviveva più sul mercato interno che su quello internazionale.

E l’establishment europeo, ben rappresentato in Italia dal gruppo editoriale-finanziario La Repubblica/L'Espresso, gli ha fatto la guerra, sistematicamente, costringendo il paese e la politica a dividersi tra berlusconismo e antiberlusconismo e portando all’auto dissoluzione la sinistra che accettò questo schema di lettura della realtà. Non a caso mentre tutti annaspavano nella palude dell’antiberlusconismo definimmo Berlusconi una tigre di carta. I fatti, da lì a pochi mesi confermarono la nostra chiave di lettura.

Dal 1994 al 2011 l’alternanza tra i governi Berlusconi e quelli del centro-sinistra (Prodi ma non solo) ha rappresentato questo scontro di interessi materiali dentro la natura contraddittoria del capitalismo italiano.

Gli interessi popolari e quelli dei lavoratori invece ne sono usciti a pezzi, devastati sia dal fuoco amico del liberismo/liberale del centro-sinistra che dalla voracità dell’imprenditorialità diffusa incarnata dal berlusconismo. Le conseguenze sono visibili e le stiamo ancora pagando.

Il Cavaliere si è sempre sentito ospite sgradito nei consessi europei, fino a produrre delle macchiette che resteranno nella storia (il cucù alla Merkel o le corna nelle fotografie di gruppo). Si sentiva più a suo agio nel G8, quando la presenza degli Stati Uniti e di Putin attenuava l’altezzosità dei leader europei.

Tartassato da vicende giudiziarie qualche volta tirate decisamente per i capelli, Berlusconi ha visto convivere nella sua traiettoria la storia politica e quella giudiziaria del paese. L’ombra delle sue relazioni con la mafia negli anni alla vigilia del suo esordio in politica, non sono mai state fugate.

Berlusconi resse al governo fino al 2011 quando un colpo di stato prodotto dalla BCE e dagli apparati politici e finanziari europei lo costrinse alle dimissioni, andando a sostituirlo con un esponente di punta della tecnocrazia europea come Mario Monti.

Berlusconi, per quanto rabbioso, capì l’antifona. Iscrisse Forza Italia al Partito Popolare Europeo e ottenne il via libera alla trasformazione di Mediaset in un oligopolio europeo rispettoso delle regole. I diktat della Troika europea avevano piegato anche il rappresentante di un capitalismo nazionale indebolito e smarrito di fronte alla crisi della globalizzazione capitalista.

Da allora ha assunto quasi il ruolo di padre nobile della Seconda Repubblica, con ambizioni mai nascoste di arrivare a sedere sulla poltrona del Quirinale. Un sogno frustrato ripetutamente da nemici ed “alleati”. Fino a vedersi spodestato come leader del centro-destra prima da Salvini e poi dalla Meloni.

Gli ultimi anni non devono essere stati facili per Berlusconi, ridotto quasi a figura di rappresentanza e assecondato quanto basta (ma non sulla guerra in Ucraina ad esempio). Il tentativo di farsi percepire ancora come leader politico, pur se di una spanna superiore ai suoi alleati, è scivolato via via nel grottesco.

Berlusconi ha cercato di forzare oltre misura anche l’orologio biologico, ma questo non è consentito, neanche ai miliardari.

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