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04/06/2023

Kosovo - La tensione resta alta

In tutto il nord del Kosovo a maggioranza serba, le scuole sono rimaste chiuse, mentre per via delle proteste popolari sono inaccessibili i servizi comunali, con conseguenze che si fanno sempre più pesanti sul normale ritmo della vita pubblica e sociale.

Dopo i violenti scontri del 29 maggio a Zvecan, le sedi municipali sono state isolate da barriere metalliche e recinzioni di filo spinato. A Leposavic il nuovo sindaco Ljuljzim Hetemi, di etnia albanese, è da giorni barricato all’interno del municipio dal quale non esce per motivi di sicurezza.

Questa è una delle conseguenze del boicottaggio da parte serba delle elezioni locali nel nord del Kosovo, dove meno del 4 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne lo scorso aprile, ma soprattutto della forzatura da parte delle autorità di Pristina di imporre l’insediamento di quattro sindaci albanesi votati solo dal 3,5% degli aventi diritto, con l’ausilio delle forze speciali di polizia.

I manifestanti serbi si sono radunati davanti ai municipi di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok per protestare contro l’elezione di nuovi sindaci di etnia albanese e per chiedere il ritiro dal nord della regione delle unità di polizia kosovara.

La polizia rimane schierata all’interno degli edifici comunali, mentre all’esterno resta massiccio il presidio da parte delle truppe di KFOR, la missione nato in Kosovo.

I militari Nato presidiano anche altre zone sensibili, comprese diverse strade di accesso ai comuni teatro delle manifestazioni, nelle quali si chiede anche il rilascio dei due serbi che restano in carcere dopo gli arresti seguiti ai disordini di Zvecan, il cui bilancio è stato di una trentina di soldati della KFOR feriti (11 italiani e 19 ungheresi) e una cinquantina di manifestanti.

Lunedì è prevista la visita nella regione degli inviati speciali Ue e Usa Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar che si recheranno sia a Belgrado che a Pristina.

La Ue soprattutto vorrebbe disinnescare quello che si teme possa diventare un nuovo pericoloso conflitto nei Balcani, che in Europa andrebbe ad aggiungersi ma anche a saldarsi con quello in corso in Ucraina.

I presidenti di Kosovo e Serbia hanno avuto giovedì dei colloqui per risolvere la crisi politica. Vjosa Osmani del Kosovo e Aleksandar Vucic della Serbia si sono incontrati brevemente alla presenza del presidente francese Emmanuel Macron, del cancelliere tedesco Olaf Scholz e del capo della politica estera della Ue Borrell a margine del vertice in Moldavia della Comunità Politica Europea.

Parlando dopo l’incontro con Vucic, Osmani ha accusato il leader serbo di “piagnucolare e lamentarsi e... non dire la verità“. Ma ha detto che il Kosovo potrebbe tenere nuove elezioni nel nord con la partecipazione serba se fossero indette legalmente.

Il presidente serbo Aleksandar Vučić ha detto all’agenzia Tanjug che Belgrado è pronta a scendere a compromessi, vuole pace e colloqui per ridurre la tensione nel nord del Kosovo, ma bisogna vedere cosa otterranno i serbi in Kosovo. “Non sono per niente ottimista, ci aspettano giorni difficili. Siamo pronti a parlare e ad allentare la tensione“, ha detto Vučić .

Secondo Maja Piscevic, ricercatrice per il centro Europa del Atlantic Council, “Ciò che è diverso questa volta è la serie di errori di calcolo politici che il governo di Pristina sembra aver fatto sulle posizioni dei suoi alleati statunitensi ed europei. Dopo aver investito un capitale politico significativo nel dialogo Belgrado-Pristina guidato dall’Unione Uuropea (UE) per normalizzare le relazioni tra le due parti, Washington e i suoi alleati da Bruxelles a Parigi e Berlino hanno avvertito Pristina di non aggravare ulteriormente la situazione“, sottolinea Maja Piscevic.

Ma la decisione del governo di raddoppiare l’applicazione dell’esito delle elezioni locali di aprile, boicottate dalla maggioranza serba e a cui ha partecipato meno del 3,5% della popolazione del nord del Kosovo, “ha gettato benzina sul fuoco”.

La NATO intanto ha deciso di schierare altri 700 militari aggiuntive in Kosovo in risposta alla crisi e il segretario generale dell’alleanza, Jens Stoltenberg, ha dichiarato giovedì di essere pronto a inviarne altri. I nuovi soldati della Nato in Kosovo provengono dalla Turchia.

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