Negli ultimi due giorni il neo presidente conservatore Daniel Noboa ha dichiarato lo Stato d’Emergenza e un decreto con cui annuncia lo stato di Conflitto Armato Interno e individua come obiettivi militari una lista delle bande più grandi del paese dispiegando l’esercito sul territorio nazionale.
La decisione è stata presa in seguito a profondi episodi di violenza che vive il paese, esplosi negli ultimi giorni. Sono infatti in corso rivolte simultanee nelle varie carceri del paese in cui i narcos detenuti sono riusciti a prenderne il controllo e a tenere come ostaggi i secondini.
Rivolte dirette da due delle principali bande narcos del Paese, Choneros e Lobos, dopo che i rispettivi leader sono evasi pochi giorni fa dalle carceri in cui erano detenuti.
Detenzione che non impediva loro di continuare a gestire i propri affari e relazioni con componenti dello Stato. Negli ultimi anni le azioni con cui le diverse bande tentavano di strapparsi il controllo del carcere l’una con l’altra hanno generato centinaia di morti tra i detenuti comuni.
Alle azioni carcerarie si sommano atti di violenza in tutto il paese, con incendi di auto, sparatorie, assalti a negozi e nella giornata di ieri l’irruzione di bande armate all’interno dell’Università di Guayaquil e di uno studio televisivo in Quito mentre stava trasmettendo in diretta, prendendo come ostaggi operatori e conduttore.
Il Paese sta vivendo le ore più buie degli ultimi decenni, con uno Stato che fino ad oggi non sembra essere in grado non solo di avere il controllo ma di garantire la sicurezza minima ai propri cittadini.
Una condizione di generale incertezza che nelle ultime giornate è sfociata in paura generalizzata a cui ora si somma l’esercito per le strade. Il triste record di una destra che in soli sette anni è riuscita non solo a smantellare qualsiasi parvenza di stato sociale e funzionamento delle proprie istituzioni ma ha portato il Paese ad essere il più pericoloso del continente con un tasso di omicidi e sequestri fuori controllo.
Mentre i governi neoliberali si affannavano ad accusare di narco-politica i rappresentanti progressisti, il Paese scivolava nelle mani di bande criminali con connessioni fino ai vertici più alti del governo, come dimostrarono le inchieste che videro le connessioni tra il governo Lasso e narcotrafficanti internazionali.
Il presidente Noboa, esponente di una delle famiglie più ricche del continente, ha vinto le scorse elezioni in ottobre con un 2% in più dei voti rispetto la sfidante progressista Luisa Gonzalez.
Oltre a due visioni antitetiche della gestione economica del paese i due sfidanti si erano scontrati sulle misure da adottare per affrontare il problema della sicurezza nel paese. Noboa si era infatti detto interessato ad importare il modello Bukele dal Salvador insieme a nuovi contratti con industrie israeliane del settore della sicurezza.
Oggi la situazione nel Paese sembra permettergli un maggiore slancio per realizzare le sue proposte, ergendosi come paladino del pugno duro contro la delinquenza e cercando di solidificare consensi in vista del prossimo passaggio elettorale.
Nel mezzo della crisi securitaria però il progetto politico generale di controriforma neoliberale del Presidente viene portato avanti così come l’incremento dell’influenza statunitense sul territorio: in assenza di una maggioranza sicura nell’Assemblea nazionale Noboa ha presentato una serie di riforme e leggi da approvare con un referendum.
Una pratica che la destra ecuadoriana continua a provare a mettere in pratica per scavalcare un parlamento in cui il partito progressista Revolucion Ciudadana continua ad avere un numero di rappresentati importanti e capacità di ostacolare almeno in parte i governi di destra degli ultimi anni.
Riuscì in parte al governo di Lenin Moreno nel 2018, con cui si iniziò a disintegrare gran parte dello Stato nato dalla costituzione progressista del 2008, mentre il successivo governo Lasso naufragò nel 2023 di fronte al voto popolare contrario.
Solo la settimana precedente ai fatti violenti Noboa aveva depositato la proprie domande referendarie secondo il modello, già usato dai presidenti precedenti, per cui ad alcune proposte che dovrebbero attirare il consenso della gente comune (maggiore libertà di azione per le forze dell’ordine e limitazioni alle estrazioni minerarie illegali) se ne affiancano altre tremendamente regressive.
Spiccano tra le varie:
- la riapertura dei Casinò e del gioco d’azzardo (chiusi dal progressista Correa nel 2011 per evitare il riciclaggio di denaro);
- la possibilità di stipulare contratti di lavoro ad ore (rischiando di far esplodere ancora di più il precariato e ricattabilità dei lavoratori);
- l’estradizione di detenuti negli Stati Uniti (sullo stile di paesi come la Colombia);
- l'indulto per i reati commessi da polizia ed esercito e un sistema giudiziario parallelo che giudichi i reati commessi da membri delle forze dell’ordine (una sorta di immunità e status extragiudiziale per le forze dell’ordine);
- l’ingresso del Paese negli arbitrati internazionali (decisione che vedrebbe lo stato Ecuadoriano dover pagare 9 miliardi di dollari alla compagnia petrolifera statunitense Texaco-Chevron per una criminale sentenza che questi stessi organismi hanno emesso nel 2019).
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