A cinque giorni di distanza dall'inizio della conferenza di Ginevra II, I
colloqui entrano oggi nel vivo e affrontano la questione più spinosa,
una "linea rossa" strattonata da entrambe le parti in causa nel
conflitto siriano nei mesi precedenti la conferenza: il governo di
transizione. E' su un testo ambiguo, scritto da Mosca e Washington e
diffuso nel comunicato finale della conferenza di Ginevra I, che si
consumerà il braccio di ferro dei prossimi giorni, e che potrebbe
portare al fallimento dei colloqui di pace finora incentrati sui temi
del cessate il fuoco e dei corridoi umanitari.
Secondo l'opposizione siriana, il principio del governo di
transizione implica la destituzione di Assad, mentre il regime siriano
lo interpreta come un esecutivo di "larghe intese", in cui la
partenza di un presidente sostenuto ancora da buona parte del popolo non
è contemplata. La vaghezza del testo era stata il perno sul quale il
regime siriano per primo si era affrettato a confermare la propria
presenza al tavolo di pace, mentre per l'opposizione, frammentata sul
piano politico come su quello militare, aveva aderito in ultima istanza
grazie alle rassicurazioni dei cosiddetti "Amici della Siria" che,
America in testa, alcuni giorni prima dell'inizio dei colloqui si erano
riuniti per ribadire la volontà di una transizione siriana senza Assad.
"Cominceremo a parlare di transizione dalla dittatura alla democrazia -
ha dichiarato Louai Safi, membro della delegazione dell'opposizione, a
poche ore dall'inizio della terza giornata di colloqui bilaterali
separati - Il regime chiaramente non è entusiasta, sta puntando i piedi.
Vedremo se è d'accordo per una soluzione politica o se preferisce
affidarsi a quella militare". Per Damasco, invece, la questione non si
pone neanche: saranno i siriani, ha dichiarato più volte la delegazione
governativa, a scegliere il loro presidente nella cabina elettorale".
Nonostante le posizioni ferme di entrambe le parti, l'inviato dell'Onu e
della Lega Araba Lakhdar Brahimi, che negli ultimi due giorni ha fatto
la spola tra la stanza del regime e quella dell'opposizione, parla di un
clima in cui "il rispetto reciproco ha prevalso".
Non solo governo di transizione, però. A Ginevra ora è in bilico
anche la questione del corridoio umanitario per Homs, che ieri la
delegazione governativa aveva promesso di istituire per permettere alla
popolazione, sotto assedio da parte dell'esercito siriano dal 2012, di
poter uscire dalla città. La promessa è stata però accolta con
scetticismo sul campo, dove i ribelli che controllano la zona hanno
chiesto "garanzie" perché chi esce non venga arrestato una volta fuori.
Le due delegazioni hanno affrontato ieri anche la questione dei
prigionieri e degli scomparsi: l'opposizione ha detto di possedere una
lista di 47 mila nomi di persone rinchiuse nelle prigioni del regime.
Una prima lista, contenente i nomi di 2.300 tra donne e bambini, è stata
presentata ieri: Monzer Aqbiq, portavoce della delegazione governativa,
ha risposto che "se ci sarà uno scambio, le donne e i bambini saranno
la priorità".
Non si è entrati nel dettaglio per gli scomparsi, che secondo
l'Osservatorio siriano per i Diritti Umani sono circa 17 mila, oltre a decine
di migliaia di prigionieri del regime e migliaia di persone rapite o
detenute dai gruppi ribelli, soprattutto dai jihadisti dello Stato
Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) e dal fronte al-Nusra.
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