La
storia inizia il 16 dicembre 2011, quando il cargo Venezia della
compagnia Grimaldi salpa da Catania diretto a Genova nonostante
previsioni meteo sfavorevoli. In coperta ci sono due semirimorchi con un
carico di bidoni contenenti catalizzatori al nichel e molibdeno di
proprietà della raffineria Isab di Priolo Gargallo (Siracusa). Nelle
prime ore del 17 dicembre il Venezia arriva nelle acque della Gorgona,
dove in un mare in tempesta, in balia di onde alte fino a dieci metri,
effettua una brusca manovra per evitare la collisione con un’altra nave,
inclinandosi di 35 gradi.
198 bidoni finiscono in mare, ma la
notizia viene resa pubblica dopo più di dieci giorni. Poi inizia la
telenovela delle operazioni di recupero, e com’è finita si sa: più di 70
bidoni non sono mai stati ritrovati.
A pochi giorni dal secondo anniversario
dell’incidente il PM Luca Masini (di solito più solerte) ha chiesto il
rinvio a giudizio del comandante del Venezia, Pietro Colotto, del
responsabile del magazzino della Isab, Salvatore Morello, e dello
spedizioniere Mario Saccà.
Per tutti e tre si parla di violazione
delle procedure di sicurezza e di trasporto dei materiali; inoltre al
comandante viene contestato di aver proseguito la navigazione nonostante
le condizioni proibitive, rischiando il naufragio e causando un
disastro ambientale.
Vertenza Livorno nei mesi scorsi aveva
presentato un esposto nel quale, oltre a questi, erano stati messi in
evidenza molti altri fatti di possibile rilevanza penale a carico dei
vari personaggi coinvolti nella vicenda, ma il PM Masini aveva fatto
sapere che non riteneva opportuno incontrare i promotori prima della
chiusura dell’inchiesta. Ora non dovrebbero esserci più motivi di
rimandare l’incontro, che sarà utile per capire quali elementi hanno
determinato le decisioni del magistrato. A breve quindi si svolgerà un
incontro con gli avvocati che hanno seguito l'esposto per presentare una
richiesta di accesso agli atti dato che solo tramite la loro visione
diretta si potrà esprimere un giudizio sensato e decidere o meno se
costituirsi parte civile. Al momento però l’impressione che si ricava
leggendo la stampa è che siano stati tralasciati diversi aspetti
importanti.
Il primo è che ai dirigenti della
compagnia Grimaldi non viene addebitata alcuna responsabilità penale
diretta per il disastro. Ricordiamo che finora, a parte le spese
sostenute per il recupero di una parte dei bidoni (e vorremmo anche
vedere...), l’unica sanzione comminata all’armatore del Venezia ammonta a
1.000 euro per i ritardi nelle operazioni di recupero. Se si pensa che
la Juve è stata multata di 5mila euro per i famosi cori offensivi dei
bambini al portiere avversario crediamo che sia mancato un tantinello di
equilibrio.
Il secondo punto è che non si è ritenuto
di procedere nei confronti di quegli enti pubblici che per più di dieci
giorni mancarono di comunicare alla popolazione l’avvenuto disastro,
esponendo i pescatori o i semplici appassionati del mare al rischio di
trovarsi a loro insaputa a contatto con sostanze che si incendiano al
contatto con l’aria sprigionando vapori tossici. Come dimenticare il
mitico “livello di allerta zero” decretato dall’allora assessore
all’ambiente Grassi... Leggiamo addirittura che il Comune di Livorno
intenderebbe costituirsi parte civile nel processo. Certo che nonostante
i tempi non certo allegri dalle parti di Palazzo Civico non viene meno
il senso dell’umorismo...
Non è chiaro infine se tra i reati
contestati vi sia anche l’indicazione nelle schede di carico di sostanze
diverse da quelle effettivamente contenute nei bidoni o solo
irregolarità nello stoccaggio e nel trasporto.
E qui ricordiamo che la vera natura
delle sostanze disperse in mare si seppe solo quaranta giorni dopo
l’incidente in quanto all’ARPAT venne in mente di fare le analisi sui
fusti rimasti a bordo con un... leggero ritardo. Tutti aspetti che
meritavano probabilmente una maggiore considerazione da parte del PM, ma
aspettiamo la lettura degli atti.
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