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24/01/2014

Inizia il processo dei bidoni tossici. Cittadini e associazioni parte civile

Venerdì 24 gennaio inizierà il processo per la perdita dei 198 bidoni tossici nei fondali vicino alla Gorgona. Alla sbarra tre imputati, il comandante del Venezia, Pietro Colotto, il responsabile del magazzino della Isab, Salvatore Morello e lo spedizioniere Mario Saccà, cioè la coda di una catena di responsabilità. Intanto alcuni cittadini e alcune associazioni ambientaliste si stanno costituendo parte civile nel processo. A presto nuovi aggiornamenti sul processo. redazione 23 gennaio 2014
 
fusti tossici cosimiLa storia inizia il 16 dicembre 2011, quando il cargo Venezia della compagnia Grimaldi salpa da Catania diretto a Genova nonostante previsioni meteo sfavorevoli. In coperta ci sono due semirimorchi con un carico di bidoni contenenti catalizzatori al nichel e molibdeno di proprietà della raffineria Isab di Priolo Gargallo (Siracusa). Nelle prime ore del 17 dicembre il Venezia arriva nelle acque della Gorgona, dove in un mare in tempesta, in balia di onde alte fino a dieci metri, effettua una brusca manovra per evitare la collisione con un’altra nave, inclinandosi di 35 gradi.
198 bidoni finiscono in mare, ma la notizia viene resa pubblica dopo più di dieci giorni. Poi inizia la telenovela delle operazioni di recupero, e com’è finita si sa: più di 70 bidoni non sono mai stati ritrovati.

A pochi giorni dal secondo anniversario dell’incidente il PM Luca Masini (di solito più solerte) ha chiesto il rinvio a giudizio del comandante del Venezia, Pietro Colotto, del responsabile del magazzino della Isab, Salvatore Morello, e dello spedizioniere Mario Saccà.

Per tutti e tre si parla di violazione delle procedure di sicurezza e di trasporto dei materiali; inoltre al comandante viene contestato di aver proseguito la navigazione nonostante le condizioni proibitive, rischiando il naufragio e causando un disastro ambientale.

Vertenza Livorno nei mesi scorsi aveva presentato un esposto nel quale, oltre a questi, erano stati messi in evidenza molti altri fatti di possibile rilevanza penale a carico dei vari personaggi coinvolti nella vicenda, ma il PM Masini aveva fatto sapere che non riteneva opportuno incontrare i promotori prima della chiusura dell’inchiesta. Ora non dovrebbero esserci più motivi di rimandare l’incontro, che sarà utile per capire quali elementi hanno determinato le decisioni del magistrato. A breve quindi si svolgerà un incontro con gli avvocati che hanno seguito l'esposto per presentare una richiesta di accesso agli atti dato che solo tramite la loro visione diretta si potrà esprimere un giudizio sensato e decidere o meno se costituirsi parte civile. Al momento però l’impressione che si ricava leggendo la stampa è che siano stati tralasciati diversi aspetti importanti.

Il primo è che ai dirigenti della compagnia Grimaldi non viene addebitata alcuna responsabilità penale diretta per il disastro. Ricordiamo che finora, a parte le spese sostenute per il recupero di una parte dei bidoni (e vorremmo anche vedere...), l’unica sanzione comminata all’armatore del Venezia ammonta a 1.000 euro per i ritardi nelle operazioni di recupero. Se si pensa che la Juve è stata multata di 5mila euro per i famosi cori offensivi dei bambini al portiere avversario crediamo che sia mancato un tantinello di equilibrio.  

Il secondo punto è che non si è ritenuto di procedere nei confronti di quegli enti pubblici che per più di dieci giorni mancarono di comunicare alla popolazione l’avvenuto disastro, esponendo i pescatori o i semplici appassionati del mare al rischio di trovarsi a loro insaputa a contatto con sostanze che si incendiano al contatto con l’aria sprigionando vapori tossici. Come dimenticare il mitico “livello di allerta zero” decretato dall’allora assessore all’ambiente Grassi... Leggiamo addirittura che il Comune di Livorno intenderebbe costituirsi parte civile nel processo. Certo che nonostante i tempi non certo allegri dalle parti di Palazzo Civico non viene meno il senso dell’umorismo...

Non è chiaro infine se tra i reati contestati vi sia anche l’indicazione nelle schede di carico di sostanze diverse da quelle effettivamente contenute nei bidoni o solo irregolarità nello stoccaggio e nel trasporto.

E qui ricordiamo che la vera natura delle sostanze disperse in mare si seppe solo quaranta giorni dopo l’incidente in quanto all’ARPAT venne in mente di fare le analisi sui fusti rimasti a bordo con un... leggero ritardo. Tutti aspetti che meritavano probabilmente una maggiore considerazione da parte del PM, ma aspettiamo la lettura degli atti.

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