Si conclude oggi, sotto l'egida dell'Onu, la settimana di colloqui sulla
crisi siriana, Ginevra 2. Prima di iniziare gli incontri, ieri, la
delegazione del governo di Assad e quella di opposizione hanno osservato
un minuto di silenzio in onore dei «martiri» della guerra che li oppone
da quasi tre anni. Ieri, la fine delle violenze e la «lotta al
terrorismo», primo punto di Ginevra 1, sono stati al centro delle
discussioni.
Per l'opposizione, il «principale terrorista» è il
presidente Assad e la sua esclusione dal potere è la precondizione per
avviare veri negoziati di pace. I ribelli e il campo a guida Usa che li
sostiene considerano che Ginevra 1 apre la strada a una transizione
senza il presidente siriano e stanno facendo di tutto per portare la
discussione su quel punto: un governo di transizione senza Bashar al
Assad.
Damasco, invece, insiste sul primo punto e ribadisce che il terrorismo
non può essere combattuto senza il contributo effettivo delle
istituzioni internazionali riguardate per far cessare l'invio di armi e
il sostegno ai gruppi armati. La delegazione governativa chiede la fine
delle ingerenze straniere, appoggiandosi alla carta dell'Onu. Inoltre,
fa notare la scarsa rappresentanza della delegazione presente rispetto
alla galassia dei gruppi armati fondamentalisti che combattono Assad sul
terreno. In caso di nuove elezioni - dice la delegazione di Damasco -
anche l'opposizione dovrà accettare i risultati. «Combattere le
organizzazioni terroriste e cacciarle dalla Siria è dovere di ogni
siriano», ha affermato la delegazione governativa in un comunicato
emesso a Ginevra 2.
L'opposizione ha respinto il testo, considerandolo «inaccettabile e
unilaterale» perché non considera il ruolo degli sciiti libanesi di
Hezbollah, che appoggiano il governo, e ha affermato che i ribelli
combattono a loro volta i gruppi armati jihadisti. Martedì, il capo
dell'opposizione siriana, Ahmad Jarbe, si recherà in visita a Mosca, su
invito delle autorità russe, alleate del governo Assad.
Washington si è detta «preoccupata» per i ritardi di Damasco nel ridurre
il proprio arsenale chimico, il cui smantellamento al momento è «fermo
al 5%». A dichiararlo, il capo del Pentagono, Chuck Hagel, durante una
conferenza stampa a Varsavia.
Intanto, «The Elders», l'organizzazione non-governativa fondata da
Nelson Mandela, ha lanciato un appello alla comunità internazionale
affinché coinvolga l'Iran nei colloqui di Ginevra 2. «Siamo convinti che
l'Iran possa svolgere un ruolo chiave al tavolo dei negoziati di pace
grazie alla sua influenza», ha detto l'ex segretario generale dell'Onu
Kofi Annan, che presiede l'Ong, al termine di una visita a Tehran. Annan
ha anche sollecitato il raggiungimento di un accordo definitivo sul
programma nucleare iraniano.
Gli ha fatto eco l'ex presidente
messicano Ernesto Zedillo, secondo il quale «urge un contributo anche da
altri Paesi. Le potenze mondiali devono capire che la presenza
dell'Iran a Ginevra 2 porterà benefici a tutti». L'assenza dell'Iran,
potenza regionale determinante nelle alleanze in campo, è uno dei
principali elementi che stanno portando anche questa tornata di colloqui
a un nulla di fatto. Il mediatore Onu Lakhdar Brahimi ne ha preso atto.
L'Onu è intanto riuscita a far entrare aiuti alimentari nel campo
profughi palestinese di Yarmuk, a sud di Damasco, assediato da tempo fra
le parti in conflitto.
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