La politica estera degli Stati Uniti non è stata la parte più sostanziosa del discorso sullo stato dell'Unione che ieri Barack Obama ha rivolto al Congresso, ma le dichiarazioni del presidente sull'Iran sono state tra le più taglienti.
In linea con l'impostazione generale del "sono pronto ad agire da
solo", Obama ha avvertito l'Assemblea che bloccherà ogni nuova sanzione
che gli sarà sottoposta, sebbene sia consapevole della difficoltà della
trattativa. "Consentitemi di essere chiaro", ha detto, "se il
Congresso mi sottoporrà un nuovo pacchetto di sanzioni che possa far
saltare i negoziati, io porrò il veto. Per il bene della nostra
sicurezza nazionale, dobbiamo dare una possibilità alla diplomazia".
Il presidente ha parlato dell'occasione di risolvere senza ricorrere
alle armi una delle questioni estere che più preoccupa Washington: il
rischio che l'Iran costruisca la bomba atomica. La trattativa sta
proseguendo e la sospensione delle sanzioni è parte fondamentale
dell'accordo uscito dal primo round di colloqui, ma se la Repubblica islamica non rispetterà i patti, ha avvertito Obama, "saremo i primi a chiedere più sanzioni".
Oggi gli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'Energia atomica
(Aiea) sono nella Repubblica islamica per visitare la miniera di uranio
di Gachin, uno dei siti che Teheran ha accettato di aprire agli
ispettori in base agli accordi siglati il 24 novembre scorso a Ginevra
con le potenze del 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran
Bretagna + Germania). L'intesa, entrata in vigore il 20 gennaio, prevede
lo sblocco di 4.2 miliardi di dollari di fondi iraniani congelati
all'estero, da distribuire nell'arco di 180 giorni, in cambio dello stop
all'arricchimento dell'uranio sopra il 5 per cento, della
neutralizzazione del 20 per cento delle riserve di uranio arricchito e
dell'impegno a non costruire altre centrifughe.Tra i siti che hanno già
visitato gli ispettori a dicembre, c'è anche l'impianto di Arak, un
reattore ad acqua pesante dove si sospetta che si produca uranio e che
il governo iraniano si è impegnato a non ampliare. Se l'Iran
rispetterà i patti nei prossimi sei mesi, l'Occidente non imporrà nuove
sanzioni e saranno alleggerite quelle già in vigore, con l'obiettivo di
arrivare a un accordo permanente e porre fine a un'annosa questione.
La strada della trattativa è lunga e in salita, disseminata di sospetti. Nel Congresso Usa c'è scetticismo sulla riuscita del negoziato.
Diversi deputati e senatori ritengono che siano state proprio le
sanzioni economiche a spingere alla trattativa il presidente iraniano,
Hassan Rohani, e toglierle sarebbe uno sbaglio. Nel mese di dicembre,
proprio mentre si chiudeva la prima fase del negoziato, un gruppo di 26
senatori (13 democratici e 13 repubblicani) aveva proposto un
boicottaggio globale delle esportazioni petrolifere e l'inserimento in
una lista nera di diversi prodotti iraniani. Un'iniziativa definita
"inutile" dalla Casa Bianca e su cui Obama aveva già agitato la minaccia
di veto.
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