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29/01/2014

Scrivendo di Pete Seeger…


Scrivendo di Pete Seeger, non potremo dire che “ha lasciato un vuoto incolmabile”, poiché sono così tante le sue canzoni entrate nella storia di vita e di lotta delle classi popolari e così tanti i musicisti che le hanno riprese, ricantate e riarrangiate che l’”usignolo di Stalin”, come lo definirono malignamente i maccartisti negli anni cinquanta, sarà sempre con noi e parte di noi.

Le canzoni di Pete Seeger e le sue rielaborazioni di canti di tradizione orale, non solo degli Stati Uniti, sono state la colonna sonora di lotte in tutto il mondo e hanno dato voce musicale a identità culturali dimenticate. Basti pensare alla famosa Where have all the flowers gone, a Guantanamera, alla stessa We shall overcome, che nella versione di Seeger fu un inno dei sindacati dei lavoratori afroamericani degli stati del sud degli USA o infine a If I had a hammer, diventata un inno dei movimenti dei neri. Ma anche alla sua spiritosa e irridente What did you learn in school today, in cui mette in ridicolo l’asservimento al potere della scuola, dove si pretende di insegnare quali siano le guerre giuste e quelle ingiuste e quanto siano buoni i giudici e i poliziotti.

Pete Seeger era nato in una famiglia di musicisti. Suo padre, Charles Seeger, fu uno dei più prestigiosi etnomusicologi americani e sua madre, Ruth Porter Crawford era compositrice e cantante. Nella famiglia, Pete non era il solo cantante poiché la stessa passione e lavoro sono stati condivisi dal fratello Mike e dalle sorelle Penny e Peggy (quest’ultima, moglie, tra l’altro, di Evan Mc Coll).

Tutti ebbero problemi con l’amministrazione e la giustizia degli USA. Il padre, Charles, fu accusato a più riprese di essere comunista e fu privato del passaporto. Nel 1953, dopo aver lavorato a lungo alla nascita dell’International Society for Music Education (ISME) e averne steso il documento fondativo, Charles Seeger non poté partecipare al primo congresso dell’associazione, che si teneva a Bruxelles, proprio perché le autorità degli USA gli impedirono di lasciare il paese. Molti problemi li ebbe anche Peggy Seeger, che si trasferì in Gran Bretagna e solo negli anni novanta ricevette condiscendenza dal governo. Quanto a Pete, la sua adesione al Partito Comunista gli costò una condanna a un anno di prigione, tardivamente condonato nel 1962.

Questo anche grazie al fatto che dopo il XX congresso del PCUS, Pete Seeger non rinnovò l’iscrizione al Partito Comunista degli USA, che riteneva troppo legato all’URSS, senza tuttavia rinnegare il suo orientamento marxista.

Le origini familiari di Pete Seeger non sono estranee al suo percorso di formazione culturale. Infatti, proprio il lavoro di etnomusicologo del padre lo portò a entrare in contatto, nel 1940, con Woodie Guthrie, con il quale intraprese un lungo viaggio negli stati del Sud e del Mid West che gli permise di avere un contatto diretto con la cultura popolare di quei luoghi e con i loro abitanti.

Da questo viaggio e dai contatti che ne sortirono, nacque la passione di Seeger per quello che in seguito fu chiamato folk music revival, cioè la riproposizione, tel quel o rielaborata, dei canti di tradizione orale dei diversi stati americani.

Un interesse che Seeger realizzò con la costituzione di diversi complessi di musica folk revival e che trovò anche una sponda importante nella conoscenza dell’etnomusicologo Alan Lomax.

Alan Lomax lavorava già dagli anni trenta nella ricerca sulla musica folk americana. Fu in seguito costretto a lasciare gli USA negli anni cinquanta perché accusato di essere comunista e, fortunatamente per il nostro paese, scelse l’Italia come luogo dove lavorare, contribuendo a fondarvi una scuola di ricerca scientifica.

Uno dei meriti culturali di Seeger, certamente musicale ma anche politico, è proprio quello di aver saputo mettere in luce il grande valore e anche l’eterogeneità della cultura orale americana, composta dalle diverse voci che concorrono a formarne la musica folklorica, valorizzando anche quelle che non fanno riferimento diretto alla matrice anglosassone. Tutto questo in tempi in cui la cultura orale non era affatto considerata nel suo pieno valore e in cui molte delle sue espressioni erano scarsamente considerate. Proprio la mescolanza delle culture che compongono gli USA, in particolare le classi popolari del paese, appare anche come una delle grandi attenzioni di Seeger, che amava ricordare come tali diversità si ricomponessero poi nelle lotte dei lavoratori. Lotte a cui Pete Seeger ha saputo dare una voce musicale e una colonna sonora. Uomo coltissimo dal punto di vista musicale, cercava di comporre canzoni e ballate che, anche se musicalmente belle, possono coinvolgere ed essere facilmente cantate da tutti nei momenti di lotta.

Pete Seeger fu, quasi ovviamente, una delle voci forti che si opposero alla guerra nel sud est asiatico. Durante una popolare trasmissione televisiva cantò una sua canzone che fu delle prime contro l’aggressione americana al Vietnam: Wast Deep in the Big Muddy. Fu uno scandalo che portò la regia televisiva a interrompere il programma.

Nella sua lunga attività di cantante e ricercatore militante, Seeger è stato un punto di contatto tra le radici della musica folklorica americana e i nuovi canti di protesta e di lotta che lui stesso ha saputo creare.

Ne testimonia il fatto che, seppur con orientamenti ideologici anche diversi, molti dei più noti cantanti americani di impegno politico siano debitori a Seeger di canzoni o anche del suo stile musicale. Tra questi, Bob Dylan e Joan Baez. Anche una grande star della pop music, che tardivamente sembra riscoprire il senso sociale e politico della musica, come Bruce Springsteen, ha pensato di dedicare nel 2006, un CD a Pete Seeger.

La longevità, anche musicale, di Pete Seeger gli ha permesso di attraversare in musica decenni di storia musicale e politica americana, dal new deal roosveltiano, alla seconda guerra mondiale, al Vietnam e alle lotte del '68 e dei neri sino a Occupy Wall Street, a cui espresse solidarietà e simpatia. Il suo ultimo concerto risale allo scorso mese di settembre.

Proprio per tutte queste ragioni, credo che se la forte presenza umana di Pete Seeger ci mancherà, egli sarà però con tutti noi in ogni situazione di lotta sindacale, politica, per la pace e contro ogni discriminazione e oppressione.

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