Cinquanta vittime in pochi giorni è il bilancio del terzo anniversario
della rivoluzione egiziana, in un Paese ancora profondamente diviso.
Oggi non si protesta più per diritti sociali ed economici o per la
democrazia: la battaglia si è fatta politica. Da una parte i sostenitori
del deposto presidente islamista Morsi, dall'altra l'esercito e il
governo ad interim istituito in seguito al golpe del 3 luglio.
In piazza si contrappongono due immagini: quella del generale Al-Sisi,
capo dell'esercito e autore del colpo di Stato, e quella di Mohammed
Morsi. Sullo sfondo delle bandiere egiziane sventolate sabato in Piazza
Tahrir resta un Paese ancora schiavo di un'economia ferma, in cui le
disuguaglianze sociali e il tasso di disoccupazione rimangono quelle
dell'era Mubarak.
Le divisioni interne sono, però, ben rappresentate dai volti dei
manifestanti: contro l'esercito non si stanno schierando solo i
sostenitori islamisti, ma anche tanti laici e moderati che vedono nel
golpe il tradimento dei valori e i principi della rivoluzione del 25
gennaio 2011.
I giorni appena trascorsi sono stati tra i più violenti degli ultimi sei
mesi: almeno 50 le vittime, secondo il Ministero della Salute, 247 i
feriti, oltre mille gli arrestati nella capitale e ad Alessandria,
mentre tre bombe esplodevano al Cairo, segno di un'instabilità sempre
più radicata. A rivendicare gli attentati il gruppo qaedista attivo in
Sinai, Ansar Bait al-Maqdes, una presenza che spaventa perché simbolo
delle difficoltà del nuovo governo di garantire la sicurezza e evitare
la penetrazione di gruppi islamisti radicali. Ieri tre soldati egiziani sono stati uccisi in Sinai, in un attacco lanciato da uomini armati contro un bus militare.
E seppure la Fratellanza Musulmana abbia preso subito le distanze dagli
attacchi, c'è chi nelle piazze egiziane accusa il movimento islamista di
essere dietro le bombe del Cairo. Sabato notte, l'Anti-Coup Alliance,
riferimento politico dei Fratelli Musulmani, ha emesso un comunicato:
"La rabbia sta montando tra le masse popolari ribelli dopo i crimini
delle milizie del colpo di Stato. Chiediamo ai nostri sostenitori di
restare calmi, ma loro cercano vendetta". Per questo, l'Alleanza ha
fatto appello per 18 giorni di proteste a partire da sabato, a ricordare
i 18 giorni di manifestazioni che portarono alla caduta della dittatura
di Mubarak.
Sul piano politico, il governo ad interim appena uscito dal sì al
referendum per l'approvazione della nuova Costituzione annuncia la road
map da qui alla prossima estate: le elezioni presidenziali si terranno prima delle parlamentari.
"Ho tenuto una serie di meeting con alcuni dei principali
rappresentanti dei partiti politici egiziani che hanno espresso a
maggioranza la volontà di organizzare prima le elezioni presidenziali",
ha annunciato il presidente ad interim Mansour. Il timore delle varie
fazioni politiche è la possibile candidatura del generale Al-Sisi,
un'eventualità che in molti sperano di poter evitare anticipando le
presidenziali.
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