di Mario Lombardo
La situazione
di caos in Ucraina sembra essersi indirizzata in questo inizio di
settimana verso uno scontro frontale tra il governo e le forze di
sicurezza da una parte e i manifestanti e i leader dell’opposizione
politica dall’altra. Dopo l’occupazione della sede del ministero della
Giustizia a Kiev nella tarda serata di domenica, la titolare del
dicastero, Olena Lukash, nella giornata di lunedì ha infatti minacciato
lo stato di emergenza e il conseguente possibile intervento
dell’esercito per riportare l’ordine. In seguito a questa minaccia, gli
occupanti hanno alla fine lasciato l’edificio, pur rimanendo accampati
all’esterno.
L’occupazione del ministero aveva chiuso domenica
una giornata caratterizzata da una relativa calma, in seguito alla
tregua stabilita per consentire i funerali dei manifestanti deceduti nei
giorni scorsi durante le proteste. Protagonista dell’azione era stato
il gruppo di attivisti dell’opposizione Spilna Sprava che, secondo
quanto riferito dallo stesso ministro all’agenzia di stampa Ukrinform,
aveva fatto irruzione nel palazzo della capitale proprio mentre era in
corso un incontro del gruppo di lavoro incaricato di risolvere la crisi
nel paese.
Quest’ultimo stava discutendo due delle concessioni
proposte dal presidente, Viktor Yanukovich, ai manifestanti e
all’opposizione: amnistia e modifiche alla Costituzione per tornare alla
carta del 2004 che assegnava maggiori poteri al Parlamento rispetto al
Presidente.
Come ampiamente riportato dai media di tutto il mondo
nei giorni scorsi, l’altra principale proposta di Yanukovich era la
nomina di due leader dell’opposizione ad importanti incarichi di
governo. Al numero uno del partito “Patria”, Arseniy Yatsenyuk, era
stata offerta la carica di primo ministro e all’ex campione di pugilato
nonché leader del partito Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma
(UDAR), Vitaly Klitschko, quella di vice-premier con delega per le
“questioni umanitarie”.
Entrambi hanno però respinto l’offerta, rilanciando la protesta e
facendo sapere che non verrà accettato niente di meno delle dimissioni
di Yanukovich e nuove elezioni, così da installare un nuovo governo
interamente formato dall’attuale opposizione filo-occidentale, pronta a
riaprire il dialogo con l’Unione Europea e all’implementazione di
devastanti politiche di “ristrutturazione” dell’economia ucraina dettate
da Bruxelles e dal Fondo Monetario Internazionale. I manifestanti
chiedono poi il ritiro della recente legge speciale che ha di fatto
messo fuori legge ogni manifestazione di piazza senza il permesso delle
autorità e che ha contribuito a rinvigorire le proteste dopo settimane
di relativa quiete.
Il rifiuto della proposta del presidente ha
così acceso ulteriormente gli animi nel paese, approfondendo inoltre le
divisioni tra le regioni occidentali, dove la protesta contro il governo
sta facendo registrare una pericolosa escalation, e quelle orientali,
dove Yanukovich e il suo partito conservano la propria base di potere e
di consenso.
Il
ministro della Giustizia, in ogni caso, lunedì ha chiesto agli
occupanti di sgomberare immediatamente l’edificio del suo dicastero, in
caso contrario ha minacciato di chiedere al Consiglio per la Sicurezza
Nazionale e la Difesa di dichiarare lo stato di emergenza. Allo stesso
modo, la Lukash ha affermato di volere chiedere al presidente di
interrompere le trattative in corso con i leader dell’opposizione.
Il
Parlamento ucraino, intanto, nella giornata di martedì ha aperto una
sessione straordinaria, anche se il presidente dell’assemblea ha escluso
che la discussione possa trattare la possibile dichiarazione di stato
di emergenza nel paese.
L’occupazione del ministero della
Giustizia è stata comunque solo l’ultima di una serie di iniziative
simili che dalla capitale ucraina si sono diffuse in molte località del
paese in questi giorni. In almeno una decina di città, edifici pubblici e
sedi di assemblee locali sono state occupate, soprattutto in Ucraina
occidentale. Tra le località maggiormente interessate dalle proteste ci
sono Dnipropetrovsk, Lviv (Leopoli), Zaporizhya e Cerkasy. Qui, come a
Kiev, si sono contati decine di arresti, mentre numerosi risultano i
feriti, spesso tra le forze di polizia.
I disordini stanno
mettendo in evidenza il ruolo sempre più importante ricoperto nelle
proteste da formazioni paramilitari e raggruppamenti ultra-nazionalisti
e, talvolta, esplicitamente neo-fascisti. Ai militanti del partito di
estrema destra Svoboda (“Libertà”) - il cui leader, l’anti-semita Oleg
Tyahnybok, è in prima linea nelle manifestazioni anti-Yanukovich
appoggiate dall’Occidente - si sono aggiunti infatti gruppi violenti,
protagonisti di attacchi e lanci di bottiglie incendiarie contro la
polizia.
A determinare il precipitare degli eventi fino all’orlo
di una vera e propria guerra civile in Ucraina - nel caos fin dal
novembre scorso, quando il presidente ha interrotto i negoziati per
aderire ad un progetto di partnership commerciale con l’UE riorientando
il proprio paese verso la Russia - sono stati proprio i governi
occidentali con ripetuti interventi diretti di loro esponenti a favore
dell’opposizione.
Ancora domenica, infatti, alcuni diplomatici
occidentali, tra cui ambasciatori di paesi europei, degli USA e del
Canada, hanno visitato Piazza dell’Indipendenza a Kiev, vale a dire il
centro nevralgico delle proteste, e, secondo alcuni resoconti, avrebbero
parlato anche con i rappresentanti del gruppo radicale “Settore
Destro”.
L’emergere di queste formazioni estremiste e
l’inasprirsi dello scontro indicano il controllo sempre più tenue
esercitato sulla piazza dai leader dell’opposizione politica, i quali
oltretutto cominciano ad apparire divisi al loro interno e sempre più a
corto di idee per risolvere pacificamente la crisi in atto.
Il
governo, da parte sua, riflettendo il desiderio degli oligarchi ucraini
che controllano il potere di mantenere fruttuose relazioni commerciali
con tutti i partner possibili, è tornato a rilanciare l’ipotesi di
avvicinamento a Bruxelles.
In un’intervista rilasciata lunedì al giornale Segodnya,
il primo ministro Mykola Azarov ha proposto un dialogo tripartito tra
Kiev, l’Unione Europea e la Russia per “decidere la sorte dell’Accordo
di Associazione con l’UE che l’Ucraina aveva avviato”. Il premier ha poi
ricordato che l’integrazione dell’Ucraina in associazioni
internazionali “dipende dalle condizioni e dai benefit” che verranno
offerti.
La posizione ufficiale dei governi occidentali
sull’Ucraina continua però a prevedere l’impossibilità di aderire
contemporaneamente alla partnership con Bruxelles e all’area di libero
scambio proposta da Mosca. Per gli Stati Uniti e i loro alleati,
infatti, la disputa sull’Ucraina è legata a questioni strategiche che
hanno precisamente a che fare con il tentativo di indebolire l’influenza
russa sugli ex satelliti sovietici.
Da qui la linea dura
mantenuta in queste settimane e l’appoggio all’opposizione con il
rischio di alimentare scontri e il proliferare di organizzazioni di
estrema destra. Gli USA, ad esempio, dopo la morte di almeno quattro
manifestanti durante le proteste della settimana scorsa, hanno già
adottato una serie di sanzioni nei confronti di alcuni esponenti del
governo di Kiev e dei vertici delle forze di sicurezza.
Gli
organi di stampa occidentali, a loro volta, soffiano sul fuoco della
rivolta, ricordando l’importanza strategica di un paese che, tra
l’altro, rappresenta un crocevia importante per le forniture energetiche
dirette verso ovest.
In questo senso, tra i più espliciti a rivelare le mire di Washington e Bruxelles è stato il Wall Street Journal,
dove nel fine settimana è apparso un articolo nel quale viene chiesto
uno “sforzo per strappare l’Ucraina dall’orbita di Mosca” e,
contemporaneamente, si invita l’Europa ad evitare “divisioni e
indecisioni” che avevano caratterizzato la crisi dei Balcani negli anni
Novanta.
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