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25/01/2014

Regali alle banche. Protesta M5S in Parlamento. Espulsi i deputati

Opportuna e purtroppo solitaria protesta alla Camera da parte dai deputati del Movimento 5 Stelle, che hanno esposto cartelli e si sono sdraiati per terra, durante il voto di fiducia al governo sul decreto Imu-Bankitalia. Il presidente di turno, Luigi Di Maio, ha espulso dall'Aula diversi deputati del M5S. La seduta è stata sospesa per 5 minuti, terminati i quali è ripresa la chiamata dei deputati.

La posta in gioco della discussione in Parlamento, sulla quale il governo ha posto ovviamente la fiducia per non avere ostacoli, sono le “quote della Banca d'Italia” da parte delle banche private. Dietro un apparenza quasi burocratica la cui importanza sfugge ai più, c'è un nuovo e sostanzioso regalo di soldi pubblici alle banche.

La proprietà della Banca d'Italia è al 95% privata, anche se l’istituto viene ancora definito di “diritto pubblico”. L' assetto proprietario attuale, viene diviso in quote fittizie per un valore complessivo del capitale sociale simbolico di €156.000, di cui Banca Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali insieme detengono quasi il 60% del totale. Il fatto che si sia creata una tale concentrazione di capitale sociale in pochi grandi gruppi dipende dal processo di privatizzazione delle Bin (banche di interesse nazionale) avvenute nel sistema bancario italiano a partire dai primi anni novanta.

In base alle rispettive quote e al valore nominale delle stesse, secondo quanto disposto dall’articolo 39 dello Statuto, i dividendi dovuti agli istituti finanziari e assicurativi privati ammonterebbero al 10% dell’intero capitale sociale, ovvero a soli €15.600. Il resto dell’utile netto (€ 2,5 miliardi nel 2012) viene invece ripartito fra accantonamenti a riserva statutaria (€1 miliardo) o girato direttamente al Ministero del Tesoro (€1,5 miliardi). In questo modo allo Stato entrano all’anno più o meno 2 miliardi di utili. In totale € 3,5 miliardi sono entrati nelle casse dello Stato nel 2013. Si tratta di una torta che ha eccitato le banche e le enormi pressioni dei banchieri sul governo per accaparrarsi una fetta molto più grande del bottino. Quindi è partita l'offensiva delle banche private sulle quote in Banca d'Italia. I banchieri sono così riusciti ad inserire un comma all’articolo 40 dello Statuto della Banca d'Italia secondo cui oltre ai risibili dividendi figurativi segnalati prima, adesso spettano agli azionisti privati (le banche appunto) altri dividendi aggiuntivi pari ai profitti degli investimenti del valore massimo del 4% delle riserve detenute nell’anno precedente (per il 2012 l’aliquota è stata piuttosto bassa, 0,5%, che tradotta in soldoni significano 70 milioni regalati alle banche). Ma come è noto i banchieri sono ingordi, molto ingordi e quindi sono passati nuovamente all'attacco avanzando una nuova proposta, quella in discussione oggi al Parlamento.

A partire dalla rivalutazione del capitale sociale, che ricalcolato in base ai flussi di reddito che esso genera, si collocherebbe in un intervallo compreso fra i 5 e i 7,5 miliardi di euro. Questi soldi verrebbero spostati contabilmente dalle riserve di Banca d’Italia, prendendo a pretesto il fatto che le banche per 14 anni di fila non hanno sfruttato fino in fondo le potenzialità dell’articolo 40, utilizzando sempre un valore di riserve investite inferiore al 4%. Inoltre verrebbe fissato un limite del 5% alle quote possedute da ogni singolo azionista e a coloro che adesso o in futuro si ritrovassero con quote in eccesso verrebbe concesso un periodo di tempo prestabilito per sbarazzarsene, vendendole ad “investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo”, un lessico apparentemente innocuo ma che si traduce nella possibilità di vendere queste quote ad altri investitori, anche stranieri. Il che significa che si verrebbe a creare un vero e proprio mercato internazionale delle quote di Banca d’Italia, a cui potrebbero accedere soltanto gli istituti finanziari abilitati ed autorizzati (come avviene oggi con il consorzio degli “specialisti” in acquisto di titoli di stato). Insomma quel tipo di “libero mercato” che piace tanto ai banchieri e che, unico caso al mondo, porterebbe alla privatizzazione totale delle Banca d'Italia... e delle sue funzioni.

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