MINACCIA DI DAMASCO: VIA DA GINEVRA SE NON SI FANNO PROGRESSI
Il governo siriano ha avvertito l'inviato Onu Brahimi nell'incontro a porte chiuse: "Se nessun lavoro serio sarà realizzato domani, la delegazione siriana lascerà Ginevra a causa della mancanza di serierà e di preparazione dell'altra parte", ha detto il ministro degli Esteri di Damasco, Moualled.
Nelle prossime ore Brahimi vedrà le opposizioni.
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Incontro a porte chiuse nel terzo giorno di Ginevra 2. Oggi l'inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi, incontra i delegati delle due parti - opposizione e regime - nell'obiettivo di spingere verso un dialogo costruttivo e un cessate il fuoco duraturo. Dialogo che finora, com'era prevedibile, è mancato con accuse reciproche di massacri e atrocità commessi nel Paese.
Oggi dovrebbe essere il giorno del via al negoziato vero e proprio, ma la distanza resta abissale: le opposizioni hanno già chiarito di non voler parlare direttamente con il regime siriano a meno che sul tavolo non venga posta la questione delle dimissioni di Assad. Precondizione che Damasco continua a rifiutare, accusando le opposizioni di terrorismo.
Si procede quindi con incontri separati, mentre resta il dubbio di un effettivo incontro faccia a faccia tra le due delegazioni. La diplomazia internazionale, intanto, lavora dietro le quinte per ottenere qualche concessione da entrambe le parti: accantonata per il momento - secondo fonti interne - la questione della rimozione o meno del presidente Bashar al-Assad, si preme sullo scambio di prigionieri e l'apertura di un corridoio umanitario che possa alleviare le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione.
Alla diatriba tra opposizioni e regime si è aggiunta ieri la protesta della comunità curda siriana a causa della sua esclusione dalla conferenza di pace svizzera: "Alcune forze stanno tentando di escluderci dalla ricerca di una soluzione e non rappresentano nessuno - ha detto ieri da Ginevra Saleh Muslim, leader del Kurdish Democratic Union Party e rappresentante in Svizzera del Consiglio Supremo Curdo - Continueremo la nostra battaglia fino a quando otterremo i nostri diritti democratici".
La questione curda, protesta la delegazione, non è in agenda e non finirà sul tavolo. Eppure da tempo miliziani curdi sono attivi nel Nord del Paese, intenzionati a strappare a Damasco una forma di gestione autonoma della regione. Tre milioni e mezzo di persone, il 15% della popolazione siriana: questa la consistenza della comunità curda, impegnata da decenni nella lotta contro il regime. Una lotta che ieri Muslim ha rivendicato, accusando anche le opposizioni presenti di aver volutamente marginalizzato la questione.
Dalla metà del 2012, le truppe del regime di Damasco si sono parzialmente ritirate dal territorio curdo, riconoscendo alla comunità una maggiore autonomia e concentrandosi nel conflitto con le altre opposizioni armate. Ciò ha permesso ai miliziani curdi di assumere il controllo di alcune aree, in particolare nella provincia di Hasakah, e di partecipare agli scontri contro le formazioni islamiste più radicali. A dicembre tre regioni curde sono state dichiarate autonome.
E se sul campo si continua a combattere e la faida intestina tra gruppi islamisti prosegue, ad intervenire è Al Qaeda: ieri il leader della rete islamista Ayman al-Zawahri, in un video messaggio, ha fatto appello ai ribelli siriani perché interrompano la battaglia interna e si concentrino sul conflitto contro Damasco. Ha poi chiesto la creazione di tribunali speciali a Nord del Paese per risolvere le dispute tra fazioni, senza ulteriori spargimenti di sangue.
Un appello che mette in luce una volta di più la frammentazione interna alle opposizioni siriane e la scarsa rappresentatività di quelle presenti a Ginevra. I movimenti islamisti si rafforzano, mentre la Coalizione Nazionale è sempre più distante dal terreno, rendendo impossibile una reale applicazione sul campo di un eventuale accordo di pace.
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