Ieri l'esercito turco ha bombardato un convoglio di jihadisti in
territorio siriano. Tre i veicoli colpiti: "Un pick-up, un camion e un
autobus dell'ISIL sono stati distrutti", hanno annunciato le autorità di
Ankara.
Gli scontri sarebbero cominciati quando miliziani dello Stato Islamico
dell'Iraq e del Levante, gruppo qaedista sempre più radicato nel Nord
della Siria, hanno aperto il fuoco al confine di Cobanbey, colpendo due
veicoli militari turchi. L'esercito di Ankara ha attaccato i
miliziani, dopo il lancio di un missile verso il territorio turco,
partito durante scontri tra l'Esercito Libero Siriano e l'ISIL.
Inizialmente si parlava di un'azione portata avanti con gli F-16
dell'aviazione turca, ma l'esercito ha negato affermando di aver
attaccato le postazioni qaediste con l'artiglieria e le forze di terra.
Da tempo si parla di gruppi qaedisti e jihadisti presenti in Turchia,
fatto ripetuto ieri anche dal capo dell'intelligence israeliana, Aviv
Kochavi, secondo il quale Al Qaeda ha creato vere e proprie basi
militari nel Paese. Il premier turco Erdogan ha sempre accusato il regime di Damasco di infiltrare miliziani islamisti in Turchia,
per indebolire Ankara, vecchio alleato di Bashar al-Assad e ora
acerrimo nemico. Al contrario, sono molte le fonti e le notizie che
raccontano un'altra versione dei fatti: Ankara, con il sostegno dei
Paesi del Golfo, fa da tramite per il passaggio di armi e guerriglieri
islamisti dentro il territorio siriano.
Tra le conseguenze degli scontri al confine turco-siriano, c'è la fuga
di massa della comunità turkmena che in questi giorni sta scappando dal
Nord della Siria tentando di entrare in Turchia, a causa dei duri
scontri in corso tra ELS e ISIL nella città di Al-Bab ad Aleppo. Sarebbero già 3.500 i turkmeni in fuga, a cui Ankara ha permesso l'ingresso in Turchia attraverso il checkpoint di Elbeyli, nella provincia di Kilis.
I primi rifugiati sono stati condotti nella città di Kilis, dove si
trovano altri profughi siriani, per poi essere trasferiti in altri campi
nelle province di Gaziantep e Sanliurfa. Tra le persone accolte in Turchia ci sarebbero anche combattenti dell'Esercito Libero Siriano feriti in battaglia e ricoverati nell'ospedale statale di Kilis.
Sul fronte siriano, giunge oggi il rapporto di Human Rights Watch, secondo il quale tra il 2012 e il 2013 l'esercito di Damasco ha raso al suolo migliaia di abitazioni a Damasco e Hana.
A riprova di tale campagna di demolizione, HRW ha raccolto
testimonianze, immagini satellitari e fotografie che mostrerebbero la
distruzione con esplosivi e bulldozer di migliaia di edifici civili,
senza alcuna ragione militare, ma come forma punitiva per le comunità
siriane.
"Cancellare dalla mappa un intero quartiere non è una tattica di guerra legittima -
ha commentato Ole Solvang, ricercatore di Human Rights Watch - Queste
demolizioni illegali sono l'ultimo di una lunga serie di crimini
commessi dal governo siriano".
Fonte
Piace vedere che, a fronte di una situazione ormai al collasso, sfuggita di mano anche a quelli che tutt'ora soffiano sul fuoco della destabilizzazione, Human Rights Watch si preoccupi sempre e solo delle merdate del governo centrale.
Avanti così in attesa che, magari tra un decennio, riparta l'ennesima guerra internazionale a un terrore che stiamo costruendo, come occidente, in questi giorni.
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