Al di là di ogni possibile chiacchiera, i dati statistici offrono sempre un aggancio sicuro. Anche quando non sono precisi, persino - a volte - quando sono manipolati. E' la "durezza" delle cose che si contrappone alla flessibilità infinita della retorica e della propaganda.
L'indagine della Banca d'Italia, non sospettabile di contiguità con il socialismo rivoluzionario, fissa l'immagine del paese nel corso del 2012. Oltre un anno fa, dunque, prima che la condizione generale peggiorasse ancora e più velocemente.
In Italia metà delle famiglie vive con meno di 2.000 euro al mese. La distribuzione dei redditi resta così sempre asimmetrica; anzi, lo diventa in misura crescente. Solo la metà delle famiglie ha un reddito annuo superiore ai 24.590 euro (circa 2.000 euro al mese), mentre un 20% conta su un reddito addirittura inferiore ai 14.457 euro (1.200 euro al mese). Il 10% delle famiglie a più alto reddito, invece, percepisce più di 55.211 euro.
E' bene fare attenzione alle categorie usate: fin qui si è parlato di "reddito", ovvero di entrate di qualsiasi genere (da lavoro e non) nel corso dell'anno.
La ricchezza (che include il patrimonio, dai risparmi agli immobili, dalle partecipazioni azionarie ai depositi bancari), invece, è sempre più concentrata in un numero ristretto di "famiglie" (questa categoria non fa distinzioni tra single e non). Secondo l'indagine, il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% della ricchezza netta totale (45,7% nel 2010). La quota di famiglie con "ricchezza negativa" - leggasi: debiti non ripagabili - è invece aumentata al 4,1% dal 2,8% del 2010. La concentrazione della ricchezza è quindi pari al 64%.
Tra il 2010 e il 2012 il reddito familiare medio nominale (misurato in euro, senza aggiustamenti rispetto all'inflazione maturata) è diminuito del 7,3%, mentre la ricchezza media del 6,9%. E' salita, invece, la povertà pseudoassoluta, passando dal 14% del 2010 al 16% nel 2012. Un povero su tre è immigrato. Nell'indagine biennale sui bilanci delle famiglie, Bankitalia individua la soglia di povertà con un reddito di 7.678 euro netti l'anno (15.300 euro per una famiglia di 3 persone).
La quota di famiglie indebitate in Italia resta contenuta: è di poco superiore a un quarto e nel 2012 è lievemente diminuita. Il 26,1% delle famiglie italiane possiede almeno un debito e in calo rispetto al 2010 (27,7%). L'ammontare medio del debito è di poco superiore a 51.000 euro.
L'indebitamento, come in passato, è più diffuso tra le famiglie a reddito medio-alto, con capofamiglia di età inferiore ai 55 anni, lavoratore indipendente o con elevato titolo di studio (ovvio che si tratti in genere di un mutuo per la casa; e che i lavoratori precari, indipendentemente dall'età, non possono neppure accedere al credito, quindi "non è consentito loro neppure di indebitarsi").
Il 12,3% dei nuclei familiari ha infatti debiti per l'acquisto o la ristrutturazione dell'abitazione, per un ammontare medio di circa 75.000 euro. L'aumento nella diffusione di questo tipo di debito, spiega Bankitalia, è anche legato agli incentivi fiscali per la ristrutturazione e il miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici. La diffusione dei debiti per l'acquisto o la ristrutturazione delle case è più intensa per le famiglie più giovani e numerose, e per quelle con maggior reddito o ricchezza, che hanno più facile accesso al credito per la loro maggiore capacità di offrire garanzie.
Condizioni di "vulnerabilità finanziaria" - presenza congiunta di una rata per il rimborso dei prestiti superiore al 30% del reddito e da un reddito monetario inferiore alla media - riguardano circa il 13,2% dei nuclei indebitati e il 2,6% del totale delle famiglie. Il fenomeno appare in aumento rispetto al passato (+3,1 punti percentuali tra le famiglie indebitate, +0,4 sul totale).
Naturalmente, ma questo bisogna ricavarlo dall'insieme dei dati, il calo nei prezzi degli immobili porta con sé una svalutazione della ricchezza patrimoniale. La quale costituisce buona parte della "ricchezza nazionale".
Il rapporto completo della Banca d'Italia.
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