01/03/2014
I due “marò”: “eroi” o assassini?
La morte dei due pescatori indiani oscurata dalla propaganda sciovinista
Continua da mesi una campagna mediatica martellante nel nostro paese sul “ritorno” dei due “marò” sotto processo in India per aver fucilato due pescatori.
E’ impressionante l’uso strumentale di questa vicenda da parte dello Stato e dei vari governi italiani in carica, che hanno sfoderato una nauseabonda retorica sciovinista e razzista, degna del ventennio fascista. Strumentale perché è evidente la funzione di “arma di distrazione di massa” in un momento di crisi con milioni di disoccupati, centinaia di lavoratori licenziati e salari da fame; razzista perché l’omicidio di due indiani, poveri e dalla pelle scura, viene trattato come un fatto quasi irrilevante.
Per il quale si rivendica una sorta d’impunità per i due marò in quanto militari NATO come se questa fosse una associazione di filantropi benefattori! Impunità molto in voga anche in Italia per chi indossa una divisa…
I due “eroici” marò hanno sparato e ucciso 2 poveretti che probabilmente per guadagnare l’equivalente di una mensilità percepita dai miliari italiani in missione all’estero avrebbero dovuto lavorare almeno 10 anni in mezzo al mare con la loro bettola galleggiante…. Cosa ci sia di eroico e di “senso del dovere” qualcuno dovrebbe spiegarcelo.
Come se non bastasse, per anni governi e media ci hanno trifolato i coglioni sulla “professionalità” dei militari italiani, sull’equipaggiamento moderno (con i binocoli in dotazione sulle armi si possono contare i peli del naso di una persona a 2 km di distanza). E i nostri eroi non si sono accorti da 200 metri e dall’alto di una petroliera che queste persone erano pescatori? Se non c’è dolo, allora c’è negligenza e incapacità e portano comunque il peso morale e materiale, insieme ai loro superiori, di aver stroncato 2 vite umane!
Perché stupirsi allora dell’atteggiamento dell’India? Il Governo indiano, notoriamente amico delle multinazionali occidentali e dei loro Stati, fra cui l’Italia, usa questa vicenda allo stesso modo, ma in direzione contraria, per ottenere il consenso interno: e di consenso interno a quanto pare ne ha altrettanto bisogno quanto i governi italiani, perché è noto che i governi e il sistema giudiziario dell’India non sono mai stati particolarmente sensibili tanto della vita quanto della salute di contadini e operai che quotidianamente vengono uccisi o arrestati quando ledono, con scioperi e proteste, gli interessi degli investitori dei paesi “democratici”.
Una realtà che ovviamente non ha mai scandalizzato Napolitano, né le cancellerie occidentali, né provocato interventi”umanitari” della Nato. Anzi è sempre stata descritta come una garanzia di straordinarie opportunità per fare profitti… Da tempo ci hanno abituato al fatto che militari italiani, dietro il pretesto di missioni “umanitarie”, si rendano responsabili della morte di civili inermi. Si cominciò con la Somalia negli anni ’90, con decine di Somali ammazzati e torturati dagli eroi della Folgore; poi i bombardamenti su obiettivi civili in Yugoslavia da parte dell’aviazione italiana; poi l‘Iraq, i bombardamenti aerei sulla Libia fino ad arrivare alle missioni “anti-pirateria”, sempre a carico dei contribuenti italiani, per difendere gli interessi privati di poveri petrolieri miliardari vessati da feroci pirati.
E a proposito di pirateria nell’Oceano indiano: non sono pirati paesi come Francia, Italia, GB, Giappone, India, che hanno trasformato questo mare in una discarica di rifiuti altamente tossici e radioattivi? Non sono piratesche le loro flotte da pesca intensiva che hanno fatto scomparire i pesci rovinando la vita di milioni di pescatori artigianali che vivono in loco? E non parliamo poi delle petroliere… Ma questo è il senso della “legalità” internazionale.
Nonostante tutto non auguriamo il carcere ai due sprovveduti fucilieri marò che sicuramente non si sono mai interessati di geo-politica e quindi speravano di farla franca, non sapendo che stavano pestando i piedi a una delle maggiori potenze economiche e militari emergenti del pianeta: per loro 10 anni di lavori socialmente utili in un orfanotrofio di Calcutta sarebbero una straordinaria opportunità per capire che esiste una umanità che soffre, condannata senza appello anche da quelli che loro difendono coi loro fucili di “precisione”, e che merita molto di più che essere inquadrata dal mirino come fossero trofei di una battuta di caccia.
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