02/11/2014
Burkina Faso - Via Compaoré, festa a metà
di Rita Plantera
È finita – dopo 27 anni – l’ossidata parabola politica di Blaise Compaoré, destituito da una travolgente rivolta popolare giunta fin nei palazzi del potere. Con l’esercito che ha preso il controllo del Paese e imposto un coprifuoco dal tramonto di giovedì all’alba di ieri. Con un comunicato letto alla tv di stato, ieri il presidente del Burkina Faso ha annunciato le dimissioni e nuove elezioni: «Con l’intenzione di preservare le conquiste democratiche e la pace sociale dichiaro che il potere è vacante in modo da permettere la realizzazione di una transizione che deve sfociare in elezioni libere e trasparenti nel tempo limite di 90 giorni».
Stando a quanto riportano alcuni media locali e fonti diplomatiche, Compaoré avrebbe già lasciato la capitale scortato da un convoglio armato diretto verso la città meridionale di Po, al confine con il Ghana. A guidare la transizione sarà ora il capo di Stato Maggiore dell’esercito, il generale Honoré Nabéré Traoré. Un’assunzione di potere non proprio aderente ai dettami della Costituzione del Burkina la quale prevede, in questi casi, che sia il invece il Presidente del Parlamento a svolgere le funzioni di capo dello stato. Ma al momento non c’è un Parlamento in Burkina, essendo stato sciolto giovedì sera dallo stesso Traoré che ha agito in forza della legge marziale. E d’altronde, come riportato dal portavoce dell’esercito – il tenente colonnello Isaac Zida (il quale non è chiaro se abbia parlato a nome del generale Traoré o sia un suo antagonista) – la stessa Costituzione è al momento sospesa. Zéphirin Diabré, il leader dell’opposizione – a capo del’ Union pour le progrès et le changement (Upc) – si è detto soddisfatto. Così come l’Eliseo, che ha accolto con favore la decisione di Compaoré e ha auspicato nuove elezioni al più presto.
L’annuncio di Traoré quale leader di transizione ha raffreddato però l’entusiasmo di decine di migliaia di manifestanti riuniti a Place de la Nation a Ouagadougou, esultanti per la dipartita di Compaoré. Ma non per l’arrivo di Traoré (considerato troppo vicino al Presidente) al quale avrebbero preferito il generale in pensione Kouame Lougue, ex ministro della difesa accusato di aver tentato di rovesciare Compaoré nel 2004. Giovedì sera, dopo l’annuncio dello stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e lo scioglimento del governo, era stato lo stesso Traoré, in una conferenza stampa organizzata in tutta fretta, a dichiarare lo scioglimento dell’assemblea nazionale e la creazione di un governo di unità nazionale (senza lasciare intendere da chi sarebbe stato guidato) per una durata massima di 12 mesi. Nonostante una protesta di massa senza precedenti che lo ha delegittimato dopo tre decenni di potere e l’invito delle opposizioni a farsi da parte, Compaoré si era rifiutato ancora nella mattinata di ieri di dimettersi e si era mostrato determinato ad arrivare, a capo di una coalizione di transizione, fino al termine del suo mandato, nel novembre 2015 (benché con l’impegno di non candidarsi alle successive presidenziali). Mentre per le strade della capitale, Ouagadougou, e a Place de la Nation in migliaia continuavano a chiedere la fine del regime con cartelloni in difesa dell’articolo 37 della Costituzione (quello che Compaorè avrebbe voluto cambiare per portare da due a tre il numero massimo di mandati presidenziali) e immagini di Thomas Sankara: «Sankara, guarda i tuoi figli, stiamo combattendo la tua lotta». Ex presidente del Burkina Faso, soprannominato il Che Guevara africano, Sankara fu ucciso nel 1987 nel colpo di stato che portò al potere Compaoré.
Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri dell’Africa occidentale e uno dei meno sviluppati al mondo, sebbene sia il quarto più grande produttore di oro del continente e sede di numerose compagnie minerarie internazionali, tra cui TrueGold, Iamgold e Randgold Resources. La sua stabilità è di importanza strategica sia come mediatore nelle crisi regionali sia come alleato chiave dell’Occidente contro i gruppi al-qaedisti dell’Africa occidentale.
Un bilancio non ufficiale delle violenze esplose nei giorni scorsi (scontri e saccheggi sono segnalati anche a Bobo Djoulasso, seconda città del paese) parla di una trentina di manifestanti uccisi.
Fonte
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