Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

02/11/2014

I concetti della Leopolda

E’ il caso, considerato il gigantesco livello di mistificazione che pervade la comunicazione di massa al riguardo delle vicende politiche in Italia, di cercare d'andare a fondo circa il fenomeno più attuale: quello dell’assunzione di potere da parte di una corrente politica che fa capo al potere personale del Presidente del Consiglio e Segretario del PD Matteo Renzi.

Non si tratta di farne un “caso” personale bensì di scavare su qual è l’ideologia di fondo che ha animato il disegno della cosiddetta “rottamazione” e, di seguito, l’assunzione di un ruolo di governo da parte di un gruppo che sta costruendo una situazione del tutto inedita nel dopoguerra italiano e definibile – come c’è già capitato tante volte di scrivere – di drastica riduzione degli spazi di democrazia.

Insomma: su quali basi teoriche e rispetto a quali riferimenti storico – politici si è discusso alla Leopolda?

I personaggi politici del passato citati sono quasi sempre democristiani: nel suo discorso conclusivo lo stesso Renzi ha citato Adenauer e De Gasperi. Ma queste citazioni sembrano essere fatte più per vezzo di infiorettatura del discorso che per riferimento a uno studio effettivo dell’opera dell’uomo politico citato.

Insomma, per prima cosa si avverte molta superficialità e approssimazione.

Andando però nel merito si constata quanto segue:

1) Alla base di tutto c’è l’individualismo. L’individualismo più sfrenato, quello “competitivo” rispetto agli altri in tutti i campi e non solo in politica. Certo: in politica questo fenomeno assume dimensioni vistose, sia nell’idea della personalizzazione, sia del rapporto con l’avversario che non viene misurato per la diversità delle idee ma soltanto perché il confronto “dà fastidio” e mette dubbi, laddove dubbi sull’affermazione della propria personalità non dovrebbero essercene;

2) Sul piano dei contenuti politico – programmatici si affermano elementi contraddittori come quelli di una sorta di ritorno al nazionalismo e, insieme, all’atlantismo. Roba da anni ’50 in sostanza, anche perché il sottofondo è quello dell’iperliberismo assunto in toto (salvo le venature populistiche sull’austerità), in perfetta linea con l’idea “competitiva”. Pur citando i democristiani non risulta inoltre alcun accenno alla dottrina sociale della Chiesa;

3) L’essenza di tutta la prospettiva politica è però contenuta nell’idea del potere. Una prospettiva politica che ha finito con il far degenerare nell’ossessione del potere quel concetto di “governabilità” quale fine esaustivo dell’azione politica di cui tanto si è discusso negli anni scorsi. Tutta l’azione politica è finalizzata non tanto e non solo all’esercizio del potere ma anche alla sua continua esternazione fino a far assumere ai protagonisti atteggiamenti, già un po’ ridicoli, da vecchio “regime” nell’assunzione di simboli davvero demodè;

4) La mistificazione più colossale riguarda però l’assunzione di un criterio di stampo quasi arditesco e futurista nell’idea “giovanilista” della presa del potere (quasi come se una qualsiasi elezione primaria diventasse una sorta di “impresa fiumana”). Mistificazione perché dietro questa facciata si nasconde invece, al di là dell’età e dei precedenti, la voracità famelica di un gruppo (che via via va ingrossandosi considerato il vizio italico del salire sul carro del vincitore) di accaparratori trasformisti (si veda la nomina più recente: quella del Ministro degli Esteri).

In sostanza la faccenda si può riassumere in questo modo: politica da anni ’50 (jobs act e manganellamento degli operai esempi classici di questo tipo di politica); logica di “clan” per l’acquisizione di posizioni di privilegio; individualismo “competitivo” esercitato anche rispetto a coloro che sul piano delle idee potrebbero essere considerati vicini e invece sono valutati sempre e comunque quali ingombranti avversari; lotta per il potere quale unica prospettiva dell’azione politica; grande mistificazione anche negli stessi, pur reclamati, riferimenti generazionali; subalternità ossequiosa ai grandi poteri dell’economia e della finanza.

Insomma, un grande inganno e un grande pericolo per ciò che rimane della nostra democrazia.

A sinistra: quando arriveremo a valutare compiutamente questo drammatico stato di cose?

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento