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04/11/2014

Il solco incolmabile tra Algeria e Marocco e la questione dei confini

di Francesca La Bella

Un evento che potrebbe sembrare trascurabile, a volte, può essere la scintilla che riapre antichi dissidi. E’ questo il caso dell’incidente di frontiera avvenuto a metà ottobre sul confine tra Algeria e Marocco. Secondo fonti del governo di Rabat, due guardie di frontiera algerine avrebbero sparato contro un gruppo di civili marocchini ferendone alcuni, uno di essi in modo grave. Immediata la reazione da entrambe le parti: se il Governo marocchino ha convocato l’ambasciatore algerino per protestare vigorosamente e chiedere le scuse ufficiali del governo di Algeri, dall’altro lato del confine la smentita è stata immediata.

Per bocca del Ministro degli Esteri Ramtane Lamamra, il governo algerino ha negato ogni responsabilità, dichiarando che le guardie di frontiera si sono comportate secondo regolamento. I militari, trovatisi di fronte ad un gruppo di sospetti trafficanti, avrebbero, infatti, sparato due colpi in aria senza ferire nessuno. Lo stesso Ministro ha anche sottolineato come il fatto sarebbe stato, secondo la versione algerina, strumentalizzato per screditare Algeri ed indurre un ulteriore peggioramento dei rapporti tra i due Paesi.

L’incidente si è, dunque, andato ad innestare in un sistema di relazioni già di per sé precarie. Da circa vent’anni la frontiera tra Algeria e Marocco è foriera di dissidi tra i due Paesi. Il tutto ebbe inizio nel 1994 quando, a seguito dell’attentato all’hotel Atlas Asni di Marrakech in cui morirono due turisti spagnoli, il Marocco impose l’obbligo di Visto per i cittadini algerini che volessero entrare nel Paese ed accusò i servizi segreti algerini di aver ricoperto un ruolo significativo nell’azione. La reazione algerina fu la chiusura del confine in maniera totale e a tempo indeterminato.

Questa situazione permane ancora oggi e, per quanto i 1600 km circa di frontiera siano difficili da controllare efficacemente, diventando terreno fertile per i trafficanti di uomini e merci, la popolazione dei due Paesi non può spostarsi liberamente da una parte all’altra del confine e l’economia di entrambi i Paesi è fortemente indebolita a causa dei mancati interscambi commerciali. Una cesura netta tra i due Governi che si radica in dispute diplomatiche e territoriali di antica data. La principale questione che, ormai da molti anni, divide Algeria e Marocco è lo status del Sahara Occidentale.

Il sostegno algerino al Fronte Polisario che, dalla metà degli anni ’70, ha intrapreso una guerra contro il Governo di Rabat per ottenere l’autodeterminazione del popolo Saharawi e l’indipendenza del Sahara Occidentale, ha, infatti, minato alla base qualsiasi possibile relazione tra i due Paesi. Per quanto, sopratutto negli ultimi anni, ci siano stati dei timidi tentativi di apertura da entrambe le parti, la situazione è ancora lungi dall’essere risolta.

Le posizioni dei due Paesi sono, infatti, molto distanti. Se l’Algeria viene accusata di ingerenza nella politica interna marocchina per il sostegno al Fronte Polisario e per averlo accolto nel suo territorio come gerente del governo in esilio del Sahara Occidentale nel campo profughi di Tindouf, la posizione marocchina in merito alla questione è, da più fronti, criticata. Secondo i progetti di Rabat, al popolo Saharawi potrebbe essere riconosciuto un regime di autonomia amministrativa sotto la propria sovranità, ma questo non viene considerato sufficiente dal Fronte Polisario che sostiene che il popolo Saharawi debba avere il diritto di scelta tra indipendenza, autonomia e annessione al Marocco. Si tenga presente nel valutare il contesto che, nonostante dal 1991 esista una Missione ONU con il mandato di dirimere la questione del Sahara occidentale, non sembrano essere stati raggiunti risultati significativi.

E’, infatti, dell’aprile scorso la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che estende fino al 2015 la missione MINURSO (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara) che avrebbe dovuto, nelle intenzioni della comunità internazionale, portare all’autodeterminazione del popolo Saharawi attraverso un referendum, ma che è stata privata di efficacia per la mancanza del mandato di vigilanza sulle violazioni dei diritti umani a causa del veto francese e marocchino.

Parallelamente negli stessi giorni dell’incidente di frontiera è stata resa pubblica la relazione di Human Rights Watch sullo stato dei diritti nel campo profughi di Tindouf. Per quanto vengano evidenziate alcune violazioni del Fronte Polisario nel campo, viene anche sottolineato come queste vengano amplificate strumentalmente per denigrare in prima battuta il Fronte ed in seconda l’Algeria sua alleata.

Alla luce di questo contesto, diventano più comprensibili i toni che ha assunto la diatriba sugli spari alla frontiera. In questo senso lo scambio di accuse di questi giorni è specchio di una ben più ampia problematica diplomatica e perché sia possibile pensare alla riapertura dei confini tra i due Paesi, potrebbe essere necessario intraprendere un processo di soluzione della questione del Sahara Occidentale. Ad oggi, però, questa eventualità non sembra essere imminente.

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