di Francesca La Bella
Un evento che potrebbe sembrare trascurabile, a volte, può essere la
scintilla che riapre antichi dissidi. E’ questo il caso dell’incidente
di frontiera avvenuto a metà ottobre sul confine tra Algeria e Marocco.
Secondo fonti del governo di Rabat, due guardie di frontiera algerine
avrebbero sparato contro un gruppo di civili marocchini ferendone
alcuni, uno di essi in modo grave. Immediata la reazione da entrambe le
parti: se il Governo marocchino ha convocato l’ambasciatore algerino per
protestare vigorosamente e chiedere le scuse ufficiali del governo di
Algeri, dall’altro lato del confine la smentita è stata immediata.
Per bocca del Ministro degli Esteri
Ramtane Lamamra, il governo algerino ha negato ogni responsabilità,
dichiarando che le guardie di frontiera si sono comportate secondo
regolamento. I militari, trovatisi di fronte ad un gruppo di sospetti
trafficanti, avrebbero, infatti, sparato due colpi in aria senza ferire
nessuno. Lo stesso Ministro ha anche sottolineato come il fatto sarebbe
stato, secondo la versione algerina, strumentalizzato per screditare
Algeri ed indurre un ulteriore peggioramento dei rapporti tra i due
Paesi.
L’incidente si è, dunque, andato ad innestare in un sistema di relazioni già di per sé precarie. Da
circa vent’anni la frontiera tra Algeria e Marocco è foriera di dissidi
tra i due Paesi. Il tutto ebbe inizio nel 1994 quando, a seguito
dell’attentato all’hotel Atlas Asni di Marrakech in cui morirono due
turisti spagnoli, il Marocco impose l’obbligo di Visto per i cittadini
algerini che volessero entrare nel Paese ed accusò i servizi segreti
algerini di aver ricoperto un ruolo significativo nell’azione. La
reazione algerina fu la chiusura del confine in maniera totale e a tempo
indeterminato.
Questa situazione permane ancora oggi e,
per quanto i 1600 km circa di frontiera siano difficili da controllare
efficacemente, diventando terreno fertile per i trafficanti di uomini e
merci, la popolazione dei due Paesi non può spostarsi liberamente da una
parte all’altra del confine e l’economia di entrambi i Paesi è
fortemente indebolita a causa dei mancati interscambi commerciali. Una
cesura netta tra i due Governi che si radica in dispute diplomatiche e
territoriali di antica data. La principale questione che, ormai da molti
anni, divide Algeria e Marocco è lo status del Sahara Occidentale.
Il sostegno algerino al Fronte Polisario che,
dalla metà degli anni ’70, ha intrapreso una guerra contro il Governo
di Rabat per ottenere l’autodeterminazione del popolo Saharawi e
l’indipendenza del Sahara Occidentale, ha, infatti, minato alla base qualsiasi possibile relazione tra i due Paesi.
Per quanto, sopratutto negli ultimi anni, ci siano stati dei timidi
tentativi di apertura da entrambe le parti, la situazione è ancora lungi
dall’essere risolta.
Le posizioni dei due Paesi sono, infatti, molto distanti. Se
l’Algeria viene accusata di ingerenza nella politica interna marocchina
per il sostegno al Fronte Polisario e per averlo accolto nel suo
territorio come gerente del governo in esilio del Sahara Occidentale nel
campo profughi di Tindouf, la posizione marocchina in merito alla
questione è, da più fronti, criticata. Secondo i progetti di Rabat, al
popolo Saharawi potrebbe essere riconosciuto un regime di autonomia
amministrativa sotto la propria sovranità, ma questo non viene
considerato sufficiente dal Fronte Polisario che sostiene che il popolo
Saharawi debba avere il diritto di scelta tra indipendenza, autonomia e
annessione al Marocco. Si tenga presente nel valutare il
contesto che, nonostante dal 1991 esista una Missione ONU con il mandato
di dirimere la questione del Sahara occidentale, non sembrano essere
stati raggiunti risultati significativi.
E’, infatti, dell’aprile scorso la
Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che estende
fino al 2015 la missione MINURSO (United Nations Mission for the
Referendum in Western Sahara) che avrebbe dovuto, nelle intenzioni della
comunità internazionale, portare all’autodeterminazione del popolo
Saharawi attraverso un referendum, ma che è stata privata di efficacia
per la mancanza del mandato di vigilanza sulle violazioni dei diritti
umani a causa del veto francese e marocchino.
Parallelamente negli stessi giorni
dell’incidente di frontiera è stata resa pubblica la relazione di Human
Rights Watch sullo stato dei diritti nel campo profughi di Tindouf. Per
quanto vengano evidenziate alcune violazioni del Fronte Polisario nel
campo, viene anche sottolineato come queste vengano amplificate
strumentalmente per denigrare in prima battuta il Fronte ed in seconda
l’Algeria sua alleata.
Alla luce di questo contesto, diventano più comprensibili i toni che ha assunto la diatriba sugli spari alla frontiera. In questo senso lo scambio di accuse di questi giorni è specchio di una ben più ampia problematica diplomatica e perché sia possibile pensare alla riapertura dei confini tra i due Paesi, potrebbe essere necessario intraprendere un processo di soluzione della questione del Sahara Occidentale. Ad oggi, però, questa eventualità non sembra essere imminente.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento