A Vienna, altro vertice sul programma nucleare iraniano. L’altro dono natalizio al mondo dopo Cuba? Ma è guerra energetica tra Israele, Iran e Sauditi. Potenze dell’area alla ricerca di un nuovo equilibrio regionale e di un dominio energetico. Mentre la guerra, quella vera, continua a infuriare.
Da ieri a Vienna, Cina, Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania (Consiglio di sicurezza Onu più la Germania) discutono sul programma nucleare iraniano. Potrebbe essere l’altro dono natalizio al mondo dopo Cuba. Ma alle spalle tanti fallimenti sempre molto ben organizzati! Due settimane prima del 24 novembre, la data allora prevista per la sigla dell’accordo sul nucleare, sui siti web vicini alle Guardie Rivoluzionarie islamiche dell’Iran hanno iniziato a comparire dati e commenti sulla efficienza dell’unità missilistica iraniana e sulla sulla capacità di distruggere Israele.
Come dire agli Stati Uniti tramite Tel Aviv, che quell’accordo sul nucleare iraniano ‘non s’ha da fare’: scomodo innanzitutto a Theran. I toni delle ‘Guardie Rivoluzionarie’ comunque al guinzaglio del governo sono oggettivamente intimidatorie. ‘Abbiamo sviluppato missili con capacità balistica di 2.000 km e abbiamo dotato Hezbollah con missili della capacità di 300 km che possono arrivare fino a Dimona. Le illusioni di Israele di sviluppare i giacimenti di gas naturale nel Mediterraneo saranno sepolte in mare insieme con il regime sionista’. Decisamente spacconi ed esagerati. Perché?
Il riferimento è ai bacini offshore del Mar Mediterraneo Orientale, quelli presenti nel tratto di mare compreso tra la costa orientale di Cipro e quella occidentale di Israele, che in parte intercetta anche le coste di fronte alla Striscia di Gaza. Il cosiddetto Bacino di Levante, secondo Energy Information Administration statunitense, racchiuderebbe riserve di gas stimate in oltre mille miliardi di metri cubi, capaci dunque di ‘alterare significativamente le dinamiche della fornitura di energia nella regione’ in favore di Israele. Si sono scatenate guerre apocalittiche per molto meno. Da avere paura.
L’Iran con il volto buono della presidenza Rouhani, questa volta minaccia Israele non per fede ma per possesso. Non per la terra da restituire ai palestinesi, ma per il nuovo petrolio che farebbe loro scomoda concorrenza non solo commerciale ma anche sul piano dell’influenza politica. Paesi come Siria, Libano e la stessa Striscia di Gaza. Al contrario, Israele ritiene che il Bacino del Levante potrà consentirgli una forza negoziale nell’intera area Mediorientale e non soltanto, inattesa e inedita fino a pochi anni fa. E pace o guerra, tutto torna a ruotare intorno all’energia e al potere che ne deriva.
Il prezzo del petrolio che precipita. Conseguenza del mercato in recessione? Come i doni di Babbo Natale. La scelta dell’Arabia Saudita e ‘amici’ statunitensi di non agire sul prezzo del greggio crea guai a numerose economie, prime fra tutte, quella russa e quella iraniana. Un caso? Altra faccia della medaglia, il prezzo di produzione del petrolio serve a mettere fuori mercato anche la nuova concorrenza occidentale dello ‘Shale Oil’, petrolio di scisto, che già oggi consente agli Stati Uniti la quasi totale autosufficienza energetica e che Israele vorrebbe utilizzare nel Bacino del Levante.
Le forze in campo. L’Iran ha dalla sua Mosca, la porzione di Siria dove comanda Assad e i libanesi di Hezbollah. Ma Teheran vuole ora convincere gli Stati Uniti delle sue buone intenzioni per isolare Israele. Ecco l’attivismo contro Isis a fianco della coalizione Usa. L’Arabia Saudita, tutta petrolio e fede sunnita, al contrario su quei miliziani aveva ‘investito’ risorse. E l’IS ora controlla parte del petrolio iracheno e siriano e non litiga con Israele. Tel Aviv non si fida di Teheran e neppure più di Washington. Tensioni meno planetarie e più regionali. Che non producono guerre più piccole.
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