Sul concetto di guerra finanziaria si potrebbero dire molte cose. Per non farla lunga ci limitiamo a parlare di chi non lo apprezza. Prima di tutto quelli per cui la vera crisi è sempre altrove. Ok, starà pure nel giorno stesso in cui hanno inventato il primo telaio a Manchester però avviene oggi nelle reti tecnologiche delle borse. E fa effetti oggi. E se non li capisci politicamente non ci sei. Poi ci sono gli analisti di borsa, quelli cauti sulle ipotesi di guerra finanziaria. Li comprendiamo: dover consigliare ai propri clienti il comportamento durante una guerra finanziaria è uno stress da guerra vera e non garantisce risultati. Ma come ha detto un analista mainstream ma furbo “mi preoccupa più un rimbalzo in positivo così forte il giorno dopo di un indice in rosso così marcato il giorno precedente”. Segno che la guerra finanziaria c’è e che le logiche prevalenti non sono quelle del commercio ma del conflitto.
Ma dove si combatte? Entro quella che viene chiamata, in gergo, volatilità dei mercati. Funziona, a sommi capi, in questo modo: entro uno scenario di crisi, sempre propedeutica ad una guerra, un giorno le borse scendono, un altro risalgono. Quando fai i conti delle due giornate vedi che qualcuno avrà perso di brutto mentre c’è chi avrà guadagnato sul serio. Mentre i tg hanno detto che “la borsa recupera”, c’è stato uno scontro finanziario con morti e feriti. Uno scontro a somma zero, se non negativa. Il capitale è rimasto più o meno lo stesso. Comunque, nel complesso di rialzi e ribassi, l’allocazione delle risorse finanziarie segue la logica della guerra non quella del finanziamento efficiente alle risorse produttive. Il passaggio da competizione a guerra finanziaria è semplice: nella guerra qualcuno ci lascia la pelle. Come per Lehman nel 2008. Ma gli unici a credere che il mercato finanziario serva per allocare risorse per l’economia produttiva, una volta istituita qualche regola efficace, sono quelli di sinistra: sia in periodi di rialzo che di ribasso lo scontro tra soggetti finanziari è all'accaparramento di quante più risorse di qualità possibili rispetto ad un concorrente che può diventare rapidamente nemico.
Basta vedere il susseguirsi delle crisi di borsa dagli anni ’70 dell’800 ad oggi per capire che l’allocazione di risorse per l’economia c’entra poco con la finanza. O molto meno di quanto certe categorie teoriche vogliano ammettere. E la logica di guerra che prende piede è autoreferenziale: dopo un po' la guerra finanziaria non riconosce che sé stessa. La prova? Gli indici di borsa da tempo sono in autonomia rispetto all’economia cosiddetta reale. Crescono soprattutto con la guerra dei soldi che si fanno scontrandosi con altri soldi. Vediamo qualche esempio tratto dal conflitto finanziario cinese. Conflitto, il cui esito e durata sono tutti da definire, in questo caso valutario. Dove la posta in gioco sono i mercati da conquistare con mosse, tattiche o disperate, di svalutazione. Conflitto che tocca un forte sgonfiamento della bolla finanziaria cinese. E quando i valori precipitano la guerra finanziaria si fa dura. Bisogna capire cosa accade, sconfiggere il nemico che vuole appropriarsi dei beni residui rimasti (o di quelli utili per il futuro), per guadagnare. Già perchè, a maggior ragione, la guerra finanziaria è come la guerra sul campo: serve per guadagnare. Vediamo qualche esempio. Naturalmente ci vogliono le lenti giuste.
Presentiamo l’andamento intraday del Dow Future subito dopo il botto cinese. In poche parole: l’intraday è un indicatore del rapporto tra movimenti di prezzo e volumi scambiati di un titolo. In questo caso i titoli sono i famigerati future. Ovvero dei contratti che impegnano ad acquistare ad un prezzo concordato, ad una data precisa, dei beni (siano essi materiali, monetari o finanziari). Insomma, vere e proprie ricevute di scommesse. C’è chi, come qualcuno amico di questo governo, scommettendo sull’acquisto di azioni del Monte dei Paschi ha fatto banco regio. Perché aveva scommesso di venderle ad un certo prezzo quando sono crollate. Guadagno netto visto che l’altro contraente scommessa, quello che ha perso il duello, ha dovuto pagargliele a prezzo più alto. Mentre lui, un istante prima, le ha acquistate a prezzo molto basso causa crisi. Sono guadagni che capitano durante le crisi, specie se si ha un governo che ti appoggia in materia di informazioni e se, come al solito, alla fine paga sempre la gente. Come si vede la guerra finanziaria, tra soggetti e tra gruppi serve per guadagnare. La crisi paga, come sanno i signori della guerra finanziaria. Ma ecco la nostra schermata. Riguarda il dopo botto cinese del Dow Future ovvero dell’indicatore di rapporto tra movimenti di prezzo e volumi dei migliori 30 contratti future del Dow Jones di New York.
Siccome, come nel film di Oliver Stone, il denaro non dorme mai, il nostro intraday si da sulle 24 ore. Guardate cosa accade dalle 13,00 del giorno a ridosso del botto alle 13 e 30 successive. Nel complesso c’è una perdita generale del Dow Future. Ma vi è un forte e veloce rimbalzo del valore complessivo dei future tra le 6 e mezzo del mattino e le 8 del giorno successivo al botto. Chi l’ha postato ha definito il grafico “insano”. Non perchè sia falso ma per velocità del sali e scendi dell’indice. Eppure è proprio in quell’ora e mezzo che, in un trend di ribasso e di crisi, qualcuno ha veramente guadagnato, come l’amico del governo Renzi sul Monte dei Paschi, e qualcuno ha veramente perso. Vergogna agli sconfitti e risorse ai vincitori, la guerra finanziaria è questo.
Andiamo quindi alle borse del continente colmo di tutte le virtù: l’Europa. Continente nel quale le sinistre responsabili invocano spesso l’intervento di Mario Draghi. Ovvero colui che ha attuato un programma di Asset-Backed-Security (acquisto di crediti in sofferenza presso le banche) che, nel suo complesso, è ritenuto una delle cause del botto Lehman Brothers. Già perchè i titoli Abs vengono girati sul mercato e se le banche che li hanno originati tremano, trema anche tutta la filiera di coloro che hanno acquistato il titolo. A qualcuno, nei giorni in cui la Cina fa il botto, saranno i venuti i sudori freddi. Perché l’indice di borsa tedesco, in un giorno, ha perso come non mai. E la Germania detiene la banca europea più tossica, Deutsche Bank. Mentre, nei mesi scorsi, giusto per dare una mano alle guerre finanziarie, Deutsche Bank è stata scelta per “aiutare”, come da notizia Reuters, la BCE a far partire il programma di creazione di titoli Abs.
Vengono a mente quei poveretti che si autoproclamano esponenti di sinistra e fantasticano di interventi della Bce per “riequilibrare il mercato”. Operazioni come Abs creano liquidità per nuove guerre finanziarie, non toccano l’economia. Il capitalismo è questo. La Bce è un attore della guerra finanziaria non l’arbitro della pace. Ma veniamo ai guadagni fatti sulla crisi cinese. Un esempio. Un'immagine.
Siamo nella mattinata successiva al botto forte cinese. Guardate gli indici delle principali borse europee, sono tutti in verde. Pare una prateria. Meglio di tutti l'indice Mibtel, ora. Cosa è accaduto? Per spiegare il trend due esempi tra i tanti possibili:
1) gli asiatici, a parte Shangai rosso fisso, sono andati meno peggio, il che ha aiutato i dubbiosi a comprare. Anche se Tokyo ha fatto meno 4 ma è nei problemi da sempre e SOPRATTUTTO si sa che quando è in crisi il Giappone immette denaro nel sistema. E i giapponesi in Europa investono.
2) esce l'indice della fiducia degli investitori tedeschi di IFO. Meglio delle aspettative, ci fermiamo al comunicato ufficiale. Insomma i tedeschi che contano (imprenditori, manager, banchieri) sono ottimisti, vedi te l'umore che viene prezzato in borsa, e allora fai 1 più 1 e arriva il rialzo. Anche perchè la Germania è costretta a investire comunque dopo il botto del giorno prima. Insomma immissione di denaro in borsa e fiducia, come si vede l’economia reale non c’entra nulla, e si fanno i soldi.
Come si sono fatti i soldi nella tornata finanziaria di quel tipo? Semplice, due esempi:
1) i software che avevano in pancia magari titoli BMW che erano stati caricati ad algoritmi buoni (quelli che valutano la volatilità giusta al momento giusto) hanno fatto bingo.
2) gli umani che hanno preso decisioni sulla base di IFO hanno vinto, magari grazie alla scommessa giusta nel momento giusto contro l’avversario adatto.
Potremo chiamare la cosa "come fare i soldi durante la guerra finanziaria". Qualcuno ha perso, qualcuno ha vinto, so ist das Leben direbbero i tedeschi. Diverso per gli italiani di quasi ogni tendenza politica che invocano, credendo alla propaganda degli altri, autorità di controllo a questi fenomeni che non esistono. Infatti, ultimo ma importante elemento. La guerra finanziaria oggi non si fa come negli anni ’20. Con trader che urlano nei recinti di borsa. E’ altamente tecnologica. Si fa con l’HFT, high finance trading, con programmi che riescono a terminare le pretese dell’avversario confidando con pochissimi decimi di secondo di vantaggio nell’elaborazione delle notizie. Non a caso sono uscite analisi che dimostrano che il volume delle transazioni di borsa in questi giorni è simile a quello dei giorni del flash crash del maggio 2010. Ovvero quando l’uso di questi programmi permise una poderosa volatilità speculativa, nella borsa di New York, durata poco tempo ma sufficiente per predare risorse considerevoli. L’evoluzione di questi programmi, in cinque anni, è stata naturalmente rimarchevole. E mentre la guerra finanziaria si fa guerra istantanea, nello spazio digitale delle borse (i recinti sono stati aboliti, la borsa è un totem per le tv che potrebbe essere benissimo chiuso), la società viaggia su uno spazio percettivo enormemente più lento.
Infine, quanto margine c’è per la guerra finanziaria? Lasciamo da parte la Cina e guardiamo gli Usa. Ultimo grafico. Lo scarto tra il valore complessivo della borsa di New York e i titoli di maggiore qualità della stessa borsa.
Come si vede l’indice dei titoli di qualità è in ribasso e prendono quota quelli di minore qualità. Segno che i titoli di minore qualità sono tanti e che possono subire una scremata in futuro. Quando prevarranno dinamiche di crisi la volatilità prenderà piede e lì dentro si anniderà la guerra finanziaria. Mentre le voci interessate, da destra, di austerità e taglio delle tasse cercheranno di immettere nuova linfa in questa guerra. Mentre le voci coglionesche, da sinistra, invocheranno interventi angelici di autorità sovraplanetarie che non esistono. E chi si dice nè di destra nè di sinistra? Beh di solito esprime bel cocktail di confusione tra le due posizioni, giusto per non rimanere indietro a nessuno. La verità è che il Leviatano finanziario, tanto artificiale da essere costituito di sole innovazioni tecnologiche, contiene una dimensione di guerra finora poco visibile alle culture politiche esistenti. Finora. Poi, a volte, gli umani sanno stupire.
Redazione, 26 agosto 2015
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